Castello Cantelmo (Alvito): differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot: fix wikilink, replaced: Sora → Sora (Italia) (2)
FrescoBot (discussione | contributi)
Riga 43:
==== I Cantelmo ====
{{Vedi anche|Cantelmo}}
Dall'arrivo degli angioini nel [[regno di Napoli]] non esistevano più le grosse signorie baronali, alcune delle quali retaggio dell'antica [[Regno longobardo|dominazione longobarda]]. Ogni città aveva il suo signore, generalmente di origine francese, e ricostruire le unità territoriali delle regioni storiche meridionali fu impresa ardua, spesso impossibile. Nell'area a cavallo fra l'[[Abruzzo]] montano e l'alta [[Terra di Lavoro]] si insediò la famiglia francese dei [[Cantelmo (famiglia)|Cantelmo]], che qui ebbero in concessione diverse città dai sovrani di [[Napoli]], ricoprendo poi anche cariche amministrative e burocratiche nei [[giustizierato|giustizierati]] abruzzesi e campani.<ref>Santoro D., ''op. cit.'', vol. I, p. 49.</ref> A svantaggio dei D'Aquino, la famiglia francese accrebbe notevolmente il suo patrimonio, e compare per la prima volta anche nella storia di Alvito, grazie a dei matrimoni combinati dapprima fra Giovanni Cantelmo, figlio di [[Giacomo II Cantelmo|Giacomo II]], con [[Etendard|Angela Étendard]], signora di [[Arpino]], [[Roccasecca]], [[Gallinaro]] e [[San Donato Val di Comino|San Donato]], e quindi fra [[Rostaino II Cantelmo|Rostaino II]] e Margherita di Corban, vedova di [[Adenolfo d'Aquino]] signore di Alvito.<ref name="Ibidem"/> Anche l'unità territoriale cominese era stata perduta; gli [[Stendardo (famiglia)|Étendard]] di Arpino, infatti, avevano ottenuto diversi borghi della [[Valcomino|Valle]],<ref>Vincenti P., ''Historia della famiglia Cantelma'', Napoli 1604, p. 33.</ref> e i D'Aquino non erano più in grado di tutelarvi i propri interessi economici e territoriali, né il bene comune dei locali abitanti. [[Rostaino Cantelmo]], figlio di [[Rostaino II Cantelmo|Rostaino II]] e nipote diretto dei d'Aquino morti nel terremoto del [[XIV secolo]], per via della zia [[Giovanna Cantelmo|Giovanna]], non poté non approfittare di questa confusione amministrativa e, ereditata la proprietà del castello, si preoccupò della sua ricostruzione. Rostaino edificò anche una cinta muraria nuova per Alvito e il palazzo ducale di [[Atina]], ultima residenza nobiliare dopo i crolli del [[XIV secolo|1300]],<ref>Altri membri della famiglia [[Cantelmo (famiglia)|famiglia Cantelmo]] avevano Rostaino per nome; perciò per anni si è fatta molta confusione su chi fosse il proprietario del [[Castello di Alvito]], su chi ne avesse finanziato la ricostruzione, sulla consistenza del patrimonio alvitano della famiglia francese e sulla linea di successione. Il [[Domenico Santoro|Santoro]] riporta una serie di documenti che fanno pensare che il Rostaino, primo feudatario dei Cantelmo di Alvito, sia il figlio di [[Rostaino II Cantelmo|Rostaino II]] e Margherita di Corban, vedova di Adenolfo II signore d'Alvito e che quindi, morto senza eredi, abbia indirettamente lasciato il patrimonio al suo pronipote Rostaino, nipote diretto di [[Giacomo II Cantelmo|Giacomo II]], giustiziere d'Abruzzo. Cfr. Santoro D., ''op. cit.'', vol. I, pp. 56-60.</ref> assicurandosi il controllo di quello che allora era il centro più importante della zona. I lavori iniziarono nel [[1350]] e furono completati probabilmente da [[Giacomo III Cantelmo|Giacomo III]],<ref>Reggente dei tribunali del regno. Mancini A., ''Famiglia Cantelmo'', in «''La storia di Atina''», cit., p. 691.</ref> anche se in alcuni documenti sembra che in realtà l'erede del castello fosse il fratello Rostaino. Da alcuni manoscritti infatti, risulta che costui, usurpati ''manu militari'' i feudi dei [[D'Aquino (famiglia)|D'Aquino]] nella [[Valcomino]], fu multato dal re [[Carlo III di Napoli|Carlo III]] e ancora, a seguito di una ribellione, pare, secondo altre fonti, che per le stesse ragioni gli furono alienate delle proprietà a [[Napoli]].