Giovanni Durando (giurista): differenze tra le versioni

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==Biografia==
Durando fu un magistrato scomodo, figura eclettica e controversa di magistrato e giornalista politico. Entrato nel [[1931]] nell'[[Azione Cattolica]], ne divenne dirigente. Si laureò nel [[1938]], presso l'[[Università di Torino]], in Giurisprudenza, con una tesi in Scienza delle Finanze discussa con [[Luigi Einaudi]]. L'anno successivo si laureò in Scienze Politiche con una tesi in Storia delle dottrine economiche sempre con Einaudi, di cui divenne assistente.
 
Richiamato alle armi con lo scoppio della guerra, partecipò alle operazioni sul fronte occidentale e quindi in [[Albania]]. Pur al fronte, riuscì a vincere il concorso in [[magistratura]]. Rientrato in Italia si laureò anche in Diritto canonico presso il Pontificio Ateneo Lateranense, in Economia e Commercio all'[[Università di Trieste]] ed infine, nel [[1944]], in Filosofia presso l'[[Università di Torino]] (quinta laurea).
 
L'8 settembre [[1943]] era giudice al Tribunale di Asti e aderì alla Resistenza collaborando con la Divisione partigiana monarchica "Asti". Fu membro del C.L.N. della Magistratura piemontese. Alla Liberazione fu nominato Pubblico Ministero presso la Corte d'Assise straordinaria di [[Torino]], dove cercò di evitare vendette e condanne politiche, deplorando gli assassinii a guerra finita da parte di formazioni partigiane comuniste.
 
Dopo il Referendum istituzionale del 2 giugno del [[1946]], ne sostenne l'irregolarità ritenendo che il Governo avesse assunto i poteri del Re prima della proclamazione dei risultati definitivi. Nel [[1948]] conseguì la Libera docenza in Economia politica, docenza che esercitò presso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino fino al [[1969]].
 
Fondò il settimanale "La Voce della Giustizia" che diresse fino al 1962 quando, per effetto delle sue battaglie giornalistiche sgradite non solo alle opposizioni di sinistra<ref>[http://opac.bncf.firenze.sbn.it/opac/controller.jsp;jsessionid=80C1B24131A51B81D31D7201F4E23D76?action=notizia_view&notizia_idn=sbl0253742&query_action=search_bydeweyfilter&query_filterterm=categoria%3Ali&query_position=49&query_maxposition=409&query_orderby=&query_filterterm=categoria%3Ali&query_querystring_1=323&query_fieldname_1=coddewey]</ref>. ma anche al Governo, fu costretto dal [[Consiglio Superiore della Magistratura]] a chiuderlo. Molti noti studiosi collaborarono al settimanale e all'associazione che ne nacque, tramutatasi poi in un movimento politico di centro-destra ([[Gioacchino Volpe]], [[Niccolò Rodolico]], [[Piero Operti]], ecc.)<ref>"Il Corriere Lombardo", 26 marzo 1956; "Discorso al cinema Durini del prof. Giovanni Durando, presidente dell'Unione Nazionale Forze Indipendenti", in "Il Corriere d'Informazione", 26 marzo 1956.</ref>. La sua ideologia monarchica e le sue prese di posizione espresse anche in altri vari giornali ("Gazzetta del Popolo", "Il Conciliatore", "Il Borghese", ecc.), lo rendevano infatti inviso alle Autorità e a parte della Magistratura. Nel 1954 fu chiamato da [[Giovannino Guareschi]] a collaborare a "Candido" dove tenne la rubrica "Dei Delitti e delle Pene". In occasione del noto processo a Guareschi per la pubblicazione di alcune lettere attribuite a De Gasperi, sostenne l'autenticità delle stesse<ref>"ta-pum"(bollettino Associazione Amici di Guareschi), 2003.</ref>.
 
Le sue posizioni controcorrente gli procurarono vari nemici con denunzie e processi disciplinari e non, che ebbero ampia risonanza mediatica, dai quali uscì sempre assolto. Si ricordano, in proposito: il processo per aver accusato gli attentatori di via Rasella di essere i responsabili della rappresaglia tedesca, su denuncia di Cino Moscatelli, Franco Antonicelli, Vittorio Foà<ref>G. Saragat, "Contro le provocazioni del processo Kappler i partigiani insorgono con sdegnate proteste" in "Mondo nuovo", 26 giugno [[1948]]; M. Passoni, "La voce della giustizia l'avrà il pubblico ministero, in "L'Avanti", 24 giugno 1948.</ref>; per aver vilipeso le Forze Armate della Liberazione<ref>"Nuovo vergognoso rinvio del processo Durando", in "L'Unità", 25 maggio [[1950]]; "Al Tribunale di Milano un magistrato", in "L'Avanti", 16 giugno [[1950]]; "Il giudice Durando in Tribunale per vilipendio della Resistenza", in "La Gazzetta del Popolo", 16 giugno 1950; con analoghi titoli e in stessa data: in "Il Tempo, "Il Messaggero", ecc.</ref>; per aver denunciato lo scrittore Paolo Monelli e "La Stampa"; quello, su denuncia del rabbino capo Toaff, per aver sostenuto sul bollettino dell'Unione Monarchica Italiana di Genova, "Fedeltà Monarchica", l'accusa di deicidio contro gli ebrei, fatta propria per secoli dalla Chiesa cattolica, ecc.. Tutte queste "avventure" giudiziarie che coinvolgevano un magistrato, fecero scalpore e ne fecero una figura di spicco dell'Italia di allora, noto soprattutto negli ambienti intellettuali ''di destra''<ref>[http://www.istitutobiggini.it/perestroikarasi.pdf Istituto Biggini]</ref>
 
Dopo la conclusione positiva dei vari processi, venne trasferito dal Tribunale di Asti a quello di Torino. Nel 1974 fu promosso consigliere di Cassazione e quindi Presidente di Sezione. Continuò a presiedere a Torino una Sezione della Commissione Tributaria, infine, andato in pensione, iniziò la professione di avvocato della Sacra Rota, scontrandosi spesso, per il suo atteggiamento in difesa della tradizione, con varie autorità ecclesiastiche. Pur rimanendo nelle associazioni cattoliche, vide con comprensione le posizioni di monsignor [[Marcel Lefebvre]] e dei suoi seguaci, cercando una conciliazione<ref>"Conosco le Sue idee, che, naturalmente, molto mi interessano. (C'è ancora posto in Piemonte per un De Maistre?)": Indro Montanelli, in "Il Giornale", 19 luglio 1976.</ref>. In effetti il papa Benedetto XVI ritirò poi la scomunica comminata da Paolo VI. Fu presidente dell'associazione "Una voce" per il mantenimento del latino nella liturgia<ref>F. Monassero, "In memoria di Giovanni Durando", in "Una Vox", 2000, n. 9.</ref>