Arbegnuoc: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ortografia
Riga 52:
[[File:Belay Zeleke ethiopian Arbenuoch resistance heros.jpg|left|thumb|[[Belai Zellechè]] è stato uno dei principali capi della resistenza nel Goggiam.]]
 
I combattimenti ad Addis Abeba continuarono fino al 30 luglio 1936; gli ''arbegnuoc'' dei fratelli Aberra e Asfauossen Cassa mantennero coraggiosamente le loro posizioni nonostante i contrattacchi delle forze italo-eritree dei generali [[Italo Gariboldi]], [[Sebastiano Gallina]] e [[Vincenzo Tessitore]]; infine i guerriglieri, colpiti anche dall'aviazione, dovettero cedere; Ficrè Mariam fu l'ultimo a ripiegare con i suoi uomini e con un gruppo di cadetti di Oletta<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 22}}</ref>. L'assalto era fallito per le difficoltà tattiche, l'indisciplina degli etiopici e soprattutto per lo scarso supporto della popolazione che rimase in maggioranza indifferente; l'influente ras [[Hailu Tekle Haymanot]] rifutòrifiutò di aiutare gli ''arbegnuoc'' e invece collaborò con gli italiani e consegnò l'abuna Petros al maresciallo Graziani che effettuò una brutale repressione; il vescovo di Dessiè venne immediatamente fucilato già il 30 luglio e nei giorni seguenti le truppe italiane "passarono per le armi tutti i prigionieri" ed effettuarono "repressioni inesorabili"<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 23-25}}</ref>.
 
Il fallimento dell'attacco ad Addis Abeba scosse il morale di Aberra Cassa che a partire dal mese di agosto assunse un atteggiamento equivoco ed entrò in contatto con il maresciallo Graziani e con i ras collaborazionisti Hailu Tekle e [[Sejum Mangascià]], ma gli altri capi della resistenza scioana non desistettero e, nonostante la repressione, continuarono ad attaccare le linee di comunicazione intorno alla capitale; il 26-27 agosto gli ''arbegnuoc'' sferrarono un nuovo attacco alla città che venne respinto ma la situazione degli occupanti, circondati da circa 20.000 ribelli, rimase difficile<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 24-25}}</ref>. Mentre nello Scioa dominavano le bande guerrigliere, a [[Gore (Etiopia)|Gore]] nell'Ilubabor era attivo un secondo centro di resistenza all'occupazione italiana; in questa città fin dall'8 maggio 1936 si era insediato un governo provvisorio in contatto con il Negus che era guidato da [[Uolde Tzadek]] e sostenuto da alcuni esponenti del movimento dei "Giovani etiopici", da una parte dei cadetti di Oletta e da un migliaio di guerrieri di ras Immirù<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 26-27}}</ref>. Il tentativo di organizzare una struttura di potere solida nell'ovest del territorio abissino tuttavia non ebbe successo a causa dei contrasti tra i dirigenti etiopici, dell'ambiguo comportamento dei rappresentanti sul posto del governo britannico, dell'opposizione dei capi della [[Oromo|popolazione galla]], tradizionalmente ostile agli [[Amhara (popolo)|amhara]]. Il maresciallo Graziani, sollecitato da Mussolini, decise di intervenire subito nell'ovest etiopico inviando a [[Nekemte|Lechemti]] una piccola spedizione aerea che tuttavia venne attaccata e distrutta il 26-27 giugno 1936 dai cadetti etiopici guidati da [[Keflè Nasibù]] e [[Belai Haileab]]<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 27-32}}; tra i caduti la medaglia d'oro [[Antonio Locatelli]] e il generale dell'aeronautica [[Vincenzo Magliocco]].</ref>.