Maria Luisa d'Asburgo-Lorena: differenze tra le versioni

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[[File:Coat of arms of the Duchy of Parma under Maria Luigia of Austria.svg|thumb|Lo stemma del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla al tempo di Maria Luigia.]]
 
Nel [[1830]] la [[rivoluzione di luglio]] scacciò per sempre i Borboni restaurati dal trono di Francia. Da lì, la rivolta dilagò anche nel resto d'Europa: nei primi giorni del febbraio 1831 ci furono dei [[Moti del 1830-1831|moti]] nel ducato di Modena e nelle Legazioni apostoliche di [[Legazione apostolica di Bologna|Bologna]], [[Legazione apostolica di Forlì|Forlì]], [[Legazione apostolica di Ferrara|Ferrara]] e [[Legazione apostolica di Ravenna|Ravenna]]. Successivamente fu coinvolta anche Parma. Maria Luigia aveva sempre avuto una visione piuttosto mite nei confronti dei carbonari rispetto a suo padre e al cugino reazionario [[Francesco IV di Modena]].<ref>Riguardo al padre disse: «Mio padre ha in proposito vedute d'una severità ch'io non condivido». Francesco IV, invece, chiamava la cugina «la presidentissima della repubblica di Parma». (Herre, p. 276)</ref> Tuttavia, era Vienna a comandare a Parma, attraverso il barone [[Josef von Werklein]], e non la duchessa regnante. Il 4 febbraio [[1831]] si sollevò [[Bologna]], il giorno successivo fu la volta di [[Forlì]], due città che appartenevano allo [[Stato pontificio]], e pochi giorni dopo anche i parmigiani manifestarono di fronte al Palazzo Ducale col grido: «Costituzione e morte a Werklein!». Non era la rispettata duchessa l'oggetto delle loro proteste; il 12 febbraio Maria Luigia scrisse al padre: «Tra le 6 e le 7 di sera incominciò sulla piazza grande uno strepito terribile, che poi s'incanalò per tutte le vie arrivando fino al Palazzo, dove, accanto a voci di evviva al mio indirizzo, si sono sentite parole scellerate contro Werklein e le autorità».<ref name="Herre 279-280">Herre, pp. 279-280</ref>
 
Furono schierati i cannoni, ma una delegazione di notabili chiese alla duchessa di non far sparare sul popolo. Maria Luigia, che non voleva ricorrere alla violenza, tuttavia non sapeva come agire e decise di lasciare la città, cosa che le fu impedita dai parmigiani, che vedevano in lei la garante dell'accettazione delle loro richieste.<ref name="Herre 279-280"/> Tra il 14 e il 15 febbraio, però, riuscì a lasciare Parma, scortata dai granatieri ducali e dalla neocostituita Guardia nazionale; a Parma nel frattempo si insediava un governo provvisorio affidato al conte Claudio Linati. Da [[Piacenza]] Maria Luigia scrisse al padre di trovare un altro impiego a Werklein, «che non può servire a nulla, ma può nuocere assai».<ref name="Herre 279-280"/> Francesco I mandò le sue truppe e il 2 marzo a [[Fiorenzuola d'Arda]] ci fu il primo e ultimo fallimentare tentativo dei rivoltosi. L'8 agosto la duchessa rientrò nella capitale: i parmigiani erano scontenti, non tanto per il ritorno di Maria Luigia, quanto per la presenza delle truppe austriache in città. Onde evitare altri tumulti, Maria Luigia decise di non condannare i capi dei rivoltosi e il 29 settembre [[1831]] proclamò lei stessa un'amnistia.<ref>Schiel, p. 333</ref>