Ebraismo e schiavitù: differenze tra le versioni

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Durante il Medioevo gli ebrei agiroo come mercanti di schiavi in [[Slavonia]]<ref>Graetz, Heinrich, ''History of the Jews'', vol iii, p 305 (Engl. translation by P. Bloch)</ref>, nel [[Nordafrica]]<ref name="Hastings, p 620"/>, negli [[Stati baltici]]<ref>Drescher, p 111</ref>, nell'[[Europa centrale]] e nell'[[[Europa orientale]]<ref name="Drescher, p 107"/>, nella [[penisola iberica]]<ref name="Hastings, p 620"/><ref name="Drescher, p 107"/> e a [[Maiorca]]<ref>Schorsch, p 52</ref>. Il più significativo coinvolgimento ebraico nella schiavitù fu negli attuali [[Portogallo]] e [[Spagna]] dominati dai musulmani tra il X e il XV secolo<ref name="Hastings, p 620"/><ref name="Drescher, p 107"/>.
 
La partecipazione ebraica al commercio schiavista venne registrata a partire dal V secolo, quando [[Papa Gelasio I]] permise agli ebrei d'introdurre schiavi dalla [[Gallia]] nella [[penisola italiana]], a patto però che non fossero cristiani<ref name=JE_STO>[http://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=849&letter=S Slave Trade]. [[Jewish Encyclopedia]]</ref>. Nell'VIII secolo [[Carlo Magno]] (768-814) permise espliciamente agli ebrei di poter agire come intermediari nel commercio degli schiavi<ref name="Abrahams, p 98">Abrahams, p 98</ref>.
[[File:Boleslav of Bohemia and Jewish slave trader.jpg|thumb|Un commerciante di schiavi ebreo viene presentato a [[Boleslao I di Boemia]].]]
 
Nel X secolo gli ebrei spagnoli commerciarono gli schiavi [[slavi]], che i califfi di [[al-Andalus]] acquistarono per formare le loro personali guardie del corpo<ref name="Abrahams, p 98"/>; acquistati per lo più in [[Boemia]] questi schiavi furono espressamente rivolti all'esportazione in terra spagnola e nell'ovest europeo<ref name="Abrahams, p 98"/>. [[Guglielmo I d'Inghilterra]] condusse con sé molti di questi schiavisti ebrei da [[Rouen]] fino all'[[Inghilterra]] nel 1066<ref name="Abrahams, p 99"/>. A [[Marsiglia]] nel XIII secolo vi furono due mercati ebrei di schiavi contro i sette dei cristiani<ref>"R. E. J." xvi.</ref>.
 
