Ettore Tolomei: differenze tra le versioni

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=== I primi studi e l'irredentismo ===
Nel [[1900]] si trasferì in Italia e nel [[1904]] scalò la cima del ''[[Vetta d'Italia|Glockenkarkopf]]'', in [[Valle Aurina]], che gli studiosi della [[Società Geografica Italiana]] indicavano come il punto più settentrionale della penisola italiana.<ref>Solo nel [[1997]] fu stabilito che il punto più a nord della regione fisica italiana era la [[Testa Gemella Occidentale]], situata poche centinaia di metri più a nord-est.</ref> Sebbene la vetta fosse stata conquistata nel [[1895]] dagli alpinisti austriaci Franz Hofer e Fritz Kögel,<ref>{{cita pubblicazione |cognome=Kögel |nome=Fritz |anno=1897 |titolo=Die Reichenspitzgruppe |rivista=Zeitschrift des Deutschen und Österreichischen Alpenvereins |volume=28 |pp=192 ss. |lingua=tedesco}}</ref> Tolomei affermò di essere il primo a scalare la cima e le diede il nome, carico di significato, di [[Vetta d'Italia]].<ref>{{cita pubblicazione |cognome=Tolomei |nome=Ettore |anno=1905 |titolo=Alla vetta d'Italia. Prima ascensione della vetta più settentrionale della grande Catena Alpina spartiacque |rivista=Bollettino del Club Alpino Italiano |volume=37 |numero=70 |pp=421-423 }}</ref>
 
Forte della sua esperienza internazionale, fu addetto alla direzione generale delle scuole italiane all'estero dal [[1901]] al [[1921]].
 
Nel [[1906]] si stabilì a [[Montagna (Italia)|Gleno di Montagna]], dove già i nonni avevano un fondo, e coi risparmi fatti nel tempo dell'insegnamento all'estero acquistò dalla famiglia Tiefenthaler il maso ''Thalerhof''<ref>già ''Lippen-'' o ''Schönhanslhof'', cfr. Rosa Stocker-Bassi; Georg Tengler, «Häuser- und Höfegeschichte», in Werner Thaler et. al. (a cura di), ''Montan'', vol. 2, Montagna, Fotolitho, 2003, p. 7-110. ISBN 88-8300-023-4 - a pag. 74-76 (con fotografia): ''KG Glen - BP 101 - EZ 38 I - Wohnhaus Nr. 59 Thaler - Theresian. Kataster Nr. 433'' ...''Thalerhof'' (perché dal 1750 al 1873 di proprietà dei Thaler, poi dei Tiefenthaler), già Lippenhof o anche Schönhanslhof.</ref> che venne ristrutturato in linea con lo stile neoclassico caro a Tolomei. Qui fondò la rivista «Archivio per l'Alto Adige», alla quale collaborarono, tra gli altri, [[Pasquale Villari]], [[Carlo Battisti]], [[Graziadio Isaia Ascoli]], [[Angelo De Gubernatis]] e [[Torquato Taramelli]]. La rivista, che è ininterrottamente pubblicata sin da allora, è stata successivamente edita a [[Firenze]], presso l'[[Istituto di Studi per l'Alto Adige|Istituto di studi per l'Alto Adige]]. Dal [[1979]] il nome è leggermente variato in «Archivio per l'Alto Adige. Rivista di studi alpini». Vi compaiono anche saggi in lingua tedesca.
 
Dalle sue pagine Tolomei voleva dimostrare l'italianità della regione e dunque la necessità di porre il confine al [[Passo del Brennero|Brennero]]. Irredentista radicale, comprendeva anche l'importanza strategica dell'Alto Adige e l'opportunità di avanzare il confine italiano fino allo [[spartiacque]] [[alpi]]no. Perciò tacciò di rinunciatarietà i cosiddetti "salornisti" – come per esempio il socialista [[Leonida Bissolati]] –, i quali limitavano le rivendicazioni alla [[Chiusa di Salorno]]. La pubblicazione dell'«Archivio», che alla zona dava il nome del dipartimento napoleonico di cui all'inizio dell'Ottocento faceva parte [[Bolzano]], venne subito sequestrata dalle autorità asburgiche e suscitò violenti contrasti. Ciò contribuì a fargli guadagnare popolarità, soprattutto tra personalità politiche italiane: dietro il tavolo di lavoro di [[Sidney Sonnino]] facevano bella mostra di sé le annate dell<small>'</small>«Archivio».