Proprietà collettiva: differenze tra le versioni
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Per '''proprietà collettiva''' delle terre si intendono tutte le forme alternative alla ''piena'' [[proprietà (diritto)|proprietà]] privata di esse, ascrivibili a numerose persone (spesso indefinite nel numero) ma non riconducibili alla proprietà pubblica vera e propria. Nell'ordinamento moderno occidentale la proprietà collettiva non è prevista esplicitamente, ma la fattispecie comunque di fatto sopravvive sotto forma sia di alcuni beni demaniali dello stato e degli altri enti pubblici soggetti a particolari diritti e forme d'uso, sia di beni considerati privati che sono rimasti in qualche formula di gestione tradizionale collettiva, che deriva da tipologie di diritto fondiario preesistenti alla grande fase di privatizzazione che ha interessato l'Europa tra la fine del [[XVIII secolo|Settecento]] e il [[XX secolo|Novecento]].
Notava il Cattaneo (C. Cattaneo, Su la bonificazione del Piano di Magadino, in Scritti economici a cura di A. Bertolino, Firenze 1956, vol. III, pag. 187 s.), che “questi non sono abusi, non sono privilegi, non sono usurpazioni: è un altro modo di possedere, un'altra legislazione, un altro ordine sociale, che, inosservato, discese da remotissimi secoli sino a noi” (sull'argomento,
La proprietà collettiva viene quindi ricondotta, in senso moderno, ad una proprietà privata o pubblica sulla quale sussistono diritti d'[[uso civico]] e particolari forme di gestione organizzata e collettiva, e che viene tramandata in forza di particolari leggi, regolamenti o atti specifici.
Dal punto di vista normativo, pertanto, ricade nella fattispecie dei diritti d'[[uso civico]], sebbene non tutti gli usi civici necessariamente derivino da un'antica condizione di proprietà collettiva.
==In Italia==
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