Le registrazioni storiche medievali del IX secolo descrivono due percorsi attraverso i quali i rivenditori ebrei portarono schiavi da ovest verso est e viceversa<ref name=JE_STO/>. Secondo [[Ibrahim ibn Ya'qub]] i mercanti bizantini ebrei acquistarono slavi a [[Praga]] per poi essere rivenduti; alla stessa meniera gli ebrei di [[Verdun]] intorno all'anno 949 acquistarono schiavi nelle campagne per poi rivenderli in terra spagnola musulmana<ref>Aronius, "Regesten", No. 127</ref>.
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=== Commercio degli schiavi mediterranei ===
Gli ebrei di [[Algeri]] furono frequenti acquirenti di schiavi cristiani provenienti dalla [[tratta barbaresca degli schiavi]]<ref>Hebb, p. 153.</ref>. Nel frattempo i mediatori ebrei di [[Livorno]] furono di valido aiuto nell'organizzare il riscatto degli schiavi cristiani dal [[mondo musulmano]] verso i loro paesi d'origine in stato di libertà. Anche se uno schiavo accusò i mediatori ebrei di mantenere il riscatto fino a quando i prigionieri non fossero morti, tale asserzione non è corroborata dalle prove fattuali le quali indicano invece gli ebrei come molto attivi nell'assistere al rilascio dei prigionieri inglesi caduti nelle mani dei [[musulmani]]<ref>Hebb, p. 160</ref>. Nel 1637 i pochi schiavi che riuscirono ad essere liberati vennero riscattati da membri della comunità ebraica algerina<ref>Hebb, p. 163, No 5</ref>.
[[File:Triangle trade2.png|thumb|Il percorso triangolare della [[tratta atlantica degli schiavi africani]].]]
=== Tratta atlantica degli schiavi ===
La [[tratta atlantica degli schiavi africani]] fu un commercio avviato esclusivamente da cristiani atto a trasferire gli africani nelle colonie d'oltreoceano. Molti degli scambi seguirono un percorso triangolare: gli schiavi vennero trasportati prima nei [[Caraibi]] (dove produssero [[zucchero]]) e da lì in [[America del Nord]] o nella stessa [[Europa]], ove vennero impegnati nella fabbricazione di prodotti commerciali. Ebrei e discendenti di ebrei parteciparono al commercio da entrambi i lati dell'[[Oceano Atlantico]], sia nei [[Paesi Bassi]] sia nella [[penisola iberica]] e in [[Brasile]], ma anche nei [[Caraibi]] e negli [[Stati Uniti d'America orientali]]<ref>Drescher, p 107: "A small fragment of the Jewish diaspora fled ... westward into the Americas, there becoming entwined with the African slave trade"....they could only prosper by moving into high risk and new areas of economic development. In the expanding Western European economy after the Columbus voyages, this meant getting footholds within the new markets at the fringes of Europe, primarily in overseas enclaves. One of these new 'products' was human beings. It was here that Jews, or descendants of Jews, appeared on the rosters of Europe's slave trade."</ref>.
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Nel momento in cui il commercio mondiale degli schiavi e la crescita delle importazioni dello zucchero in terra europea raggiunse la sua vetta nel XVIII secolo, la partecipazione ebraica venne di fatto scoraggiata dalle imprese dei piantatori britannici e francesi i quali non permisero agli ebrei di essere annoverati nelle loro società commerciali. Durante il XIX secolo alcuni rari ebrei comunque possedettero piantagioni di [[cotone]] negli [[Stati Uniti meridionali]]<ref name="Austen, p 134" />.
[[File:Jacques Etienne Arago - Castigo de Escravos, 1839.jpg|thumb|La punizione inflitta ad uno schiavo brasiliano in un'illustrazione di [[Jacques Arago]] (1839).]]
==== Brasile ====
Il ruolo assunto dai convertiti al [[cristianesimo]] e dai commercianti ebrei fu per un certo periodo significativo in Brasile<ref name="Drescher p 455">Drescher: JANCAST: p 455: "only in the Americas&nbsp;— momentarily in Brazil, more durably in the Caribbean&nbsp;— can the role of Jewish traders be described as significant." p 455.</ref>; gli abitanti cristiani si ritrovarono ad invidiare gli ebrei i quali avevano alcune delle migliori piantagioni della valle del fiume [[Pernambuco]]; alcuni di questi ebrei risultarono essere tra i principali commercianti di schiavi della colonia<ref>Herbert I. Bloom. "The Christian inhabitants [of Brazil] were envious because the Jews owned some of the best plantations in the river valley of Pernambuco and were among the leading slave-holders and slave traders in the colony", p 133 of ''The Economic Activities of the Jews in Amsterdam in the seventeenth and eighteenth centuries''</ref>.
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Presumibilmente essi svolsero un ruolo importante negli scambi anche a [[Barbados]]<ref name="Raphael, p 14"/><ref>Schorsh, p 60</ref> e in [[Giamaica]]<ref name="Raphael, p 14"/>, mentre i proprietari ebrei delle piantagioni nel Suriname contribuirono a sopprimere diverse rivolte scoppiate tra il 1690 e il 1772<ref name="Roth, p 292"/>. A Curaçao invece gli ebrei rimasero coinvolti nello scambio di schiavi in una misura molto inferiore rispetto ai protestanti olandesi<ref>Jonathan Schorsch. ''Jews and blacks in the early modern world'', p. 61<!-- ISBN needed --></ref>; sembra che abbiano importato meno di 1.000 schiavi nel periodo compreso tra il 1686 e il 1710, dopo di che la cifra diminuì ulteriormente<ref name="Raphael, p 14"/><ref>Schorsch p 62: In Curaçao: "Jews also participated in the local and regional trading of slaves"</ref>. Tra il 1630 e il 1770 i mercanti ebrei stabilirono o gestirono "almeno 15.000 schiavi" tra quelli fatti sbarcare nell'isola di Curaçao, al'incirca un sesto del totale di tutti gli schiavi nelle mani degli olandesi<ref>Drescher, JANCAST, p 450</ref><ref>{{cite web|last1=Cnaan|first1=Liphshiz|last2=Tzur|first2=Iris|title=How culpable were Dutch Jews in the slave trade?|url=http://www.jta.org/2013/12/26/news-opinion/world/dutch-rabbi-confronts-jews-with-ancestors-complicity-in-slavery#ixzz326RoIrWQ|publisher=Jewish Telegraphic Agency|accessdate=19 March 2015}}</ref>.
[[File:Jacob Levin slave auction ad.jpg|thumb|Pubblicità per l'asta degli schiavi del commerciante Jacob Levin, inserita nel libro del 1853 ''A key to Uncle Tom's cabin''<ref>Ad from ''A key to Uncle Tom's cabin: presenting the original facts and documents upon which the story is founded. Together with corroborative statements verifying the truth of the work'' by [[Harriet Beecher Stowe]], published by T. Bosworth, 1853</ref><ref>Information on Jacob Levin found at ''Jews and the American Slave Trade'', by Saul S. Friedman, p 157</ref>.]]
==== Colonie nordamericane ====
L'apporto ebraico nel commercio degli schiavi nelle colonie britanniche del nordamerica si mantenne sempre ad un livello minimale<ref>Professor Jacob R. Marcus of Hebrew Union College in The Colonial American Jew (Detroit: Wayne State University Press, 1970), Vol. 2, pp. 702-703</ref>. Secondo lo storico Bertram Korn esistettero dei proprietari ebrei di piantagioni, ma complessivamente costituirono solo una piccola parte dell'industria totale<ref name="Korn">Bertram W. Korn, "Jews and Negro Slavery in the Old South, 1789-1865", in ''The Jewish Experience in America'', ed. Abraham J. Karp (Waltham, MA: American Jewish Historical Society, 1969), Vol. 3, p. 180 <!-- ISBN needed -->:</ref>. Nel 1830 vennero segnalati solo 4 ebrei tra gli 11.000 [[bianchi americani]] del [[profondo Sud]] i quali possedevano 50 o più schiavi<ref>''Historical Facts vs. Antisemitic Fictions: The Truth About Jews, Blacks, Slavery, Racism and Civil Rights'' (prepared under the auspices of the Simon Wiesenthal Center by Dr. Harold Brackman and Professor Mary R. Lefkowitz; 1993)<!-- ISBN needed --></ref>.
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A causa del forte numero di conversioni degli ebrei verso il cristianesimo molti nuovi cristiani continuarono a praticare in segreto l'ebraismo (vedi [[Cripto-giudaismo]]), il che significa che è impossibile per gli storici determinare quale parte di questi commercianti di schiavi fossero effettivamente ebrei, perché per farlo ciò richiederebbe allo storico di scegliere una tra più definizioni di "ebraicità"<ref>Drescher: JANCAST: p 447: "New Christian merchants managed to gain control of a sizeable, perhaps major, share of all segments of the Portuguese Atlantic slave trade during the Iberian-dominated phase of the Atlantic system. I have come across no description of the Portuguese slave trade that estimates the relative shares of the various participants in the slave trade by the racial-religious designation, but New Christian families certainly oversaw the movement of a vast number of slaves from Africa to Brazil during its first-century period [1600-1700]."</ref>.
==== ''The Secret Relationship Between Blacks and Jews'' ====
Nel 1991 [[Nation of Islam]] (NOI) ha fatto pubblicare ''The Secret Relationship Between Blacks and Jews'' secondo cui gli ebrei avrebbero dominato il commercio della [[tratta atlantica degli schiavi africani]]<ref>Austen, pp 131-33</ref>; la prima parte del testo afferma che gli ebrei svolsero uo ruolo importante nel commercio degli schiavi atlantici e che trassero cospicui profitti dalla pratica schiavista<ref>{{cite book|title=Jews and Money|first=Abraham|last=Foxman|pages=130–135}}</ref>.
 
