Utente:DarioCarza/Sandbox

Eva Colombo modifica

Eva Colombo nasce a Parabiago il 24 Luglio del 1916, figlia di Emilio Tranquillo e Adele Magni

 
Eva Colombo, al centro con la bandiera del Comando dell'Oltrepò Pavese, durante la manifestazione del 6 maggio 1945

Biografia modifica

Il padre Emilio (1886-1966), meglio conosciuto con lo pseudonimo di Filopanti[1],  ferroviere anarco sindacalista fu, sin dalla prima ora, fiero oppositore del Fascismo. Al momento dell’occupazione Tedesca aderisce alla Resistenza con una prima esperienza nei GAP per poi trasferirsi nell’Ossola dove parteciperà ai più sanguinosi combattimenti contro i nazi-fascisti e dove rivestirà, nel breve periodo della Repubblica Partigiana dell’Ossola 10/09-23/10 1944, la carica di Capo della Polizia.

Nel dopoguerra diverrà funzionario del PCI e prenderà parte nel Novarese alle lotte bracciantili di cui sarà la testa.

Sarà Emilio, abbandonato dalla moglie nel 1926, ad occuparsi di Eva e degli altri due figli. Tuttavia, il suo spirito ribelle e le sue idee politiche lo condussero più volte ad essere licenziato ed arrestato. Costretto a continui spostamenti, morirà nel 1966 all’Ospedale Sant’Anna di Como.

Eva vive quindi una giovinezza ricca di tribolazioni e l’influenza di una personalità paterna così marcata segnerà inevitabilmente la sua educazione.

Compie studi modesti -scuola complementare- e vivrà con il padre e i fratelli sino al 1937 quando incontra Jonio Salerno che sposerà nel 1939. Nello stesso anno Jonio verrà richiamato nell’esercito ove rimarrà sino all’autunno del ’40 quando, su richiesta dell’azienda bellica per la quale aveva già lavorato, verrà fatto rientrare in servizio e trasferito a Firenze seguito da Eva.

Nell’autunno del 1941 Jonio è di nuovo richiamato nell’esercito. Eva resterà invece a Firenze sino al 25 Luglio del 1943 quando si trasferirà a Milano presso la madre del marito, fervente antifascista la cui casa costituiva un punto di ritrovo ed un florido consesso di discussioni per tutti gli oppositori, milanesi e non, del regime[2].

È in questo periodo milanese che Eva riallaccia i contatti con il padre che, dopo l’8 Settembre, quale militante del PCI cui aveva aderito, era entrato in contatto con la nascente Resistenza partecipando alle prime azioni delle formazioni GAP. Padre e figlia discutono della volontà di Eva di entrare a sua volta nella Resistenza. Il padre le prospetta i rischi. Insieme rompono gli indugi ed Eva prende contatto con i gruppi organizzati del PCI impegnati nella lotta al nazi-fascismo.

Nei primi mesi del 1944 Eva inizia la sua attività di staffetta di collegamento tra Milano e le formazioni Partigiane della Valtellina ed è alla fine dell’estate dello stesso anno che durante una delle sue missioni verrà arrestata e quindi condotta e rinchiusa nel carcere di Sondrio, dove subirà pesanti percosse e sevizie[3]. Verrà trasferita nel carcere di Como dove le verrà riservato il medesimo atroce trattamento per poi essere definitivamente tradotta a San Vittore a Milano nel braccio gestito dai Tedeschi la cui destinazione finale si risolveva nella fucilazione o nell'internamento nei campi di concentramento tedeschi. È qui che Eva conoscerà la compagna Partigiana “Sandra” Onorina Brambilla detta Nori[4] moglie del valoroso e celebre protagonista della Resistenza torinese e milanese, di cui fu organizzatore dei GAP, Giovanni Pesce, medaglia d’Oro al valor militare.

In questo stesso periodo il Comando dei Partigiani dell’ Oltrepò Pavese ed il Comando di Piazza Tedesco intrecciano trattative per uno scambio di prigionieri. Eva rientra nello scambio e viene liberata nei primi giorni di Novembre, passando attraverso il Carcere di Novi Ligure ove venne consegnata al Comando stesso, in cambio del rilascio di due fascisti e di un ufficiale tedesco.

Ecco allora che la storia di Eva si intreccia con la resistenza dell’Oltrepò (e con la valorosa amica di una vita Dina Croce) cui si aggrega agli inizi di novembre, giusto in tempo  per subire gli effetti del grande rastrellamento messo in atto dai nazi-fascisti (23 Novembre) che per  tutto il mese successivo provocò il quasi totale blocco delle attività partigiane. Eva, rintanandosi per molti giorni nelle “buche”, trovò scampo e riuscì a sfuggire all’atroce rastrellamento.

Tante sono le testimonianze ed i riscontri storici dell’importanza dell’attività svolta da Eva, la ragazza coraggiosa che assomiglia a una bella indiana d’America (cit. Paolo Murialdi)[5], nell’Oltrepò Pavese.  Eva, infatti, collaborerà sino all’insurrezione finale dell’aprile 1945 fungendo da collegamento tra il Comando unificato dell’Oltrepò acquartierato a Zavattarello e il CLNAI di Milano ed accompagnando su e giù tra Milano e l’Oltrepò il partigiano Riccardo.

