Tathāgata (devanagari तथागत) — cinese 如来, Rú lái), giapponese Nyorai (如来?), coreano Yeorae (여래), vietnamita Như Lai, tibetano de-bZhin-gShegs-pa — è una parola sanscrita e pāli che si può tradurre come "Colui che così viene" o "Colui che così va"; questa ambiguità è generalmente interpretata come voluta e il termine è tradotto con "colui che viene e va allo stesso modo (di tutti i Buddha)". Tathāgata è infatti il nome con cui il "Buddha storico" Śākyamuni (Siddhartha Gautama) indica sé stesso nelle raccolte dei suoi sermoni (gli Āgama-Nikāya), e allo stesso modo viene indicato dai suoi interlocutori, per evidenziare lo stato ontologico raro e indefinito di un essere pienamente illuminato, che è al di là dell'esistenza e della non-esistenza, di fatto al di là di ogni stato esprimibile con parole.

Nei sutra mahāyāna indica anche altri buddha.

Così venuto / Così andato

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Il termine Tathāgata può essere letto come tathā-gata o come Tathā-āgata, dove il primo significa "così andato" mentre il secondo significa "così venuto". Questa differenza rappresenta un'importante dicotomia nella tradizione buddista: Tathāgata come "così andato" implica che un Buddha è un pioniere e che il compito del fedele è di seguirlo e di trarne ispirazione e guida, giungendo infine col conseguirne lo stesso stato di conoscenza e di liberazione; Tathāgata come "così venuto" (questa versione traducono il cinese Rú lái e il giapponese Nyorai), d'altro canto, implica che un Buddha viene a salvare gli esseri senzienti e a offrirgli rifugio, e ciò che è richiesto al fedele è preghiera e devozione.

Tra le varie scuole, l'Amidismo segue il secondo approccio; la maggior parte delle scuole, però, adotta un ibrido dei due approcci.

Al Buddha era spesso domandato se il Tathāgata esiste ancora dopo la morte oppure no. A questa domanda egli rispondeva che il Tathāgata non poteva essere identificato in vita, tanto meno lo poteva essere una volta morto[1]. Inoltre né il gruppo dei cinque costituenti dell'esistenza può essere considerato il Tathāgata, né è possibile trovare il Tathāgata al di fuori di questi fenomeni corporei e mentali. Ossia, esistono si i fenomeni corporei e mentali, ma sono dei fenomeni cangianti e impermanenti, effimeri e privi di sé. In questo senso il Tathāgata è "così andato [oltre]": grazie alla saggezza e alla conoscenza conseguita con l'aver penetrato la più intima natura dell'esistente egli è andato oltre all'apparente, alla corporeità e alla concettualità dell'essere.

  1. ^ Così ad esempio in Saṃyutta Nikāya XXII, 85, 86

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