Il libro è stato fortemente criticato per essere impregnato di [[antisemitismo]] di fondo oltre al non aver fornito la benché minima analisi oggettiva dell'eventuale ruolo ebraico nel commercio schiavista. Le critiche più comuni comprendevano il fatto che il testo utilizzava citazioni selettive facendo un uso del tutto grezzo delle statistiche<ref name="Austen, p 134"/> e che stava intenzionalmente tentando di esagerare il ruolo ebraico svolto<ref>Austen, pp 133-34</ref>.
 
L'[[Anti-Defamation League]] ha criticato sia il NOI sia il libro<ref name="adl.org"/>. [[Henry Louis Gates Jr.]] ha condannato le intenzioni degli autori del libro<ref>"Black Demagogues and Pseuo-Scholars", ''New York Times'', July 20, 2002, p A15.</ref>.
 
Lo storico Ralph A. Austen critica pesantemente il libro dicendo che, anche se può apparentemente sembrare abbastanza preciso, è viziato da un palese antisemitismo; ha aggiunto tuttavia che prima della sua pubblicazione alcuni studiosi eano riuttanti a discutere della partecipazione ebraica alla schiavitù a causa della paura di danneggiare "l'agenda condivisa liberale" di [[ebrei]] ed [[afroamericani]]<ref>Austen, pp 131-135</ref>. In questo senso Austen ha trovato tra gli scopi del libro quello di sfidare il mito della benevolenza ebraica universale nel corso dell'intera storia, come forma di autolegittimazione, anche se i mezzi che hanno condotto a questo fine hanno portato ad un libro antisemita<ref>Austen, p. 131: <blockquote>"[[John Hope Franklin]] and I ... were condoning a benign historical myth: that the shared liberal agenda of twentieth-century Blacks and Jews has a pedigree going back through the entire remembered past. ... Jewish students of Jewish history have known it was untrue and ... have produced a significant body of scholarship detailing the involvement of our ancestors in the Atlantic slave trade and Pan-American slavery. [The scholarship] had never been synthesized in a publication for non-scholarly audience. A book of this sort has now appeared, however, written not by Jews but by an anonymous group of African Americans associated with the Reverend Louis Farrakhan's Nation of Islam."</blockquote></ref>.
==== Valutazioni successive ====
La pubblicazione di ''The Secret Relationship'' ha avuto almeno il merito di spingere ad una ricerca dettagliata sulla partecipazione degli ebrei al commercio degli schiavi atlantici, con conseguente realizzazione di varie opere, la maggior parte delle quali pibblicate specificamente per confutare la tesi di ''The Secret Relationship'':
* 1992 - Harold Brackman, ''Jew on the brain: A public refutation of the Nation of Islam's The Secret relationship between Blacks and Jews''.
* 1992 - [[David Brion Davis]], ''Jews in the Slave Trade'', in ''Culturefront'' (Autunno 1 992) pp 42–45.
* 1993 - Seymour Drescher, ''The Role of Jews in the Atlantic Slave Trade'', in ''Immigrants and Minorities'' 12 (1993), pp 113–25.
* 1993 - Marc Caplan, ''Jew-Hatred As History: An Analysis of the Nation of Islam's "The Secret Relationship"'' (fatto pubblicare a cura dell'[[Anti-Defamation League]])
* 1998 - Eli Faber, ''Jews, Slaves, and the Slave Trade: Setting the Record Straight'', New York University Press.
* 1999 - Saul S. Friedman, 'Jews and the American Slave Trade''.
La maggior parte degli studiosi post-1991 che hanno analizzato il ruolo ebraico hanno individuato soltanto determinate regioni (come il [[Brasile]] e i [[Caraibi]]) dove la partecipazione può essere considerata significativa<ref>Drescher: JANCAST: p 455: "only in the Americas&nbsp;— momentarily in Brazil, more durably in the Caribbean&nbsp;— can the role of Jewish traders be described as significant." .. but elsewhere involvemnent was modest or minimal p 455.</ref>.
 
