Clemente Alessandrino: differenze tra le versioni

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== La dottrina ==
Per gli studiosi non è stato facile riassumere i punti principali degli insegnamenti di Clemente, infatti, mancava di precisione tecnica e non ricercò mai un'esposizione ordinata. È facile, perciò, mal giudicarlo. Attualmente, viene accettato il giudizio di Joseph Tixeront:<ref>''Histoire des dogmes dans l'antiquité chrétienne'', Parigi, Lecoffre-Gabalda, 1905, vol. I.</ref> le regole della fede di Clemente erano ortodosse; accettava l'autorità delle tradizioni della Chiesa, inoltre, prima di tutto, era un cristiano che accettava "la legge ecclesiastica", tuttavia, si sforzava anche di rimanere filosofo, e portava la speculazione sul perché della vita nelle materie religiose. "Sono pochi", affermava "coloro i quali avendo fatto bottino dei tesori degli egiziani, ne fanno arredi per il Tabernacolo." Egli si predispose, perciò, ad usare la filosofia come strumento per trasformare la fede in scienza, e la rivelazione in teologia. Clemente non aveva nulla, se non la fede come base per le sue speculazioni. Per questo motivo non può essere accusato di aver volontariamente sviluppato posizioni non ortodosse. Ma Clemente era un pioniere in un'impresa difficile e si deve ammettere che fallì nel suo alto intendimento. Era cauto nell'accostarsi alle Sacre Scritture per sviluppare la sua dottrina, tuttavia adoperò male il testo e ne uscì una [[esegesi]] difettosa. Aveva letto tutti i libri del [[Nuovo Testamento]] ad eccezione della [[Seconda lettera di Pietro]] e della [[Terza lettera di Giovanni]]. "Infatti", dice Tixeront, i "suoi studi sulla forma primitiva delle scritture Apostoliche sono del valore più alto." Sfortunatamente, interpretò le Sacre Scritture secondo lo stile di [[Filone di Alessandria]], pronto a trovare [[allegoria|allegorie]] dappertutto. I fatti narrati nell'[[Antico Testamento]] divennero, così, puramente simbolici. Tuttavia, non si permise tale ampia libertà col Nuovo Testamento.
 
Lo speciale interesse che Clemente coltivava lo condusse ad insistere sulla differenza tra la fede del cristiano ordinario e la scienza del perfetto, tanto che i suoi insegnamenti su questo punto sono proprio la sua caratteristica principale. Il cristiano perfetto ha una comprensione particolare dei "grandi misteri" dell'uomo, della natura, della virtù, che il cristiano ordinario accetta senza comprendere. Ad alcuni è sembrato che Clemente esagerasse il valore morale della conoscenza religiosa; si deve tuttavia ricordare che non lodava la mera conoscenza fine a sé stessa, ma la conoscenza che si trasformava in amore. È la perfezione cristiana che egli celebrava. Il cristiano perfetto, il vero gnostico, che Clemente amava descrivere, deve condurre una vita di calma inalterabile. E qui il pensiero clementino è indubbiamente intriso di [[Stoicismo]]. In questo caso, infatti, non stava realmente descrivendo il cristiano, con i suoi sentimenti e i suoi desideri sotto il dovuto controllo, ma l'ideale Stoico che ha sopito i suoi sentimenti. Il perfetto cristiano, quindi, doveva condurre una vita di devozione assoluta; l'amore nel suo cuore lo avrebbe dovuto incitare a vivere in una unione sempre più stretta con Dio attraverso la preghiera, a lavorare per la conversione delle anime, ad amare i suoi nemici e, persino, a sopportare il [[Martirio (religione)|martirio]] stesso.