Il ritorno di don Camillo: differenze tra le versioni

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|durata = 110 min
|tipocolore = B/N
|tipoaudio = sonoro
|genere = Commedia
|regista = [[Julien Duvivier]]
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==Trama==
La storia continua con le avventure di [[don Camillo]], sollevato dall'incarico di parroco del suo paesino per punizione, cui si aggiunge il viaggio forzato nella remota parrocchia di [[Montenara]], sperduta tra i monti. Qui, in un ambiente freddo, svolge il suo ministero presso la chiesa frequentata dalla sola perpetua. Nel frattempo, nel paese di don Camillo, [[Peppone]] si ritrova ad affrontare molti problemi e non ha neanche l'aiuto del nuovo parroco. Solo il ritorno di don Camillo porrà fine alle dispute che coinvolgono anche un proprietario terriero (Cagnola), che non vuole cedere una parte delle sue terre per costruire lungo il Po un argine, che dovrebbe prevenire le alluvioni, e che, in un alterco, ferisce il compagno detto "il Nero", credendo di averlo addirittura ucciso, e viene ferito a sua volta da Peppone, anch'egli convinto di averlo ammazzato. Entrambi per avere un alibi si rivolgono a Don Camillo nel suo esilio a Montenara.
 
Don Camillo riesce a calmare la situazione, strappando la promessa a Cagnola che egli avrebbe ceduto le terre necessarie per costruire l'argine. Per questo fatto, Peppone si rivolge al vescovo per far tornare Don Camillo al suo paesino, e viene accontentato, con l'ammonimento da parte del prelato che poi non venga più a lamentarsi se riceverà ancora tavolate in testa. Al ritorno al paese Don Camillo dovrà porre fine ad una rissa alla casa del popolo scoppiata al termine di un incontro di boxe, organizzato appositamente in contemporanea con l'arrivo del parroco alla stazione per evitare ad esso un bagno di folla che sarebbe stato "il trionfo della reazione". Poi accade che Cagnola si rimangia la promessa delle terre, ritenendo l'argine inutile per prevenire alluvioni, che puntualmente si verificheranno subito, e in modo tale che anche l'argine eventualmente costruito non sarebbe servito a niente.
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Anche il "Nero" se la cava, ma il vecchio medico del paese, il dottor Spiletti, conservatore ma amato dal popolo per la sua professionalità sempre dimostrata verso tutti e senza distinzione politica, dato per morente varie volte, ma sempre "resuscitato" puntualmente, propone a questi di vendergli l'anima ''("Se non credi all'anima vendimela. Se non ce l'hai davvero, vorrà dire che ci ho rimesso i soldi, ma se ce l'hai diventa mia")''. Il Nero, pur pensando che non sia giusto vendere qualcosa che non ha, si lascia convincere. Ciò gli procurerà un serio problema psicologico che lo turberà per parecchio tempo, finché non interverrà Don Camillo stracciando il contratto regolarmente stipulato per la vendita dell'anima e bruciando le banconote ricevute dal Nero (che voleva restituirle al dottore) come sacrileghe.
 
Don Camillo ha poi a che fare con Marchetti, un ex gerarca fascista del posto, tornato al paese a Carnevale travestito da indiano. Marchetti viene riconosciuto da Peppone che ben ricorda l'olio di ricino fattogli bere durante il ventennio. L'ex gerarca si rifugia in canonica, ma anche Don Camillo aveva lo stesso tipo di conto in sospeso. Peppone viene infine costretto a bere l'olio di ricino che lui stesso ha comprato per vendicarsi dell'ex camicia nera, sotto la minaccia di un fucile che l'ex fascista ha strappato a Don Camillo. Liberato Peppone, don Camillo rivela che il fucile era scarico, ha la meglio su Marchetti e lo costringe a bere a sua volta. Dopo che anche Marchetti se ne è andato, il Cristo impone a Don Camillo di bere anche lui l'olio di ricino, come penitenza per la violenza usata.
 
Negli stessi giorni, Don Camillo, incontra il figlio di Peppone, svogliato a scuola e per questo messo in un collegio dal quale scappa sovente. Il parroco, su invito dello stesso Peppone, riesce a parlargli, e alla fine convince il padre a riportarlo a scuola al paese, vista la sua scarsa attitudine allo studio. Proprio a scuola, in una lite col figlio di Cagnola, il ragazzo viene ferito gravemente, ma riesce a guarire anche grazie alle preghiere del parroco. Il parroco e il sindaco nel frattempo sono impegnati in una "sfida" tra gli orologi del campanile e della casa del popolo: per evitare che uno dei due sia in ritardo rispetto all'altro, i due spostano continuamente in avanti le lancette dei rispettivi orologi, col risultato che non si sa più che ora sia in paese.
 
A causa delle forti e prolungate piogge, la tanto attesa alluvione arriva, ed è tremenda. Don Camillo resta sulla torre campanaria, che svetta sul paese completamente allagato, e da là manda un messaggio di conforto e di speranza alla popolazione sfollata.
 
==Produzione==
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=== Fonti storiche ===
Nel film viene citata (e usata come uno dei principali strumenti narrativi) l'[[Alluvione del Polesine del novembre 1951|alluvione del Polesine]] del novembre [[1951]], che colpì non solo il [[Polesine]], ma anche la [[Bassa reggiana]] (compreso [[Brescello]]). Le immagini che si vedono nel film sono reali riprese dell'evento.
 
===Esterne===
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== Curiosità ==
 
Nella scena durante il martedì grasso in paese, Peppone incrocia Marchetti (Interpretato da Paolo Stoppa), il fascista che anni prima aveva fatto bere dell'olio di ricino a lui e a Don Camillo. Quando Marchetti si accorge di essere stato riconosciuto scappa a piedi. Sullo sfondo dell'inquadratura si può notare il manifesto del film del 1952 "[[La regina di Saba]]", interpretato tra gli altri da Gino Cervi.
 
== Seguiti ==