Wim Klooster ha scritto: "''in nessuno dei periodi presi in considerazione gli ebrei svolgevano un ruolo di primo piano come finanziatori, armatori o fattori nei commerci degli schiavi transatlantici o caraibici; essi disponevano di molto meno schiavi dei non-ebrei in tutti i territori britannici dell'[[America settentrionale]] e dei Caraibi. Quando gli ebrei in una manciata di luoghi possedevano schiavi in ​​proporzioni leggermente al di sopra della loro rappresentazione tra le famiglie della città, tali casi non si avvicinano in ogni modo a confermare le affermazioni fatte in The Secret Relationship''"<ref name="oieahc.wm.edu"/>.
 
David Brion Davis ha scritto che "''gli ebrei non hanno avuto un impatto importante o continuo sulla storia della schiavitù nel [[Nuovo Mondo]]''"<ref>"Medieval Christians greatly exaggerated the supposed Jewish control over trade and finance and also became obsessed with alleged Jewish plots to enslave, convert, or sell non-Jews ... Most European Jews lived in poor communities on the margins of Christian society; they continued to suffer most of the legal disabilities associated with slavery. ... Whatever Jewish refugees from Brazil may have contributed to the northwestward expansion of sugar and slaves, it is clear that Jews had no major or continuing impact on the history of New World slavery." - Professor David Brion Davis of Yale University in ''Slavery and Human Progress'' (New York: Oxford University Press, 1984), p 89 (cited in [http://www.nizkor.org/ftp.cgi/orgs/american/wiesenthal.center/ftp.py?orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts Shofar FTP Archive File: orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts])</ref>; mentre Jacob R. Marcus ha affermato che la partecipazione ebraica allo schiavismo presente nelle colonie americane fu minima e del tutto inconsistente<ref>"The Jews of Newport seem not to have pursued the [slave trading] business consistently ... [When] we compare the number of vessels employed in the traffic by all merchants with the number sent to the African coast by Jewish traders ... we can see that the Jewish participation was minimal. It may be safely assumed that over a period of years American Jewish businessmen were accountable for considerably less than two percent of the slave imports into the West Indies" - Professor Jacob R. Marcus of Hebrew Union College in ''The Colonial American Jew'' (Detroit: Wayne State University Press, 1970), Vol. 2, pp. 702-03 (cited in [http://www.nizkor.org/ftp.cgi/orgs/american/wiesenthal.center/ftp.py?orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts Shofar FTP Archive File: orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts])</ref>.
 
Bertram Korn ha scritto: "''tutti gli schiavisti ebrei presenti nelle città del [[profondo Sud]] non hanno acquistato e venduto tanti schiavi quanti la ditta "Franklin and Armfield Office" di [[Alexandria (Virginia)]], la più grande sede di commercianti di schiavi negri presente negli [[Stati Uniti meridionali]]"''"<ref>"None of the major slavetraders was Jewish, nor did Jews constitute a large proportion in any particular community. ... probably all of the Jewish slavetraders in all of the Southern cities and towns combined did not buy and sell as many slaves as did the firm of Franklin and Armfield, the largest Negro traders in the South." - Bertram W. Korn. ''Jews and Negro Slavery in the Old South, 1789–1865'', in ''The Jewish Experience in America'', ed. Abraham J. Karp (Waltham, Massachusetts: American Jewish Historical Society, 1969), Vol 3, pp 197-98 (cited in [http://www.nizkor.org/ftp.cgi/orgs/american/wiesenthal.center/ftp.py?orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts] Shofar FTP Archive File at [http://orgs/american/wiesenthal.center//web/historical-facts])</ref>.
 
Secondo un riesame compiuto da ''The Journal of American History'' ed intitolato ''Jews, Slaves, and the Slave Trade: Setting the Record Straight and Jews and the American Slave Trade'': "''Eli Faber riconosce solo pochi commercianti di origine ebraica localmente prominenti nell'ambito dello schiavismo durante la seconda metà del XVIII secolo, altrimenti conferma le davvero piccole e minuscole dimensioni concernenti le comunità ebraiche coloniali di qualsiasi sorta e li mostra impegnati nella schiavitù e nel commercio schiavista solo a livelli indistinguibili da quelli dei loro concorrenti inglesi''"<ref>"Eli Faber takes a quantitative approach to Jews, Slaves, and the Slave Trade in Britain's Atlantic empire, starting with the arrival of Sephardic Jews in the London resettlement of the 1650s, calculating their participation in the trading companies of the late seventeenth century, and then using a solid range of standard quantitative sources (Naval Office shipping lists, censuses, tax records, and so on) to assess the prominence in slaving and slave owning of merchants and planters identifiable as Jewish in Barbados, Jamaica, New York, Newport, Philadelphia, Charleston, and all other smaller English colonial ports. He follows this strategy in the Caribbean through the 1820s; his North American coverage effectively terminates in 1775. Faber acknowledges the few merchants of Jewish background locally prominent in slaving during the second half of the eighteenth century but otherwise confirms the small-to-minuscule size of colonial Jewish communities of any sort and shows them engaged in slaving and slave holding only to degrees indistinguishable from those of their English competitors" [http://www.historycooperative.org/cgi-bin/justtop.cgi?act=justtop&url=http://www.historycooperative.org/journals/jah/86.3/br_19.html Book Review] of ''Jews, Slaves, and the Slave Trade: Setting the Record Straight'', and ''Jews and the American Slave Trade'' by Saul S. Friedman. ''[[The Journal of American History]]'' Vol 86. No 3, December 1999<!-- ISBN needed --></ref>.
 
