Patrono: differenze tra le versioni

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Fino al ''Decretum super electione sanctorum in patronos'' di [[papa Urbano VIII]] (23 marzo [[1630]]) la scelta dei santi patroni dei luoghi era operata indistintamente dalla Chiesa e dalle istituzioni civili, talvolta eleggendosi al patronato finanche i santi non canonizzati. Col decreto il pontefice pose fine agli arbitri fino ad allora perpetrati ed impose regole severe per l'elezione dei santi tutori, rendendo obbligatoria l'approvazione pontificia e imponendo un iter che prevedeva il voto ufficiale dell'ordinario diocesano, del clero secolare, di quello regolare e della popolazione del luogo interessato dal patrocinio, per poi trasmettersi l'incartamento alla [[Congregazione dei riti]] per una meticolosa analisi dello stesso.
 
Dalla promulgazione del decreto in poi, la Chiesa non riconobbe i patroni istituiti senza il rispetto della procedura, mentre i patronati preesistenti, eccetto quelli relativi a santi non ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, furono generalmente conservati e considerati ''ab immemorabili''. Si introdusse anche la distinzione, in funzione dei calendari liturgici locali, tra patroni principali (''patronus principalis'' o ''praecipuus'') - da celebrarsi con rito doppio di prima classe, ottava e [[festa di precetto|precetto]] - e patroni secondari (''patronus minus principalis'' o ''secundarius'') - da celebrarsi con rito di seconda classe -, invitando a istituire, dove possibile, solo un patrono principale per luogo, proprio per non complicare la rubrica diocesana con troppe celebrazioni solenni. Laddove comunque risultarono istituiti più patroni precipui, essi furono indicati come ''aeque principales'' (ugualmente principali) o, più raramente, ''compatroni principales'' (patroni principali insieme con altri)<ref>{{Cita libro|autore=Piccinini Maria Rosaria|titolo=Il tempo della festa tra religione e diritto|data=2013|editore=Cacucci Editore|p=81}}</ref>.
[[File:Paolovi.jpg|thumb|upright=0.8|[[Papa Paolo VI]]]]