Utente:Fidelio750/Sandbox

Giorgio di Nicomedia modifica

Giorgio di Nicomedia è stato l'archivista di Santa Sofia e ha vissuto verso la fine del IX° secolo. Fu inoltre intimo amico di Fozio di cui fu anche un fervente sostenitore. Venne da quest'ultimo nominato metropolita di Nicomedia nell'860 a seguito della deposizione di Ignazio. Venne deposto dalla sua sede dopo il Concilio dell'869 per poi riprederne il possesso alla morte di Ignazio. Sottoscrisse gli Atti del Concilio che riposero Fozio sul trono patriarcale. Non si conosce la data della sua morte ma ciò che invece sappiamo è che è stato un grande predicatore in quanto vengono a lui assegnate ben 170 omelie di cui solo 10 sono state pubblicate. Quest'ultime sono tutte dedicate alla figura della Vergine Maria ad eccezione di una rivolta invece ai martiri Cosma e Damiano[1].

Opere modifica

Le prime quattro omelie sono state realizzate in occasione del concepimento di Anna. La prima è principalmente dedicata all'elogio delle figure dei genitori di Maria, Anna e Gioacchino, mentre le altre tre sono dedicate al tema della Presentazione al tempio della Vergine[2]. Altre due, ovvero "Maria ai piedi della croce" e "Maria al sepolcro" danno risalto al ruolo di mediatrice dell'Immacolata e al suo essere Madre spirituale dell'umanità. Queste due, in particolare, manifestano la profonda sensibilità dell'autore nei confronti della Theotòkos[3]. L'autore ha inoltre realizzato diversi inni per celebrare in particolare la presentazione di Maria al Tempio, la sua natività e il suo grande potere di intercessione presso Dio.

Omelia "Maria ai piedi della croce" modifica

Quest'opera fonda l'intera struttura sul tema dell'economia della salvezza che raggiunge la sua acme nella santissima croce divenuta sorgente di vita eterna per l'intera umanità. Nella rappresentazione dell'autore viene esaltata la figura del Cristo benefattore dell'umanità intera e, in particolare, di coloro che lo riconoscono come figlio di Dio e sono fedeli alla sua parola.


"Cosa mai noi abbiamo visto di più eccelso e di più luminoso dell'odierno mistero, per mezzo dl quale siamo stati strappati dagli infimi e tenebrosi penetrali dell'inferno e portati nella dimora celeste che splende di perpetua luce? Per mezzo del quale, deposto il vergognoso velo del peccato, abbiamo indossato la splendida veste dell'adozione a figli di Dio? Infatti, noi che eravamo stati condannati abbiamo riacquistato la libertà; noi che eravamo soggetti alla passione, ora viviamo serenamente; noi che a causa della morte eravamo tenuti stretti dai ferrei lacci della morte, siamo stati trasportati in una vita che dura eternamente. Perciò mentre per noi la presente solennità è splendente di luce e carica di dignità, invece essa è tremenda e terribile per i Giudei che si sono macchiati della colpa! Ad essi reca la vergogna, a noi la pienezza della luce! Ad essi l'espiazione per il deicidio, a noi il godimento della conoscenza di Dio! Ad essi l'afflizione, a noi una gioiosa esultanza! Essi si sono macchiati di sangue omicida, a noi invece appartiene la benemerenza!"[4].


Grande phatos si percepisce nella dettagliata descrizione degli scherni a cui è sottopone il Cristo per obbedienza alla volontà del Padre e la profonda sofferenza di Maria, sopportata con perseveranza, mediante il sostegno della grazia di Dio.


"Viene schiaffeggiato da una mano scelleratissima, colui che con mano invisibile contiene l'intera realtà creata! Colui che migliaia di angeli osannano, diviene oggetto di scherni e di insulti! Colui che adorna l'uomo con una corona di grazie, cinge sul capo una corona di spine! [...] Chi mai, dunque, potrebbe contare i numerosi colpi in questa circostanza attraversarono il cuore della Madre? Chi potrebbe narrare a parole le sue indescrivibili sofferenze? Eppure la Vergine si mostrò costantemente tetragona ai colpi e superiore alle pene che la natura le infliggeva, sebbene l'ardente amore per il Figlio, l'eccessiva empietà e la pazza temerarietà delle macchinazioni intentate, costituissero per lei la causa di un insopportabile dolore"[5].

Secondo l'autore la Vergine è presente in ogni circostanza. Anche quando viene celebrato il miracolo eucaristico nel corso dell'Ultima Cena. Questa viene rappresentata ai piedi della croce con il viso rigato dalle lacrime. Nell'evento della passione di Cristo sottolinea la sua docilità che si rispecchia in quella del figlio il quale nell'azione di riscattare l'umanità peccatrice affida sua madre al discepolo prediletto costituendola come Madre di tutta l'umanità. Le svela così il grande mistero della sua passione insieme al suo inestimabile valore salvifico. Maria consapevole di tale mistero va alla ricerca di luogo che possa ospitare degnamente il corpo di Cristo e con queste parole si rivolse a Giuseppe D'Arimatea.

"E quando dopo attenta ricerca ebbe trovato il sepolcro adatto, era infatti nuovo, il luogo intorno ad esso era sicuro e piacevole a vedersi: in quel tempo vi si estendeva un orto che, comunque, dava al posto un tono di decoro, ella chiese di chi fosse e se il proprietario fosse persona conosciuta. Venne a sapere che il possessore era un amico, uno di quelli che frequentavano assiduamente i discepoli, ma che per paura di quegli uomini omicidi si era mantenuto fino allora nascosto [...] La Vergine allora si recò da lui, gli espose il suo bel piano e gli chiese di far seppellire nel suo sepolcro colui che era la vita di tutti [...] Deponi il suo corpo; raccogli quel tesoro del mondo, che ti sta dinnanzi [...] Coraggio; vinci quel generale atteggiamento di timidezza e di viltà e recati [da Pilato] per chiedere di prendere il corpo di Gesù"[6].

