Ippodromo di Costantinopoli: differenze tra le versioni

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== Storia ==
L'inizio della costruzione dell'ippodromo di Bisanzio si deve a [[Settimio Severo]]<ref name=Dagron334>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 334</ref>.
Oggi dell'antico [[ippodromo]] [[impero bizantino|bizantino]] rimangono pochi resti, ma è ancora visibile una parte dei monumenti che ne decoravano il centro: l'[[obelisco di Teodosio]], la [[colonna Serpentina]] in bronzo, oltre alle vestigia della curva a sud-est. Inoltre, più tardi, vicino al limite settentrionale dell'ippodromo, venne collocata un'opera in pietra, denominata "fontana dell'Imperatore Guglielmo", donata nel [[1901]] dal sovrano tedesco per riparare al dispetto provocato al sultano per avere asportato da Pergamo l'altare di Apollo (ora a Berlino) durante una visita di stato al [[sultano]] [[Abdul-Hamid II]].
 
L'ippodromo fu erettocompletato in forme monumentali da [[Costantino I]] contestualmente alla fondazione della "[[Costantinopoli|Nuova Roma]]".
Le gradinate, inizialmente in legno, nel [[X secolo|secolo X]] furono riedificate in marmo. Nella ''spina'' venne posta la colonna serpentiforme di [[Delfi]]. Successivamente [[Teodosio I]] vi fece trasportare e porre su di un dado in marmo, quale piedistallo decorato da fregi nei quali era lo stesso sovrano a comparire nelle vesti imperiali, l'obelisco egizio di [[Tutmosi III]] proveniente da [[Eliopoli]] (dove era stato eretto intorno al [[1450 a.C.]]). Infine fu costruito un obelisco in muratura, rivestito di lastre di bronzo da [[Costantino VII Porfirogenito]].
 
Con la conquista veneziana di Costantinopoli, durante la [[quarta Crociata]], nel 1204, l'Ippodromo fu abbandonato e divenne una cava di materiali edili per nuovi edifici<ref name=Dagron326>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 326</ref>.
La parte terminale dell'ippodromo, chiamata ''sphendoné'' ovverosia "fionda", era il luogo deputato alle esecuzioni capitali.
Dopo la [[caduta di Costantinopoli]] del 1453 anche gli [[ottomaniOttomani]] non persero mai di vista le attività dell'ippodromo, che continuò la sua doppia funzione di luogo di gara e centro di assembramenti politici, tanto che i disordini proprio qui scoppiati nel [[1909]] causarono la caduta di Abdul Hamit II e la promulgazione della [[Costituzione ottomana]].
 
==Architettura==
Nell'ippodromo si affacciava il ''kathisma'', la tribuna imperiale, direttamente connessa al [[Gran Palazzo|palazzo imperiale]]. Essa era fondamentale per garantire un rapporto diretto tra l'[[Imperatore bizantino|Imperatore]] e il popolo, così come avveniva in precedenza a [[Roma]] con il [[Circo Massimo]] e il [[Colosseo]].
Le gradinate, inizialmente in legno, nel [[X secolo|secolo X]] furono riedificate in marmo. Erano costituite da trenta o quaranta file di gradini<ref name=Dagron332>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 332</ref>.
 
La pista (πέλμα, ''pelma'') era divisa dalla ''spina'', intorno a cui dovevano girare i carri<ref name=Dagron328/>.
L'ippodromo fungeva da specchio dei grandi schieramenti politici della città: alla destra del ''basileus'' sedevano gli esponenti della fazione degli ''Azzurri'', detti "i miserabili", corrispondenti alla parte più povera e rurale della popolazione; alla sinistra i ''Verdi'', ovvero la borghesia cittadina detti "i contribuenti".
 
La ''spina'' era riccamente decorata: all'estremità verso le carceri c'era il cippo degli Azzurri e all'estremità opposta quello dei Verdi: erano costituiti da cilindri di bronzo sormontati da tre sfere<ref name=Dagron329>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 329</ref>.
LeNel gradinate,tempo inizialmentesi inaggiunsero legnoaltri monumenti, nelfra [[Xcui secolo|secoloalcune X]]statue<ref furononame=Dagron329/> riedificatee inpoi marmo.la Nella[[colonna ''spina''serpentina]] venneproveniente posta la colonnadal serpentiformesantuario di [[Delfi]]. Successivamente [[Teodosio I]] vi fece trasportare e porre su di un dado in marmo, quale piedistallo decorato da fregi nei quali era lo stesso sovrano a comparire nelle vesti imperiali, l'obelisco egizio di [[Tutmosi III]] proveniente da [[Eliopoli]] (dove era stato eretto intorno al [[1450 a.C.]]). Infine fu costruito un obelisco in muratura, rivestito di lastre di bronzo da [[Costantino VII Porfirogenito]].
 
Le carceri, poste all'estremità settentrionale dell'Ippodromo, erano i dodici stalli di partenza dei carri. Erano sovrastati da una torre alta 22,76 metri, decorata da una quadriga di bronzo i cui cavalli nel 1204 furono portati a Venezia e posti sopra il portale di [[basilica di San Marco|San Marco]] (cosiddetti [[cavalli di San Marco]])<ref name=Dagron328>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 328</ref>.
 
L'altra estremità dell'ippodromo, chiamata ''sphendoné'' ovverosia "fionda", era la curva più pericolosa ed era anche il luogo deputato alle esecuzioni capitali<ref name=Dagron338>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 338</ref>.
 
