Cifrario di Cesare: differenze tra le versioni

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Il cifrario di Cesare prende il nome da [[Cesare|Giulio Cesare]], che lo utilizzava per proteggere i suoi messaggi segreti. Grazie allo storico [[Svetonio]]<ref>''Extant et ad Ciceronem, item ad familiares, id est sic structo litterarum ordine, ut nullum verbum effici posset: quae si qui investigare et persequi velit, quartam elementorum, id est D pro A et perinde reliquas commutet.'' - [[Vite dei Cesari]] (56, I), [[Svetonio]]</ref> sappiamo che Cesare utilizzava in genere una chiave di 3 per il cifrario, come nel caso della corrispondenza militare inviata alle truppe comandate da [[Quinto Tullio Cicerone]]. Al tempo era sicuro perché gli avversari spesso non erano neanche in grado di leggere un testo in chiaro, men che mai uno cifrato; inoltre non esistevano metodi di [[crittanalisi]] in grado di rompere tale codice, per quanto banale.
 
Conosciamo anche altri che usarono questo cifrario al tempo di Cesare: [[Augusto]], suo nipote, lo utilizzava con chiave 1, ma senza ripartire da sinistra in caso di fine dell'alfabeto. Quindi, scriveva B per A, C per B ma Ausava AA per XZ.
 
Dalla scoperta dell'[[analisi delle frequenze]] da parte del matematico [[arabi|arabo]] [[Al-Kindi]] nell'[[XI secolo]] circa, tutti i cifrari di questo tipo sono divenuti molto semplici da rompere; nessuno è adatto per comunicazioni sicure allo stato tecnologico attuale, né lo è stato negli ultimi 1000 anni. Tuttavia, una forma di questo cifrario, chiamata [[ROT13]], è ancora usata oggi per offuscare parti di un messaggio in modo da non renderle immediatamente comprensibili.