Giorgio Levi Della Vida: differenze tra le versioni

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Dal [[1914]] al [[1916]] fu titolare della cattedra di ''[[Lingua araba|Lingua]] e [[Letteratura araba]]'' presso l'[[Istituto Universitario Orientale di Napoli]]; partecipò al [[Primo conflitto mondiale]] con il grado di [[tenente]], svolgendo il ruolo di interprete. Assegnato alla cattedra di ''Filologia semitica'' nell'[[Università di Torino]], vi poté prendere servizio solo alla fine del servizio militare e la tenne fino al [[1919]]. Dal [[1920]] subentrò a [[Ignazio Guidi]] nell'[[Sapienza Università di Roma|Università di Roma]] come docente di ''[[Lingua ebraica|Ebraico]] e [[lingue semitiche]] comparate''.
 
In quegli anni iniziò la collaborazione con alcuni giornali: scrisse sul quotidiano romano ''[[Il Paese]]'', che cessò le pubblicazioni alla fine del [[1922]] dopo che la sede era stata devastata dagli [[squadrismo|squadristi]] [[fascismo|fascisti]]. Lo stesso Levi Della Vida fu a sua volta vittima di un'aggressione da parte dei fascisti. Per invito di Salvatorelli, che ne era condirettore, prese a collaborare con ''[[La Stampa]]'', dove diede testimonianza del clima politico romano nei giorni seguiti alla scomparsa di [[Giacomo Matteotti]]. Ebbe, nell'occasione, contatti con molti esponenti dell'opposizione [[Antifascismo|antifascista]] tra i quali [[Giovanni Amendola]], [[Carlo Sforza]] e [[Claudio Treves]]. Nel [[1924]] divenne presidente dell' [[Unione Nazionale (Italia)|Unione nazionale delle forze liberali e democratiche]], fondata da [[Giovanni Amendola]], e l'anno dopo firmò il [[Manifesto degli intellettuali antifascisti]]. Nelle sue testimonianze autobiografiche dichiarò di non essere mai stato particolarmente interessato all'attività politica, tuttavia di essere stato spinto dalla convinzione che il momento tragico che l'Italia stava attraversando con l'affermazione del [[fascismo]] rendesse necessario che ogni cittadino si assumesse le proprie responsabilità.
 
Negli [[Anni 1920|anni venti]] fece diretta conoscenza con [[Giovanni Gentile]], anch'egli docente a Roma, e iniziò a collaborare con l'[[Enciclopedia Treccani|Enciclopedia Italiana]] come esperto di Semitistica ed Ebraistica.
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Dopo la promulgazione delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]], nel [[1939]] espatriò negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] dove ricevette un incarico di insegnamento presso la [[Università della Pennsylvania]] a [[Filadelfia]] e, quindi, nell'Università di [[San Diego]] in [[California]], alla cui Biblioteca cedette, ancora in vita, il settore arabistico-islamistico della propria libreria.
 
Presente a [[Roma]] il 25 luglio [[1943]], giorno della caduta del fascismo, fu sorpreso dall'occupazione tedesca della città, avvenuta dopo l'8 settembre dello stesso anno. In un primo tempo si rifugiò nella Villa San Francesco a [[Nazzano]], di proprietà di una baronessa (fuggita altrove) e si nascose tra le balle di fieno. Fu tenuto nascosto per qualche tempo e quando poté andarsene, ringraziò con calore la famiglia Alcini che lo aveva aiutato in questo periodo di clandestinità [[I luoghi della guerra – Racconti dalla Sabina, documentario di Maria Teresa De Carolis e realizzato con il contributo della Regione Lazio nell’ambito del progetto 2015-2016 di valorizzazione e promozione degli archivi storici comunali “Storie e microstorie in bassa Sabina nel periodo delle guerre mondiali”.
Trovò poi rifugio presso il Collegio Urbano, un'istituzione cattolica. <!--Nel [[1944]], alla fine di marzo, avvenne il suo [[battesimo]], che segnò la conversione alla [[religione cattolica]]<ref>{{Cita libro |autore = [[Enzo Forcella]] |titolo = La resistenza in convento |città = Torino |editore = Einaudi |anno = 1999 |p = 72 |isbn = 88-06-14880-X}}</ref><--> Dopo la Liberazione di Roma (4 giugno 1944), lo studioso tornò a insegnare Ebraico e lingue semitiche comparate all'università.
 
Tornò ancora a insegnare presso l'[[Università della Pennsylvania]] dal [[1946]] al [[1948]], dove ebbe tra i suoi studenti [[Noam Chomsky]] <ref>{{Cita web|url = http://isreview.org/issue/97/institutional-imperatives-and-neoliberal-madness|titolo = Institutional imperatives and neoliberal madness {{!}} International Socialist Review|accesso = 6 febbraio 2016|sito = isreview.org}}</ref>, prima di stabilirsi definitivamente nella capitale italiana. All'[[Sapienza Università di Roma|Università La Sapienza]] gli fu affidata la cattedra di ''Storia e istituzioni musulmane'' (dal [[1954]] ''Islamistica'') che tenne con altissimo magistero, riconosciutogli unanimemente dai suoi colleghi italiani e stranieri, fino al suo pensionamento nel [[1959]]. Nel [[1947]] fu anche eletto socio dell'[[Accademia dei Lincei]]. Morì a Roma nel [[1967]] all'età di 81 anni, dopo una lunga malattia.
 
A suo nome la [[UCLA|University of California Los Angeles]] ha dedicato una collana editoriale: la ''Giorgio Levi Della Vida Series in Islamic Studies'' e a suo nome lo stesso ateneo assegna ai migliori studiosi della cultura [[islam]]ica il ''Giorgio Levi Della Vida Award''.