Assedio di Roma (546): differenze tra le versioni

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Il giorno successivo Totila, radunate le sue truppe, rivolse loro un discorso, riportato in dettaglio da Procopio, sostenendo che gli Ostrogoti avevano avuto inizialmente la peggio nella guerra, non perché militarmente inferiori, bensì perché avversati dal Nume, il quale, per punire i barbari per i mali commessi ai danni dei loro sudditi romanici, fece prevalere i "Greci", malgrado fossero in inferiorità numerica; raccomandò dunque i suoi soldati di non commettere atti iniqui in modo da non perdere di nuovo il favore del Nume, e dunque rischiare di perdere di nuovo la guerra.<ref name=ProcIII21>Procopio, ''La guerra gotica'', [[s:La Guerra Gotica/III/21|III,21]].</ref>
 
Totila rimproverò poi il [[senato romano]] rimproverandolo per il fatto che, nonostante avesse ricevuto grandissimi benefici dai re ostrogoti, li aveva traditi, aprendo le porte ai "Greci", divenendo così traditore di sé stesso: chiese poi quali vantaggi e benefici avessero ricevuto dall'Imperatore Giustiniano, rammentando che i senatori furono privati di quasi tutte le onoranze dai cosiddetti logoteti (esattori delle tasse bizantini), costretti a colpi di bastone al rendimento dei conti delle cariche sostenute durante la loro dominazione, e a pagare tasse esosissime.<ref name=ProcIII21/> Si rivolse poi ad Erodiano e agli Isauri, grazie al cui tradimento si era impossessato della città : « Voi, in fé di Dio, aggiunse, cresciuti coi Gotti non ci voleste accordare sino a questo giorno neppure un luogo deserto, e la costoro merce signoreggiamo Roma e Spoleto; siate dunque voi servi, ed eglino, stretti di amicizia e di benevolenza con noi, suppliranno di pieno diritto le vostre magistrature».<ref name=ProcIII21/> Mentre i patrizi udivano silenziosi tali invettive, Pelagio continuò ad implorare al re perdono, e Totila rispose accomiatandoli con la confortante promessa che sarebbe stato clemente con loro.<ref name=ProcIII21/>
 
Totila decise quindi di inviare Pelagio ed il senatore romano Teodoro come ambasciatori all'Imperatore Giustiniano, incaricando loro di comunicare all'Imperatore che, se non avesse accettato la pace, Totila avrebbe raso al suolo Roma e, annientato il senato, avrebbe devastato l'Illiria, minacciando apertamente la stessa Costantinopoli.<ref name=ProcIII21/> La lettera di Totila che gli ambasciatori consegnarono a Giustiniano, secondo Procopio, era la seguente:<ref name=ProcIII21/>