Regia Marina: differenze tra le versioni

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== Le origini ==
Con gli accordi del [[1815]] nelpresi al [[Congresso di Vienna]] era stato ridisegnato, l'assetto dell'Europa dopo gli sconvolgimenti della [[rivoluzione francese]] e delle conseguenti [[guerre napoleoniche]], eera stato completamente ridisegnato, il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] era entrato in possesso di oltre 300&nbsp;km di costa ligure, lungo i quali iniziarono a svilupparsi gli interessi marittimi del regno<ref name="Favre13"/>.
La flotta fu affidata al [[barone]] [[Giorgio Des Geneys]], che ne curò il riordino e lo sviluppo, riscuotendo una prima vittoria a [[Tripoli]] il 25 settembre [[1825]], contro il signore della città Jussuf-Bey, in un'operazione mirata a scoraggiare i [[corsari barbareschi]] dall'effettuare scorrerie contro le coste del regno<ref name="Favre13"/>.
[[File:Tuminello, Lodovico (1824-1907) - Cavour.jpg|thumb|upright|Ritratto di Cavour precedente al 1861]]
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== Il primo dopoguerra ==
La fine del conflitto trovò la Regia Marina divisa sul giudizio da da dare ai vari tipi di unità, con diversi partiti interni agli ufficiali (gli ammiragli Millo e Cagni opposti a Thaon di Revel), e sostanzialmente insoddisfatta dei risultati politici ottenuti. Infatti il mito della "vittoria mutilata" fu molto appoggiato in diversi ambienti navali, che avrebbero preferito una aggressiva politica imperialista nei balcani e nel Mediterrano orientale, con annessioni eccedenti a quelle previste dagli accordi internazionali e dalle paci che posero fine al conflitto. In particolar modo in Dalmazia. Politicamente la marina rischiò di uscire dalla sua tradizionale neutralità, molti ufficiali di vascello appoggiarono apertamente i nazionalisti, ed in seguito i fascisti, mentre all'interno dei gruppi militar-industriali della cantieristica privata andava facendosi forte un rapporto con il partito fascista, attraverso la persona di Costanzo Ciano. La Regia Marina quindi non fu particolarmente avversa alla marcia su Roma e tese a sottovalutare l'impatto eversivo del fascismo, nel complesso accettado quando non appoggiando apertamente le sue posizioni navaliste, imperialiste, nazionaliste e belliciste.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, Fascisti sul mare, La Marina e gli ammiragli di Mussolini, Laterza, Bari, 2017, ISBN 978-88-581-2922-7 pp. 42 e ss.}}</ref>
 
Subito prima della presa del potere di Mussolini la Regia Marina era divisa in tre principali correnti di pensiero: i "rivoluzionari" (con il teorico Vincenzo De Feo, ma formata sovente comandani di MAS e di naviglio leggero nel precedente conflitto come Costanzo Ciano), che credevano in una forza armata basata sul naviglio leggero, i MAS, i sommergibili, gli aerei (anche di base a terra, ma della marina) e la guerra di usura, gli "evoluzionisti" (con i teorici Romeo Bernotti, Alberto da Zara e, soprattutto Domenico Fioravanzo, oltre ai gruppi rivali legati tanto all'ammiraglio Millo che all'ammiraglio de Revel ed a giovani ufficiali come Raffaele de Courten), che invece volevano utilizzare le nuove armi (specie l'aviazione navale, anche con le portaerei) in un contesto di flotta bilanciata in ogni sua componente (inclusa sopratutto quella da battaglia) con una grande enafasi sui grossi calibri (e la velocità) piuttosto che sulle armi insidiose e i siluri, e i sostenitori della difesa del traffico, che vedevano cioè nella guerra navale essenzialemente una guerra per mantenere aperte le vie di comunicazioni mercantili (e a danneggiare quelle nemiche) e quindi intendeva privilegiare la costruzioni di unità di scorta e pattugliamento (vedette anti sommergibile, cacciatorpediniere, incrociatori leggeri), con aliquote destinate invece a disturbare il traffico nemico (esploratori, incrociatori leggeri, sommergibili) e a fare attrito navale (MAS, posamine, ecc.), rinunciando però alle navi da battaglia. Anzi le grandi battaglie navali erano giudicate inutili, mentre la scorta ai convogli era considerata centrale. Portavoce di questa terza scuola (minoritaria all'interno della marina, ma molto moderna e simile alla dottrina poi adottata dalla Marina Militare nel corso della guerra fredda) fu l'ammiraglio Giovanni Secchi, ministro della marina dal 1919 al 1921, che iniziò a dare questa impostazione ai primi programmi navali post-bellici, cancellando le corazzate classe Caracciolo, mettendo in riserva le navi da battaglia e favorendo il naviglio leggero e la ricerca tecnologica antisottomarina. L'arrivo al potere del fascismo pose Secchi fuorigioco e puntò ad allearsi con gli ammiragli "evoluzionisti" piuttosto che quelli, già fascisti, "rivoluzionari".<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, I sommergibili del Fascismo, Politica navale, strategia e uomini tra le due guerre mondiali, Unicopli, ISBN 978-88-400-1725-9, pp. 31-46.}}</ref>