Campi per l'internamento civile in Italia: differenze tra le versioni

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La vita nei campi fu difficile, ma il modello adottato (anche per gli ebrei) fu piuttosto quello dei campi di confino; agli internati era concessa una certa libertà di movimento e autonomia organizzativa, e la possibilità di ricevere aiuti e assistenza dall'esterno. Il trattamento fu simile a quello di una prigionia, e non fu affiancato da violenze antisemite fisiche o morali aggiuntive. Gli internati familiarizzarono con le popolazioni locali. Soprattutto gli ebrei non furono consegnati ai tedeschi e non furono soggetti a deportazione nei campi di sterminio.<ref>Elisabeth Bettina, ''It Happened in Italy: Untold Stories of How the People of Italy Defied the Horrors of the Holocaust''. Nashville: Thomas Nelson, 2009.</ref>
 
Le comunità ebraiche italiane si mobilitarono a sostegno dei loro correligionari internati attraverso l'istituzione della DELASEM (Delegazione per l'Assistenza degli Emigranti Ebrei), una società di assistenza per i profughi creata dall'Unione delle comunità israelitiche in Italia il 1º dicembre 1939 con l'assenso del regime.<ref>Sandro Antonini, DELASEM: Storia della più grande organizzazione ebraica di soccorso durante la seconda guerra mondiale, Genova, De Ferrari, 2000, ISBN 978-8871723020.</ref> Durante tutto il primo periodo bellico fino all'8 settembre del 1943 la DELASEM poté svolgere legalmente un'opera fondamentale nell'assistenza dei profughi ebrei, rendendo meno dure le condizioni di vita nei campi, favorendo l'emigrazione di migliaia di internati e quindi sottraendoli di fatto allo sterminio. Poiché nei campi erano presenti anche molti cristiani cattolici ed ortodossi, anche la Chiesa attivo' le proprie organizzazioni caritative a favore degli internati. La rete di rapporti che cosi'così si stabili'stabilì tra la DELASEM ede alcuni vescovi e sacerdoti, sarà decisiva per la continuazione delle attività dell'organizzazione in una condizione di clandestinità dopo l'8 settembre 1943.
 
Per gli slavi invece la situazione fu molto diversa, in quanto essi furono sottoposti ad una vera e propria azione di pulizia etnica nei territori occupati dall'Italia. In alcuni campi la popolazione civile slava fu soggetta a condizioni di vita inumane che portarono alla morte per stenti di migliaia di prigionieri (incluse donne e bambini).<ref>Alessandra Kersevan, ''Lager italiani: pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili per civili jugoslavi 1941–1943'', Roma, Nutrimenti, 2008, ISBN 978-88-88389-94-3.</ref>
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{{Vedi anche|Campi di concentramento della Repubblica Sociale Italiana}}
Dopo l'8 settembre 1943 alcuni dei vecchi ''campi per l'internamento civile'' furono inclusi nella rete dei [[campi di concentramento della Repubblica Sociale Italiana]], gestiti da militari tedeschi e/o milizie repubblichine italiane. La funzione di questi campi era ora cambiata radicalementeradicalmente. Vi transitavano ebrei (senza più alcuna distinzione tra "Italiani" e "stranieri"), nonché prigionieri politici antifascisti, in attesa di deportazione. I convogli partivano quindi dalla [[Risiera di San Sabba]] o da [[Campo di transito di Fossoli|Fossoli]] con destinazione i campi di concentramento e sterminio in Germania e Polonia.
 
== Il periodo post-bellico ==