Secondo Seymour Drescher gli ebrei hanno partecipato al commercio della [[tratta atlantica degli schiavi african]] soltanto nei territori brasiliani coloniali portoghesi e nel [[Suriname]]<ref>Drescher: JANCAST: p 455:</ref>, tuttavia in nessuno dei periodi presi in esame hanno svolto un ruolo di primo piano in qualità di finanziatori, armatori o fattori negli scambi e nella compravendita di schiavi transatlantici o caraibici<ref name="oieahc.wm.edu"/>. Afferma inoltre che gli ebrei assai raramente stabilirono nuovi percorsi commerciali, ma che invero lavorarono in stretta collaborazione con partner cristiani sulle vie commerciali che erano state stabilite e approvate dai leader nazionali europei<ref>Drescher, EAJH&nbsp;— Vol 1. "The available evidence indicates that the Jewish network probably counted for little in Atlantic slaving. The few cases of long-term Jewish participation in the eighteenth-century slave trades offer evidence of cross-religious networks as keys to their success. In case after case, Jews who participated in multiple slaving voyages ... linked themselves to Christian agents or partners. It was not as Jews, but as merchants, that traders ventured into one of the great enterprises of the early modern world." Drescher, in Ency Am. J. Hist. p 416.</ref><ref>Drescher, pp 107-108</ref>.
 
Nel 1995 l'[[American Historical Association]] (AHA) ha rilasciato una dichiarazione, insieme a Drescher, in cui condanna "qualsiasi affermazione secondo cui gli ebrei avrebbero avuto un ruolo sproporzionato nel commercio degli schiavi atlantici"<ref name="ajh">Encyclopedia of American Jewish history, Volume 1, p 199</ref>.
 
Secondo la rivista ''The Journal of American History'' (''Jews, Slaves, and the Slave Trade: Setting the Record Straight'' di Faber e ''Jews and the American Slave Trade'' di Friedman: "''Eli Faber prende un approccio quantitativo tra gli ebrei e gli schiavi nel commercio atlantico dell'[[impero britannico]], a cominciare dall'arrivo degli ebrei [[Sefarditi]] nell'insediamento di [[Londra]] del 1650, calcolando la loro partecipazione alle società commerciali della fine del XVII secolo e quindi utilizzando una solida gamma di fonti quantitative standard (liste di spedizioni degli uffici navali, censimenti, registrazioni fiscali e così via) per valutare la prominenza nell'ambito dello [[schiavismo]], nel possesso di schiavi da parte dei mercanti e nelle piantagioni identificabili come ebraiche situate a [[Barbados]], [[Giamaica]], [[New York]], [[Newport (Rodhe Island)]], [[Filadelfia]], [[Charleston (Carolina del Sud)]] e in tutti gli altri porti coloniali inglesi minori''"<ref>[http://www.historycooperative.org/cgi-bin/justtop.cgi?act=justtop&url=http://www.historycooperative.org/journals/jah/86.3/br_19.html Book Review] of ''Jews, Slaves, and the Slave Trade: Setting the Record Straight'' (by Faber), and ''Jews and the American Slave Trade'' (by Friedman), at ''The Journal of American History'', Vol 86, No 3 (December 1999)</ref>.
 
Lo storico Ralph Austen riconosce tuttavia che "gli ebrei Sefarditi nel [[Nuovo Mondo]] rimasero stati fortemente coinvolti nel commercio degli schiavi africani"<ref>Ralph A. Austen, "The Uncomfortable Relationship: African Enslavement in the Common History of Blacks and Jews," Maurianne Adams and John H. Bracey, ed., Strangers and Neighbors: Relations Blacks and Jews in the United States (Amherst: The University of Massachusetts Press, 1999), 131.</ref>.
=== Proprietari di schiavi ebrei negli Stati Uniti meridionali ===
Lo storico della schiavitù Jason H. Silverman descrive minuziosamente le parte avuta dagli ebrei nel commercio schiavista negli [[Stati Uniti meridionali]] descrivendola come "minuscola", scrivendo inoltre che prima l'aumento stoico e successivamente l'[[abolizionismo negli Stati Uniti d'America]] non avrebbero praticamente avuto nessun effetto nei confronti degli ebrei che vissero a Sud<ref name="Rodriguez, p 385"/> in quanto rappresntarono solo l'1,25% di tutti i proprietari di schiavi meridionali<ref name="Rodriguez, p 385"/>.
 
