La banalità del male: differenze tra le versioni

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== La corte, le condizioni del processo e l'imputato ==
La banalità del male inizia con una disamina delle condizioni sociali all'epoca del processo ad Adolf Eichmann: secondo la Arendt le esigenze politiche influenzarono la credibilità del processo (il [[pubblico ministero]] Gideon Hausner fu condizionato dal primo ministro israeliano [[David Ben Gurion|Ben Gurion]]). Anziché limitarsi a giudicare esclusivamente le azioni dell'individuo Adolf Eichmann, il PM cercò di far sì che la corte (presieduta da Moshe Landau) operasse una disamina generale dell'[[antisemitismo]] nazista; un processo di caratura ben più alta, dunque, che avrebbe aumentato la popolarità di dello stato di [[Israele]] presso gli [[ebrei]] sparsi per il mondo; inoltre avrebbe permesso di mettere in cattiva luce i paesi arabi del [[Medio Oriente]], con cui [[Israele]] era in conflitto, ricordando le loro simpatie per il nazismo. Arendt critica duramente il discorso di apertura tenuto dal pubblico ministero [[Gideon Hausner]], ed in particolare la frase "''noi non facciamo distinzioni etniche''". Nell'opinione dell'autrice, il processo ad Eichmann era fondato proprio sulle distinzioni etniche e religiose: l'imputato era accusato di crimini ''contro il popolo ebraico'' e di crimini contro l'umanità ''commessi sul corpo del popolo ebraico'', oltre ad essere strumentalizzato alla politica del giovane Stato d'Israele.
 
Successivamente, si passa all'esame dell'imputato. Adolf Eichmann, nato a [[Solingen]], in [[Renania-Palatinato|Renania]], nel [[1906]], fu studente poco brillante: si ritirò dalle scuole superiori come da quelle di avviamento professionale. Lavorò come minatore nella compagnia del padre finché questi non riuscì a trovargli un lavoro alla compagnia elettro-tranviaria austriaca. Un suo zio – sposato a un'ebrea – fu amico del presidente della compagnia petrolifera austriaca ''Vacuum,'' e riuscì a convincerlo ad assumere Eichmann come rappresentante.