È proprio con il Comando unificato dell’Oltrepò di stanza a Zavattarello alla guida delle 4 Divisioni[6] sotto il comando dapprima di Domenico Mezzadra -l’Americano- e successivamente di Italo Pietra –Edoardo- che Eva nei giorni dell’insurrezione scende in pianura. Il gruppo Partigiano liberata Voghera, Broni, Casteggio e Stradella entrerà a Pavia nella giornata del 25 Aprile, “anche il comando di 2000 Partigiani va a piedi. Siamo circa 15 uomini e 2 staffette, Susi e Dina” (cit. Paolo Murialdi)[7].

 
Castello di Pavia: Eva Colombo, seduta in prima fila (in basso al centro; alla sua destra Dina Croce), tra i Partigiani dell'Oltrepò Pavese subito dopo la Liberazione

Il gruppo trascorrerà la notte del 25 Aprile al castello di Pavia e ripartirà nel tardo pomeriggio del giorno successivo alla volta di Milano dove sarà la prima divisione in assoluto a fare la propria entrata in città. In questa occasione insieme ad Eva ritroviamo anche i Partigiani Edoardo e Riccardo. Quest’ultimo agli ordini di Walter Audisio”Valerio” si recherà a Dongo e nella giornata del 28 aprile prenderà parte alla fucilazione dei gerarchi fascisti.

Eva sfilerà a Milano nella grande manifestazione del 6 Maggio del 1945 e sarà proprio lei la porta bandiera della formazione  Partigiana dell’Oltrepò Pavese, così come attestato da una fotografia scattata in quell'occasione.

Eva ritroverà quindi Jonio. 

Jonio, che dopo l’8 settembre 1943 era entrato come volontario nel Corpo Italiano di Liberazione partecipando assieme agli alleati alla liberazione dell’Italia risalendo dal sud, testimonia che entrando in Bologna, dopo la liberazione della città avvenuta il 21 aprile, sente cantare alla radio la canzone Partigiana “Fischia il vento”. La voce gli rimane  impressa. Scoprirà poi il motivo: la canzone non era stata infatti intonata da una vera cantante. Ad intonarla fu la sua Eva che partecipò all’occupazione degli studi EIAR di Milano.

È bene ricordare che la voce narrante in quelle stesse prime trasmissioni della Milano liberata era quella di Enzo Biagi.

Nella seconda metà di Maggio, Eva verrà smobilitata ed uscirà dai ranghi delle formazioni Partigiane. Dopo la Liberazione lavorerà dapprima come segretaria al CLNAI a Milano e  successivamente nell’ANPI Provinciale e Nazionale.

Presterà in seguito servizio come segretaria alle Cooperative regionali e sarà attiva politicamente nel PCI-zona Citta Studi

Nel 1995 si trasferisce con Jonio ad Agrate Brianza. Qui morirà il 25 Novembre 2004 ove riposa nel locale camposanto.


[1]Pseudonimo di Giuseppe Barilli (Quirico Filopanti), Budrio, 1812 - Bologna 1894: Di famiglia povera, riuscì a laurearsi in Matematica; per amore della classicità nel 1837 cambiò il nome e divenne Quirico Filopanti. Con Garibaldi partecipò alla II Guerra d'Indipendenza e nel 1867 alla spedizione di Mentana. Dal 1876 fu eletto deputato nelle file del Partito Repubblicano. Morì povero in ospedale.

[2] È d’obbligo qui ricordare Gilberto Salerno, fratello di Jonio, assassinato nel Maggio del 1944 dai fascisti a Milano in Foro Bonaparte. Una targa lo ricorda tutt'oggi alla Loggia dei Mercanti.

[3] Una testimonianza in questo senso di Eva stessa nel libro biografia del padre  “Filopanti, Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano”  di Cesare Bermani , pag. 97

[4] L’11 Novembre 1944 Sandra verrà trasferita nel lager di Bolzano. Verrà liberata il 29 Aprile 1945.

[5] Paolo Murialdi, il Partigiano Paolo, laureato in giurisprudenza, cominciò a fare giornalismo nel 1939 lavorando presso Il Secolo XIX. Partigiano, dal 1946 collaborò con alcune testate locali milanesi finché nel 1950 non venne assunto dal Corriere della Sera, dove rimase fino al 1956. Successivamente passò al Giorno, dove divenne amico di Giorgio Bocca e Gianni Brera e dove viene nominato redattore centrale. Nel 1974 divenne presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, incarico che ricoprì per sette anni. Dal 1986 al 1990 è il tesoriere della FSI mentre nel 1993 è consigliere di amministrazione della RAI. Docente universitario di storia del giornalismo e di comunicazione di massa in diverse Università e scuole professionali, negli ultimi tempi insegnò scienze della comunicazione all'università di Torino. Fondatore della rivista trimestrale Problemi dell'informazione nel 1976 (di cui fu anche direttore), Murialdi fu anche autore di alcuni libri di successo: nel 1974 pubblicò una monumentale "Storia del giornalismo" edita da Laterza, mentre due anni dopo diede alle stampe il racconto lungo "La traversata. Estate 1943 - Primavera 1945", pubblicato da Il Mulino.

[6] Rispondevano, infatti, al Comando unificato VI zona Oltrepò due divisioni Garibaldine, la Aliotta comandata da” Americano”, la Gramsci comandata da Luchino Dal Verme “Maino”, la divisione di  Giustizia e Libertà Masia e la divisione Matteotti Valle Versa “Barni”comandata da Cesare Pozzi “Fusco”.

[7] "La traversata. Estate 1943 - Primavera 1945", pubblicato da Il Mulino.