<ref>L'identificazione di questo Rostaino è rafforzata proprio da alcune fonti che ricordano i suoi possedimenti a Napoli. Dice il Vincenti: «Rostainuccio hebbe un assai ricco palazzo nella piazza d'Arco di Napoli, là dove si dice capo di Trio, nel qual luogo erano le case di Rostaino Cantelmo, zio di costui». Evidentemente è lui il Rostaino a cui vennero confiscati i beni, lui il ribelle e lui il nemico dei D'Aquino, almeno il più intemperante. Cfr. Santoro D., ''op. cit.'', vol. I, pp. 59-62.</ref> I nobili francesi avevano comunque sconfinato dall'Abruzzo in Terra di Lavoro e avevano compiuto il primo passo verso la riunificazione dell'antico feudo cassiense tra [[Alto Sangro]] e [[Valle di Comino|Valcomino]]. [[File:Palazzo Ducale Cantelmo di Atina.JPG|left|thumb|Il palazzo ducale di [[Atina]] costruito da Rostaino e Giacomo III.]]{{citazione|Allorché un terremoto mise in pericolo varie parti del Regno, queste annose mura ruinarono e caddero interamente al suolo. Tuttavia Rostaino Cantelmo, chiaro pel nome illustre degli avi, le rifece più belle ed eresse un nuovo Castello e nuove mura. Ma più ancora gli dà rinomanza e gli assicura imperitura fama l'invitta costanza onde mantiene la sua fedeltà. Quando, a difesa del Re d'Ungheria, soldatesche nemiche invadevano il Regno, egli, incurante della sua stessa salute, di danni e di spese personali, serbò a viso aperto la sua onesta promessa. Per tanti meriti il Re e la Regina gli donarono questo Castello che, per la morte di Adenolfo, era rimasto privo del suo Signore. Se chiedi quando ciò accadesse, aggiungi a cinquanta mille e trecento: l'anno in cui il Giubileo aprì le porte del Cielo a tutti i cristiani; se domandi del fondatore, il suo nome è Landolfo.|Antica lapide presso il castello, oggi non più esistente|Dum tremor in terris fuit et generale periclum per varias Regni partes, haec moenia prorsus sunt aequata solo, dederunt annosa ruinam. Ristaysius tamen in melius Vir nobilis ille Guantelmus egregio priscorum Patrum restituit, Castrumque novum nova moenia fecit. Nec minus invictae fidei custodia clarum nunc facit et longe servat praeconia famae. Ungariae Regi, dum Regnum invaderet hostis, publicus iste fuit promissi cultor honesti, nec sibi, nec damnis parcens, nec sumptibus ullis. Huic pro tot meritis Rex et Regina dederunt hoc Castrum, quod tunc Adenulfi morte vacarat. Tempora si quaeris, millenos atque tricenos quinquaginta dabis, coeli dum libera cunctis Ostia christicolis annus iubilaeus habebat. Si petis artificem, Landulfus sit tibi nomen.|lingua = la}}
 
Al [[XIV secolo]] risale la costruzione degli edifici principali, e non essendo più rinvenibile traccia alcuna di strutture preesistenti, è evidente che il maniero fu raso al suolo completamente. All'epoca fu edificata una struttura a pianta quadrata con una torre per ogni angolo.<ref>Santoro L., ''Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli'', Milano 1982, pp. 128-129, 222-223 e 225.</ref> Nello stesso periodo i signori di Alvito si interessarono anche del rafforzamento del castello di [[Picinisco]].<ref>Antonelli D., ''Il Castello medievale di Picinisco'', C & V Published, Sora 1997, pp. 57-58.</ref> Un'interpretazione più recente dell'Antonelli vuole che in realtà prima del terremoto non vi fosse alcuna fortezza e che il ''castrum'' distrutto dal terremoto doveva essere l'intero abitato di Alvito Castello; Rostaino si interessò quindi sia dell'innalzamento di un vero e proprio maniero (''fortilicium'') sul colle di Alvito, che della pianificazione di un nuovo centro abitato, obbedendo in parte ai modelli di incastellamento angioini, in parte alle strutture degli antichi sistemi difensivi rurali normanni.<ref>Antonelli D., ''Alvito dalle origini...'', cit., pp. 260-267.</ref>