Josef Radetzky: differenze tra le versioni

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Quest'ultimo impose feroci provvedimenti di repressione: a fine [[1847]] proclamò lo stato d'assedio e la legge stataria (ovvero “l'autorità di incarcerare, processare ed impiccare entro due ore”); il 2 gennaio, i cattivi sudditi adottarono uno ‘sciopero del tabacco e del lotto' e Radetzky, di sua esplicita iniziativa, distribuì 30 000 sigari alla truppa e la mandò in città a provocare incidenti: solo a [[Milano]] ottenne sei morti e cinquantasei feriti fra la popolazione inerme; a cavallo di gennaio-febbraio ordinò la deportazione, a [[Lubiana]] o [[Linz]], di un bel numero di notabili non austriacanti, quali [[Gaspare Ordoño de Rosales|Rosales]], [[Cesare Stampa di Soncino|Stampa di Soncino]], [[Manfredo Camperio|Camperio]], [[Ignazio Prinetti|Prinetti]], e perfino il moderatissimo [[Cesare Cantù|Cantù]] dovette fuggire a [[Torino]]; il 15 febbraio Radetzky rese ancora più evidenti le proprie preoccupazioni vietando i cappelli “alla calabrese”, divenuti assai popolari dopo la rappresentazione dell'''Ernani'' di [[Giuseppe Verdi|Verdi]] e adottati dai patrioti.
 
Radetzky ebbe, in pratica, mano libera. Spiega il [[Carlo Cattaneo]]: «La vera vittoria del maresciallo era contro il governo civile; era quella d'aver colto il destro di fondare in Italia la sua militare onnipotenza. Accesa la guerra, qual ministerio l'avrebbe potuto richiamare dal suo comando?». La sua inedita preminenza venne plasticamente confermata dalla partenza, il 18 gennaio, dell'[[Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena|arciduca Ranieri]] e del governatore [[JohanJohann Baptist Spaur|Spaur]] «uomo mansueto: Radetzky voleva averci in mano dei suoi [[soldati]]<ref>Carlo Cattaneo, “Archivio trimestrale delle cose d'Italia...”, op. cit.</ref>». La sua sicumera militare, bisogna aggiungere, doveva essere grande.
 
=== Le cinque giornate di Milano ===