Particolarmente toccante poi in cui l'autore immagina le parole della Madre rivolte al figlio deposto dalla croce che è anche l'uomo Dio. Anche in questo caso il dolore della Madre si unisce alla ferma certezza che la morte del Cristo sia soltanto il preludio della rinascita spirituale dell'umanità. Sarà infatti la Vergine a dare l'annuncio della risurrezione.

"Ecco, Signore, si è adempiuto pienamente il prestabilito mistero! Ecco: la tua inenarrabile pazienza è ormai posta sotto gli occhi di tutti! Infatti ora giaci corpo senz'anima, tu che a tutti somministri lo spirito vitale! Ora tegno privo di vita, colui che solo ieri, amore mio carissimo, stringevo tra le braccia! Del quale udivo le dolcissime parole! Del quale andavo fiera per le sue vivificanti parole! Ora invece bacio le membra immobili e coperte di piaghe di colui che sana le inguaribili ferite della natura; di colui che per la guarigione di tutti è stato coperto di lividiture! Ora stringo la muta bocca e le silenziose labbra di colui che ha dotato di ragione l'intera natura! Di colui che ha posto l'uomo sulla terra come essere vivente munito di parola! Ora bacio gli occhi chiusi di colui che diede il potere di vedere; di colui che con un suo ordine ridonò ai ciechi la luce degli occhi! Oh, se ora potessi ascoltare la tua dolcissima voce! Oh, se potessi vederti dire qualcosa! Se di nuovo potessi ascoltare le tue amabili parole! Ma, anche se ora questo non è possibile, tuttavia molto presto mi sarà concesso di vederlo nella risurrezione, quando umano, parlerai affabilmente con colei che ti ha generato"[7].

Omelia "Maria al sepolcro" modifica

Questo scritto ha inizio con un grido di gioia, segno della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. È necessario quindi "far risuonare il canto di vittoria a colui che per sempre ha dissolto la guerra [...] a colui che ha messo in catene il potente principe di questo mondoe, come bottino, gli ha strappato le anime sulle quali da sempre esercitava il suo potere"[8]. Il tratto della gioia e dell'esultanza sono alla base di quest'omelia che è di fatto un inno di lode a Dio. Ed è per il tramite di Maria, mediatrice di tutte le grazie, che l'umanità può godere totalmente dei frutti della risurrezione.

"Una voce di esultanza oggi faccia da proemio alla nostra azione di grazie. Una voce di letizia riecheggi e preluda ai sacrifici di ringraziamento per la risurrezione del mondo intero. Una voce dal suono squillante di tromba elevi in modo conveniente l'inno di lode per la luminosa gioia dell'odierna festività [...]

Oggi infatti è stata abbattuta la sua invincibile tirannide!

Oggi il Re delle potenze celesti, unito alla carne assunta, è venuto a combattimento con l'avversario e lo ha definitivamente prostrato liberando dalla tremenda schiavitù la creatura che egli aveva plasmato!

Oggi, rendendo vuoti i terribili e tenebrosi luoghi infernali, ha trasferito in suo potere coloro che erano avvinti dalla tirannide!

Oggi l'autore della nostra vita è divenuto il primogenito dei morti e per noi ha rimesso a nuovo la via che conduce all'immortalità!

Oggi egli riconcilia i cieli con la natura delle realtà terrene (cf. Fil 2, 10) ed ha assegnato una splendida e divina dimora al genere umano, che si trovava segregato in un luogo di tristezza.

Oggi lo splendidissimo Sole di giustizia, inviando i raggi della sua risurrezione, ha inondato di incomparabile luce sia la bellezza dei cieli sia l'ordinata disposizione delle realtà terrene.

Oggi, parlando alle donne che portavano gli oli profumati con un tono di voce dolce e carico di immensa gioia, ha divelto dalle radici e completamente distrutto le sofferenze del genere umano!"[9].

Bibliografia modifica

  • AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989.
  • Bouvy E., La fète de l'Eisodos ou de la Prèsentation de la Vierge dans l'Eglise Greque, in "Bessarione", 1, (1896-1897).
  • O’Carroll M., Theotokos. A Theological Encyclopedia of the Blessed Virgin Mary, Glazier, Wilmington 1986.
  1. ^ AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 741.
  2. ^ Bouvy E., La fète de l'Eisodos ou de la Prèsentation de la Vierge dans l'Eglise Greque, in "Bessarione", 1, (1896-1897), pp. 555-562.
  3. ^ O’Carroll M., Theotokos. A Theological Encyclopedia of the Blessed Virgin Mary, Glazier, Wilmington 1986.
  4. ^ Giorgio di Nicomedia, "Maria ai piedi della croce" in AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 744.
  5. ^ Giorgio di Nicomedia, "Maria ai piedi della croce", in AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 748.
  6. ^ Giorgio di Nicomedia, "Maria ai piedi della croce", in AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 760.
  7. ^ Giorgio di Nicomedia, "Maria ai piedi della croce", in AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 762.
  8. ^ AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, p. 743.
  9. ^ Giorgio di Nicomedia, "Maria ai piedi della croce", in AA. vv., Testi Mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma, 1989, pp. 764 - 765.