Le pratiche di proprietà degli schiavi da parte degli ebrei negli stati meridionali furono essenzialmente governate dalla prassi regionale piuttosto che dalla ''[[Legge mosaica]]''<ref name="Rodriguez, p 385">Rodriguez, p 385</ref><ref name="Greenberg, p 110">Greenberg, p 110</ref><ref name="Reiss, p 88">Reiss, p 88</ref>. Molti ebrei meridionali sostennero all'epoca che il "[[negro]]" fosse un "sottouomo" e che pertanto era intrinsecamente adatto alla schiavitù; opinione questa che rappresentò la visione predominante di molti dei loro vicini non ebrei<ref>Reiss, p 84</ref>.
[[File:Aaron Lopez.png|thumb|Il proprietario di schiavi [[Aaron Lopez]] di [[Newport (Rhode Island)]].]]
Gli ebrei pertanto non fecero altro che conformarsi ai modelli prevalenti di giustificazione dello schiavismo sudista e non furono con ciò significativamente differenti dagli altri proprietari nel loro trattamento degli schiavi<ref name="Rodriguez, p 385"/>. Le ricche famiglie ebraiche del Sud americano in prevalenza preferirono impiegare domestici bianchi piuttosto che possedere degli schiavi<ref name="Reiss, p 88"/>. I possessori ebrei di schiavi storicamente accertati includono [[Aaron Lopez]] (portoghese), [[Francis Salvador]] (inglese), [[Judah Touro]] (statunitense) e [[Haym Salomon]] (lituano-polacco)<ref>Friedman, ''Jews and the American Slave Trade;; pp xiii, 123-27.</ref>.
 
I possessori di schiavi ebrei si rinvennero innanzitutto negli ambienti aziendali e domestici piuttosto che nelle piantagioni, per cui la maggior parte degli schiavi si trovarono inseriti in un contesto urbano, nella gestione dell'azienda o come domestici tuttofare<ref name="Greenberg, p 110"/><ref name="Reiss, p 88"/>. I proprietari ebrei liberarono i loro schiavi neri nella stessa percentuale dei non ebrei<ref name="Rodriguez, p 385"/>; talvolta invece - secondo le loro ultime volontà - diedero i propri schiavi in eredità ai figli<ref name="Rodriguez, p 385"/>.
=== Dibattito sull'abolizionismo ===
Un numero significativo di ebrei spese le proprie energie nell'[[American Anti-Slavery Society]]<ref name="whiteman">Maxwell Whiteman, "Jews in the Antislavery Movement", Introduction to The Kidnapped and the Ransomed: The Narrative of Peter and Vina Still (Philadelphia: The Jewish Publication Society of America, 1970), pp 28, 42<!-- ISBN needed --></ref>. Molti ebrei del XIX secolo, come ad esempio il francese [[Adolphe Crémieux]], parteciparono alla protesta morale contro la schiavitù; nel 1849 Crémieux annunciò l'[[abolizionismo]] in tutti i possedimenti francesi<ref name="am"/>.
 
In terra inglese vi furono movimenti e gruppi abolizionisti ebrei. [[Granville Sharp]] e [[William Wilberforce]] nella loro ''A Letter on the Abolition of the Slave Trade'' addussero gli insegnamenti ebraici come argomenti contro la schiavitù. Il [[rabbino]] G. Gottheil di [[Manchester]] e il dottor L. Philippson di [[Bonn]] combatterono con forza la visione, annunciata dai simpatizzanti meridionali, che i testi biblici supportassero la schiavitù. L'opera antischiavista di rabbi M. Mielziner intitolata ''Die Verhältnisse der Sklaverei bei den Alten Hebräern'' e fatta pubblicare nel 1859 venne tradotta oltreoceano<ref name="am">[http://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=1606&letter=A ANTISLAVERY MOVEMENT AND THE JEWS, Max J. Kohler]</ref>.
 
Allo stesso modo in terra tedesca il poeta [[Berthold Auerbach]] in ''Das Landhausam Rhein'' fece crescere l'[[opinione pubblica]] contro il commercio schiavista ed anche [[Heinrich Heine]] ebbe modo di parlare contro la schiavitù<ref name="am"/>.
 
Gli ebrei immigrati parteciparono alle bande abolizioniste guidate da [[John Brown (attivista)]] ed operarono in [[Kansas]] con tecniche di vera e propria guerriglia (il [[Bleeding Kansas]]); tra di essi vi furono Theodore Wiener (polacco), Jacob Benjamin (boemo) e August Bondi (viennese)<ref>{{cite web|url=http://www.ajhs.org/scholarship/chapters/chapter.cfm?documentID=196 |accessdate=March 14, 2014 |deadurl=yes |archiveurl=https://web.archive.org/web/20120301010537/http://www.ajhs.org/scholarship/chapters/chapter.cfm?documentID=196 |archivedate=March 1, 2012 }}</ref>. [[Nathan Mayer Rothschild]] venne riconosciuto per il ruolo avuto nell'abolizione del commercio schiavista attraverso il suo cofinanziamento della compensazione del governo britannico (20 milioni di sterline) da pagare agli ex proprietari degli schiavi liberati in aiuto all'industria delle piantagioni<ref>{{cite web|url=http://www.worldcat.org/oclc/56390513|title=Hochschild, Adam (2005) ''Bury the Chains: Prophets and Rebels in the Fight to Free an Empire's Slaves'', Houghton Mifflin: New York, p 347|publisher=Worldcat.org|accessdate=2010-07-08|oclc=56390513}}</ref>.
[[File:Ernestine Rose 7.jpg|thumb|left|[[Ernestine Rose]], ebrea, femminista e abolizionsta.]]
L'esponente ebrea del [[femminismo negli Stati Uniti d'America]] [[Ernestine Rose]] venne soprannominata "regina delle tribune" a causa dei suoi accesi discorsi a favore dell'[[abolizionismo]]<ref name="abolition">{{cite web|url=http://www.shirhadash.org/rabbi/04/08/20/social.html |accessdate=March 14, 2014 |deadurl=yes |archiveurl=https://web.archive.org/web/20120311010423/http://www.shirhadash.org/rabbi/04/08/20/social.html |archivedate=March 11, 2012 }}</ref>. I suoi comizi incontrarono notevoli controversie, anche in forma violenta; una sua conferenza tenuta a [[Charleston (Virginia Occidentale)]], in cui elencò con dovizia i mali della schiavitù, venne accolta con tanta opposizione ed atti ostili che fu costretta ad utilizzare una notevole infuenza per riuscire ad uscire dalla città in sicurezza<ref>{{Cite journal|url=https://books.google.com/books?id=Vn4uAAAAYAAJ&pg=PA271l|title=Heroines of Freethought|author1=Francis Underwood|first1=Sara A|year=1876}}</ref>.
 
