Neoclassicismo a Milano: differenze tra le versioni

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{{Approfondimento
|titolo=Leggi edilizie e la ''servitù del Resegone''
|contenuto=Da secoli, pratica comune nelle leggi edilizie è quella di imporre un'altezza massima alla costruzione di edifici, pari all'altezza del campanile più alto della città. È possibile capire da alcune leggi e abitudini del governo austriaco quanto questo fosse attento alla pianificazione e al nuovo aspetto della città. Una legge del [[XVIII secolo]] infatti impose non solo che gli edifici fossero più bassi del più alto campanile della città<ref>Ovvero la guglia maggiore del Duomo</ref>, bensì che gli edifici costruiti nella parte a [[nord]] della città fossero sufficientemente bassi da permettere la vista delle [[Alpi]], da qualsiasi punto si passeggiasse lungo i bastioni[[Mura spagnole di Milano|Bastioni]]<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2008/febbraio/17/Nel_cortile_con_Renzo_Lucia_co_7_080217004.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2008/febbraio/17/Nel_cortile_con_Renzo_Lucia_co_7_080217004.shtml|dataarchivio=pre 1/1/2016|titolo=Nel cortile con Renzo e Lucia|autore=Chiara Vanzetto|editore=Corriere della Sera|accesso=23 dicembre 2011}}</ref>; il che di fatto significava avere edifici di due o al massimo tre piani: tale norma veniva comunemente chiamata ''servitù del Resegone''<ref>Il Resegone è un monte delle prealpi bergamasche, tra le altre cose descritto dal Manzoni nei Promessi Sposi, e da Carducci</ref>. Sempre nella contrada di porta Orientale, due aneddoti lasciano ancora intendere l'attenzione al paesaggio da parte del governo: nel primo caso, nell'attuale piazza Oberdan, al posto di un arco trionfale centrato all'inizio del corso, fu scelta una soluzione con due caselli daziari simmetrici, in modo da non impedire la prospettiva del corso di porta Orientale, che si concludeva proprio su una suggestiva vista delle Alpi. Più curioso invece il secondo aneddoto, secondo cui l'amministrazione cittadina obbligò il conte [[Serbelloni (famiglia)|Serbelloni]], nel costruire il suo nuovo palazzo all'angolo tra il corso e via Senato, ad optare per una soluzione ad angolo smussato, per permettere un più agevole passaggio alle carrozze e migliorare la vista prospettica della via<ref name=Pis37>{{cita|Pisaroni|pg. 37}}</ref>.}}
Tra i principali interventi dell'urbanistica neoclassica, grande peso fu dato alla conversione della cinta muraria, ormai inutile ai fini difensivi, in camminamenti panoramici e alla trasformazione dei precedenti caselli daziari in raffinati monumenti.
 
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Teatro delle più profonde modifiche fu la zona di ''Porta Orientale'', oggi [[Porta Venezia (Milano)|Porta Venezia]], la cui via, fu l'asse privilegiato per i primi lavori di ammodernamento austriaci, giacché situato sulla strada per [[Vienna]]<ref name=Pis25>{{cita|Pisaroni|pg. 25}}</ref>: lungo questa via vennero realizzati i primi giardini pubblici della città, al giorno d'oggi più noti come i [[Giardini Pubblici Indro Montanelli|Giardini di Porta Venezia]].
 
Assegnati ancora una volta i lavori all'architetto di corte [[Giuseppe Piermarini]], in origine i giardini erano previsti in funzione del nuovo palazzo reale che sarebbe sorto nella zona, per poi diventare parte del ''Piano dei Giardini Pubblici'' dopo la decisione di abbellire il palazzo reale già esistente. I giardini, ridimensionati rispetto alla precedente proposta, furono costruiti su un'area di verde ottenuta dalla soppressione di due conventi<ref>Tra i vari abbattimenti andò purtroppo perduta una delle 4 basiliche fondate da Sant'Ambrogio, per la precisione la [[Basilica di San Dionigi (Milano)|Basilica Prophetarum]] o di San Dionigi</ref>, oltre all'acquisizione degli orti della famiglia Dugnani e del Collegio Elvetico: fu creato un vero e proprio sistema di connessione tra il giardino, e le rispettive vie adiacenti, creando vari percorsi di passeggio, come la via che divenne nota come dei ''Boschetti''<ref>Su questi camminamenti, il [[Ugo Foscolo|Foscolo]] ambientò le passeggiate serali di [[Jacopo Ortis]], che in compagnia del [[Giuseppe Parini|Parini]], "passeggiava [...]nel sobborgo orientale della città sotto un boschetto di tigli"</ref>, o la scalinata sull'attuale via Vittorio Veneto che portava dapprima sui bastioni[[Mura spagnole di Milano|Bastioni spagnoli]] e poi all'ingresso del parco<ref name=Pis26>{{cita|Pisaroni|pg. 26}}</ref>. Sebbene l'aspetto attuale del parco sia principalmente dovuta alle risistemazioni tardo ottocentesche, all'inglese, si può ancora notare l'impianto neoclassico piermariniano della passeggiata che collega i ''Boschetti'' con la scalinata su via Vittorio Veneto<ref name=Pis27>{{cita|Pisaroni|pg. 27}}</ref>. Andò invece perduto l'edificio di uno dei due conventi soppressi, dapprima ristrutturato dall'architetto di corte e adibito al gioco del pallone, poi usato per le feste cittadine dal governatore [[Eugenio Beauharnais]] e infine demolito per lasciar spazio al [[Museo civico di storia naturale (Milano)|Museo di Storia Naturale]]<ref name=Pis26/>.
 
A lato dei boschetti è possibile trovare un altro giardino: si tratta del [[giardino della Villa Belgiojoso Bonaparte]]. La villa, commissionata al Piermarini dal conte Barbiano, venne affidata all'allievo [[Leopoldo Pollack]] nel [[1790]]<ref name=Pis27/>; che progettò un edificio dalle forme ispirate alla villa lombarda, con la facciata interna al giardino e quella esterna profondamente diverse. La facciata sulla strada è di realizzazione più semplice: il corpo principale assieme a 2 laterali crea la corte di ingresso, separata dalla strada da tre archi scanditi da [[Ordine ionico|colonne ioniche]]. La parte centrale è decorata da una [[loggia]] leggermente sporgente con [[Ordine dorico|colonne doriche]] che sorreggono [[cornicione]] e [[parapetto|balaustrata]] ornata da statue di divinità pagane. La facciata sul giardino, decisamente più studiata è divisa su due ordini, il pian terreno fatto in [[bugnato]] che sorreggo i due piani superiori, scanditi da colonne doriche [[lesene]], con le finestre separate, in assenza di timpani, da cornici con bassorilievi a soggetto mitologico. Anche in questo caso si possono individuare due corpi di fabbrica laterali, questa volta meno sporgenti e sormontati da [[Timpano (architettura)|timpani]] triangolari con bassorilievi raffiguranti rispettivamente le allegorie de ''Il carro del Giorno'' e ''Il carro della Notte''. Come fece il suo maestro per il [[Teatro alla Scala]], Leopoldo Pollack si fece aiutare da Giuseppe Parini nella scelta dei temi delle decorazioni; tuttavia la novità della villa è l'esser stata concepita in funzione del [[giardino all'inglese]] in cui è immersa<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 28}}</ref>.