Vae victis: differenze tra le versioni

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Secondo lo [[storia|storico]] [[Tito Livio|Livio]] ([[Ab Urbe condita libri]] V,48), sarebbe stata pronunciata da [[Brenno]], capo dei [[Galli]] [[Senoni]] che nel [[390 a.C.]] (o, più probabilmente, nel [[386 a.C.]]) [[Sacco di Roma (390 a.C.)|avevano sconfitto e occupato Roma]]: i Romani stavano pesando su una bilancia l'[[oro]] che avrebbero dovuto versare al Gallo come [[tributo]] di [[guerra]], quando qualcuno fra loro protestò perché i pesi erano truccati. Brenno allora sfoderò la sua pesante [[spada (arma)|spada]] e la aggiunse sul piatto dei pesi (da pareggiare con oro), rendendo quindi il calcolo ancora più iniquo, ed esclamando ''Vae victis'', per significare che le condizioni di resa le dettano i vincitori sulla sola base del diritto del più forte.
 
La tradizione romana tramanda che [[Marco Furio Camillo]], venuto a conoscenza della richiesta di riscatto, tornò velocemente a Roma per affrontare di persona Brenno. Una volta giunto alle bilance gettò anch'egli la propria spada sui piatti, così da compensare il peso della spada del barbaro. Quindi gli si rivolse dicendo: "Non auro, sed ferro, recuperanda est Patria", ossia: "Non con l'oro si riscattadeve riscattare la Patria, ma con illa ferrospada". I Romani, a seguito di quest'episodio e dietro la guida di Furio Camillo, si riorganizzarono, la città venne liberata dai Galli. Il condottiero Romano continuò a inseguire Brenno e i suoi anche oltre i confini di Roma. Brenno fu quindi costretto a rifugiarsi nel nord dell'Italia.
 
== Veridicità dell'episodio ==