Nell'epoca della [[guerra di secessione americana]] i principali leader religiosi ebrei statunitensi si occuparono anche di dibattiti pubblici in merito alla schiavitù<ref>*{{cite book|title=This Land of Liberty: A History of America's Jews|first=Helene Schwartz|last=Kenvin|publisher=Behrman House, Inc|year=1986|isbn=0-87441-421-0|pages=90–92}}*Benjamin, Judah P. "Slavery and the Civil War: Part II" in ''United States Jewry, 1776-1985: The Germanic Period'', Jacob Rader Marcus (Ed.), Wayne State University Press, 1993, pp. 13-34.</ref>; generalmente i rabbini degli [[Stati Confederati d'America]] sostennero la schiavitù, mentre quelli dell'[[Unione (guerra di secessione americana)]] vi si opposero<ref>{{cite book|title=The Jews in America: four centuries of an uneasy encounter: a history|first=Arthur|last=Hertzberg|year= 1998|pages=111–113|publisher=Columbia University Press|isbn=0-231-10841-9}}</ref>.
[[File:David Einhorn.jpg|thumb|Il [[rabbino]] David Einhorn, un fervente sostenitore dell'[[abolizionismo negli Stati Uniti d'America]].]]
Uno dei maggiori dibattiti a questo proposito<ref>*Benjamin, Judah P. "Slavery and the Civil War: Part II", ''United States Jewry, 1776-1985: The Germanic Period'', by Jacob Rader Marcus (Ed.), Wayne State University Press, 1993, pp 17-19.
*{{cite book|title=Strangers & neighbors: relations between Blacks & Jews in the United States|first=Maurianne|last=Adams|pages=190–194|publisher=University of Massachusetts Press|year=1999|isbn=1-55849-236-4}}</ref> fu quello scaturito da [[Morris Jacob Raphall]], che difendeva la schiavitù così come veniva praticata nel Sud in quanto essa sarebbe stata approvata dalla ''[[Bibbia]]'' e David Einhorn (dell'[[ebraismo riformato]]) il quale si oppose con nettezza alla sua forma vigente<ref>{{cite book|title=What went wrong?: the creation and collapse of the Black-Jewish Alliance|first=Murray|last=Friedman|publisher=Simon and Schuster|year=2007|pages=25–26}}</ref>. Nell'intero Sud in complesso non vi furono mai molti ebrei, rappresentando solamente l'1,25% di tutti i proprietari di schiavi presenti<ref name="Rodriguez, p 385"/>. Nel 1861 Raphall pubblicò le proprie opinioni in un trattato intitolato ''The Bible View of Slavery''<ref>{{cite book|title=Orthodox Judaism in America: a biographical dictionary and sourcebook|first=Moshe D.|last=Sherman|publisher=Greenwood Publishing Group|year=1996|isbn=0-313-24316-6|page=170}}</ref>; lui, assieme ad altri rabbini come Isaac Leeser e J. M. Michelbacher (entrambi della [[Virginia]]), utilizzarono la ''[[Tanakh]]'' per sostenere i propri argomenti<ref>
*{{cite book|title=What went wrong?: the creation and collapse of the Black-Jewish Alliance|first=Murray|last=Friedman|publisher=Simon and Schuster|year= 2007|page=25}}
*{{cite book|title=Orthodox Judaism in America: a biographical dictionary and sourcebook|first=Moshe D.|last=Sherman|publisher=Greenwood Publishing Group|year=1996|isbn=0-313-24316-6|page=170}}</ref>.
[[File:Abolish child slavery.jpg|thumb|Due ragazze ebree protestano contro la schiavitù rappresentata dal [[lavoro infantile]] con scritte in inglese e in [[yiddish]] ([[New York]], 1909).]]
I rabbini abolizionisti, tra cui Einhorn e Michael Heilprin, si preoccuparono per il fatto che la posizione di Raphall sarebbe stata considerata come la politica ufficiale degli [[ebrei americani]]; pertanto ribadirono vigorosamente contro i suoi argomenti sostendo che la schiavitù, così come veniva praticata al Sud, fosse del tutto immorale e non sostenuta dall'[[ebraismo]]<ref>{{cite book|title=Strangers & neighbors: relations between Blacks & Jews in the United States|first=Maurianne|last=Adams|pages=190–94|publisher=University of Massachusetts Press|year=1999|isbn=1-55849-236-4}}. Adams writes that Raphall's position was "accepted by many as the Jewish position on the slavery question. ... Raphall was a prominent Orthodox rabbi and so the sermon was used in the South to prove the Biblical sanction of slavery and the American Jews' sympathy with the secession movement."</ref>.
 
