Crono: differenze tra le versioni

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==Crono nelle altre tradizioni mitologiche greche==
* [[Pindaro]] (''Olimpiche'' II,55-83) ci dice che Crono regna sull'Isola dei beati dove dimorano non solo gli Eroi ma anche le anime dei giusti<ref>Evidente l'influenza delle dottrine orfiche, a tal proposito cfr. [[Giulio Guidorizzi]]. ''Il mito greco'' vol.1 Gli dèi. Milano, Mondadori, 2009, p.1182</ref>.
*[[Diodoro Siculo]] ('' Bibliotheca historica'' V, 64 e sgg.) riferisce che secondo i Cretesi, i Titani nacquero al tempo dei Cureti. Essi vivevano nei pressi di [[Cnosso]], erano sei maschi (Crono, Iperione, Ceo, Iapeto, Crio, Oceano) e cinque femmine (Rea, Temi, Mnemosine, Febe e Teti), figli di Urano e di Gea, oppure figli di uno dei Cureti andato in sposo a una certa Titaia da cui essi presero il nome. Ognuno di questi Titani ebbe modo di lasciare un dono prezioso in eredità agli uomini conquistando in questo modo un onore imperituro. Crono, dei Titani il più anziano, fu re, e grazie a lui gli uomini passarono dallo stato selvaggio alla civiltà. Insegnò agli uomini anche ad essere probi e semplici d'animo, questa è la ragione per cui si sostiene che gli uomini al tempo di Crono furono giusti e felici.
* [[Plutarco]] (''Il volto della luna'' XXVI, 940f-942a) narra del viaggio iniziatico del cartaginese Silla condotto verso l'estremo Occidente: a cinquemila stadi dall'isola di [[Ogigia]], questa collocata a cinque giorni di navigazione dalle coste della [[Britannia]], si situano le Isole dei beati dov'è Crono, imprigionato e addormentato da Zeus in una caverna color dell'oro assistito da dèmoni benefici che conoscono i suoi sogni, i quali corrispondono poi alle premeditazioni di Zeus, e li comunicano agli uomini desiderosi di sapere.
* Nella teogonia dei miti [[orfismo|orfici]] Crono non è il secondo signore degli dèi ma il quarto (dopo [[Phanes]], [[Notte (mitologia)|Nyx]] e [[Urano (divinità)|Urano]]), ed è discendente di [[Chronos (Orfismo)|Chronos]].<ref>''Discorsi sacri in ventiquattro rapsodie; Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern''; traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, pp. 313-529.</ref>