Nell'ippodromo si affacciava il ''kathisma'', la tribuna imperiale, direttamente connessa al [[Gran Palazzo|palazzo imperiale]]. Essa era fondamentale per garantire un rapporto diretto tra l'[[Imperatore bizantino|Imperatore]] e il popolo, così come avveniva in precedenza a [[Roma]] con il [[Circo Massimo]] e il [[Colosseo]]. Esso si trovava al centro della gradinata orientale, più vicino alle carceri che alla ''sphendoné''<ref name=Dagron333>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 333</ref>.
 
== Corse e fazioni ==
Ogni corsa consisteva in sette giri della pista e ogni giorno di gare (in genere le festività) si tenevano parecchie corse sia al mattino che al pomeriggio<ref name=Dagron337>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 337</ref>.
Le fazioni che si affrontavano (in greco τάγματα δήμων, ''tàgmata dèmon'') erano quattro, chiamate con il colore delle vesti e dei finimenti: Verdi, Rossi, Azzurri e Bianchi<ref name=Dagron337/>. Di fatto, però, la rivalità fra i Verdi e gli Azzurri era il tema principale delle corse, mentre i Rossi e i Bianchi erano relegati in secondo piano<ref name=Dagron341>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 341</ref>.
 
L'ippodromo fungeva da specchio dei grandi schieramenti politici della città: alla destra del ''basileus'' sedevano gli esponenti della fazione degli ''Azzurri'', detti "i miserabili", corrispondenti alla parte più povera e rurale della popolazione; alla sinistra i ''Verdi'', ovvero la borghesia cittadina detti "i contribuenti". I Bianchi e i Rossi (forse corrispondenti al clero e all'esercito) sedevano al centro del lato lungo occidentale, di fronte al ''Kathisma''<ref name=Dagron349>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pag. 349</ref>.
 
A partire dal regno di [[Teodosio II]] la rivalità fra Verdi e Azzurri uscì dall'ippodromo e coinvolse la religione e la politica, diventandone un elemento strutturale. Da un lato le fazioni saranno il veicolo per esprimere il malcontento popolare e dall'altro gli imperatori cesseranno di essere neutrali e favoriranno l'una o l'altra fazione<ref name=Dagron356>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pagg. 356-9</ref>.
Spesso il destino e le fortune dell'Imperatore erano legate alle gare che si tenevano nell'ippodromo e agli scontri e alle passioni che qui infiammavano le due fazioni, talvolta sfocianti in tumulti così gravi da rovesciare il trono. Famoso l'esempio della [[rivolta di Nika]], che rischiò di porre prematuramente fine alle ambizioni di [[Giustiniano I]].
 
A partire dal regno di [[Maurizio (imperatore)|Maurizio]] i Verdi e gli Azzurri furono anche armati per la difesa dei Costantinopoli dai Barbari, ma anche contro gli usurpatori del trono<ref name=Dagron364>Gilbert Dagron, ''Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 - 451)'', Torino, Einaudi, 1991, pagg. 364</ref>.
Dopo la [[caduta di Costantinopoli]] anche gli [[ottomani]] non persero mai di vista le attività dell'ippodromo, che continuò la sua doppia funzione di luogo di gara e centro di assembramenti politici, tanto che i disordini proprio qui scoppiati nel [[1909]] causarono la caduta di Abdul Hamit II e la promulgazione della [[Costituzione ottomana]].
 
==Resti archeologici==
I viaggiatori europei del Quattro-Cinquecento ammiravano ancora le rovine maestose dell'Ippodromo, che descrissero nei loro diari di viaggio<ref name=Dagron326/>.
 
Oggi dell'antico [[ippodromo]] [[impero bizantino|bizantino]] rimangono pochi resti. In particolare, sono ancora visibili e rimasti al loro posto alcuni dei monumenti che decoravano la ''spina'': l'[[obelisco di Teodosio]], la [[colonna Serpentina]] in bronzo e l'[[obelisco di Costantino Porfirogenito]]<ref name=Dagron326/>.
 
Rimangono, inoltre, le vestigia della curva a sud-est, ovvero le sottostrutture della ''Sphendoné'', e qualche porzione delle gradinate orientali e occidentali<ref name=Dagron326/>.
 
OggiInvece dell'antico [[ippodromo]] [[impero bizantino|bizantino]]non rimangono pochi resti, madel è ancora visibile una parte dei monumenti che ne decoravano il centro: l'[[obelisco'Kathisma'' die Teodosio]],delle lacarceri<ref [[colonnaname=Dagron326/>. Serpentina]]La inposizione bronzo, oltre alle vestigia della curva a sud-est. Inoltre,presunta piùdelle tardicarceri, vicino al limite settentrionale dell'ippodromo, venneè collocatasegnalata dal 1901 da un'opera in pietra, denominatala "fontana dell'Imperatore Guglielmo", donata neldal sovrano tedesco [[1901]]Guglielmo dalII sovranodi tedescoGermania|Guglielmo II]] per riparare al dispetto provocato al sultano per avere asportato da Pergamo l'[[Altare di Pergamo|altare di Apollo]] (ora a Berlino) durante una visita di stato al [[sultano]] [[Abdul-Hamid II]].
 
== Altre immagini ==
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File:Venice - St. Marc's Basilica 10.jpg|I [[Cavalli di San Marco|quattro cavalli di bronzo]] che decorano la [[basilica di San Marco]] a [[Venezia]] e che prima erano nel circo di Costantinopoli.
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==Note==
<references/>
 
== Bibliografia ==