Antonino Faà di Bruno (attore): differenze tra le versioni

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Intrapresa la carriera militare, fu membro dell'esercito, tenente dei [[granatiere|granatieri]] in Africa Orientale Italiana dove, ad [[Asmara]] nel 1941, guadagnò una decorazione. Terminata la guerra, nel 1947, prese in moglie la vedova di suo cugino Emilio (deceduto nel 1943) dalla quale quest'ultimo aveva avuto due figlie.
 
Quando andò in pensione, congedato col rango di [[generale di brigata]] dei [[granatiere|granatieri]], nel [[1964]], cominciò una fortunata carriera da [[attore]] [[cinema]]tografico, che intraprese per puro diletto: [[Carlo Lizzani]] lo chiamò per interpretare una piccola parte nel [[film]] ''[[La vita agra (film)|La vita agra]]'', a cui seguono ''[[Porcile (film)|Porcile]]'' ([[1969]]) di [[Pier Paolo Pasolini]], ''[[Amarcord]]'' ([[1973]]) di [[Federico Fellini]] e ''[[Come una rosa al naso]]'' ([[1976]]) di [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]]. Tuttavia, i ruoli che lo fecero assurgere a mito della [[commedia all'italiana]] furono quello del [[Duca Conte Piercarlo Ing. Semenzara]], personaggio presente ne ''[[Il secondo tragico Fantozzi]]'' ([[1976]]) di [[Luciano Salce]], e quello del militare in pensione e golpista Ribaud in ''[[Vogliamo i colonnelli]]'' del 1973 di [[Mario Monicelli]].
 
Uomo di notevole statura, era alto 1,96, dalla [[voce]] [[baritono|baritonale]] e ben impostata, dai lineamenti marcati e particolarmente aristocratici, Faà di Bruno fu un [[Attore caratterista|caratterista]] perfetto per ruoli di personaggi dell'alta [[nobiltà]], cui aderì con innegabile abilità e mestiere. Accanto alle numerose partecipazioni [[cinema]]tografiche, che fece sino alla fine dei suoi giorni, Antonino Faà di Bruno amava trascorrere la maggior parte del suo tempo nella dimora di campagna di famiglia, ad [[Istia d'Ombrone]], [[Grosseto]], fuori dai clamori e dalla vita pubblica.
Uomo di notevole statura, era alto 1,96,
dalla [[voce]] [[baritono|baritonale]] e ben impostata, dai lineamenti marcati e particolarmente aristocratici, Faà di Bruno fu un [[caratterista]] perfetto per ruoli di personaggi dell'alta [[nobiltà]], cui aderì con innegabile abilità e mestiere. Accanto alle numerose partecipazioni [[cinema]]tografiche, che fece sino alla fine dei suoi giorni, Antonino Faà di Bruno amava trascorrere la maggior parte del suo tempo nella dimora di campagna di famiglia, ad [[Istia d'Ombrone]], [[Grosseto]], fuori dai clamori e dalla vita pubblica.
 
Morì il 3 maggio 1981 all'età di 70 anni per complicazioni dovute a un [[trauma cranico]], che si era procurato venendo urtato da un [[autobus]]<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1050_01_1981_0106_0024_18419610/ Articolo su La Stampa]</ref>. Solo qualche mese prima, aveva finito di girare il suo ultimo [[film]], ''[[Una vacanza bestiale]]'' ([[1980]]) di [[Carlo Vanzina]]. La sua ultima apparizione fu nella terza puntata del film tv ''[[Il minestrone]]'' ([[1981]]) di [[Sergio Citti]]. Fratello dello [[scrittore]] e [[giornalista]] Gianluigi Faà di Bruno, lasciò la moglie Anna Maria Andreini e le due figlie adottive Camilla e Costanza, già sposate all'epoca dei fatti. Il suo nome tornò agli onori della cronaca alcuni mesi dopo la sua scomparsa, quando la moglie Anna Maria denunciò una colossale [[truffa]] pluri-milionaria di cui il marito sarebbe stato vittima pochissimo tempo prima della morte<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,23/articleid,1055_01_1981_0248_0037_15249728/ Articolo su La Stampa]</ref>.