Ken Yellis, scrivendo per ''The Forward'', ha suggerito che "''la maggior parte degli ebrei americani erano muti sul tema, forse perché temevano il suo enorme potere corrosivo. Prima del 1861 praticamente non esiste nessun esempio di prediche rabbiniche sulla schiavitù, probabilmente ciò fu dovuto al timore che la controversia avrebbe innescato un conflitto di parti in cui le famiglie ebraiche si sarebbero disposte su posizioni diametralmente opposte... La comunità ebraica più grande d'America, gli ebrei di [[New York]], rimasero in gran parte pro-sudisti, pro-schiavitù e anti-Lincoln nel corso dei primi anni di guerra''". Tuttavia, mentre la guerra progrediva "''e le vittorie militari del Nord cominciarono a farsi più numerose, i sentimenti iniziarono a spostarsi verso l'Unione e, infine, a favore dell'[[emancipazione]]''"<ref>{{cite web|last1=Yellis|first1=Ken|title=Jews Mostly Supported Slavery&nbsp;— Or Kept Silent&nbsp;— During Civil War|url=http://forward.com/articles/179441/jews-mostly-supported-slavery-or-kept-silent-d/?p=all#ixzz326OPEy5Q|publisher=The Forward Association|accessdate=19 March 2015}}</ref>.
[[File:March on washington Aug 28 1963.jpg|thumb|left|Il giovane attivista ebreo per i diritti civili [[Joseph Rauh]] marcia assieme con [[Martin Luther King]] nel 1963.]]
 
=== Tempi contemporanei ===
In epoca recente gli [[ebrei]] e gli [[afroamericani]] hanno collaborato al [[movimento per i diritti civili degli afroamericani]], ciò motivato ​​in parte dalle radici comuni nella schiavitù, in particolare per quanto riguarda la storia dell'eredità ebraica nell'[[antico Egitto]], così come viene raccontato nella storia biblica del ''[[Libro dell'Esodo]], in cui molti neri si sono identificati<ref>Kaufman, pp 3, 268</ref> nel corso del tempo.
 
Seymour Siegel suggerisce che la lotta storica contro i pregiudizi incontrati dagli ebrei ha portato ad una simpatia naturale per qualsiasi popolo che si confronta con la [[discriminazione]]. Joachim Prinz, presidente del "Congresso ebraico americano", ha parlato dal podio al [[Lincoln Memorial]] durante la famosa [[Marcia su Washington per il lavoro e la libertà]] di [[Washington]] nel 1963, dove ha sottolineato come gli ebrei si identificano profondamente con la [[segregazione razziale negli Stati Uniti d'America]] e la privazione dei [[diritti civili]] afroamericani, ciò essendo "nato dalla nostra dolorosa esperienza storica", inclusa la schiavitù e la segregazione nel [[Ghetto]]<ref>[http://www.joachimprinz.com/civilrights.htm Joachim Prinz March on Washington Speech]</ref><ref>[http://www.crmvet.org/info/mowprog.htm Veterans of the Civil Rights Movement - March on Washington]</ref>.
 
Attualmente, secondo l'[[ebraismo ortodosso]], con le sue riviste ufficiali ''The Forward'' e ''Jewish Quarterly'', la [[schiavitù]] (definita come la sottomissione totale di un essere umano su un altro) è assolutamente inaccettabile nell'[[ebraismo]]<ref><blockquote>"There is little doubt that in terms of the Torah’s value system the exercise of power by one person over another, without their consent, is a fundamental assault against human dignity. ... So slavery is to be abolished. ... [God] wanted slavery abolished but he wanted it to be done by free human beings coming to see of their own accord the evil it is and the evil it does. The God of history, who taught us to study history, had faith that eventually we would learn the lesson of history: that freedom is indivisible. We must grant freedom to others if we truly seek it for ourselves."</blockquote> [[Jonathan Sacks|Sacks, Jonathan]]. [https://www.ou.org/torah/parsha/rabbi-sacks-on-parsha/the_slow_end_of_slavery/ "The Slow End of Slavery."] ''Orthodox Union''. Accessed 21 December 2014.</ref><ref>"History has judged [American Civil War-era Rabbi Morris Jacob] Raphall's defense of slavery poorly. No Orthodox rabbi today would defend his view." Gottlieb, Michah. [http://forward.com/articles/157076/when-orthodoxy-goes-too-far/?p=all "When Orthodoxy Goes Too Far."] ''The Jewish Daily Forward''. 4 June 2012. 21 December 2014.</ref><ref><blockquote>"God is the source of all creation and the arbiter of justice so it is appropriate to submit to his will. Human power and dominion, on the other hand, is always relative, so there is no justification for slavery; no human has the right to enslave another for none has absolute authority."</blockquote> [http://www.jewishquarterly.org/issuearchive/article0eff.html?articleid=368 "Tikkun Olam."] ''[[The Jewish Quarterly]]''. Spring 2008. 18 March 2014.</ref>.
 
== Note ==