Biografia

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Tradizionalmente nelle fonti si indica Afidna, città attica, come patria e Sparta, città del Peloponneso, come città in cui il poeta visse abbastanza abbastanza a lungo da ottenerne la cittadinanza. L'origine spartana è oggi l'opinione prevalente in base ai contenuti, allo stile e ai particolari formali [1].

Frammenti

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«...barricati dal cavo degli scudi, divisi nei tre ordini, Pamfili, Illei, Dimani,
e palleggiando frassini omicidi, affidando agli dèi perenni l'esito di tutto,
obbediremo a chi comanda...
Poi calcheremo subito compatti il suolo, affrontando guerrieri armati d'asta
e salirà di qua di là fragore orrendo, al cozzo degli studi rotondi sugli scudi
...
ai colpi di pietroni smisurati si leverà dagli elmi fulgidi un tintinnio...»


La prima guerra messenica (Fr. 5 West)

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(GRC)

«ἡμετέρῳ βασιλῆι, θεοῖσι φίλῳ Θεοπόμπῳ,
ὃν διὰ Μεσςήνην εἵλομεν εὐρύχορον


Μεσσήνην ἀγαθὸν μὲν ἀροῦν, ἀγαθὸν δὲ φυτεύειν


ἀμφ’ αὐτῷ δ’ ἐμάχοντ’ ἐννεακαίδεκ’ ἔτη
νωλεμέως αἰεί, ταλαςίφρονα θυμὸν ἔχοντες,
αἰχμηταὶ πατέρων ἡμετέρων πατέρες·
εἰκοστῷ δ’ οἳ μὲν κατὰ πίονα ἔργα λιπόντες
φεῦγον Ἰθωμαίων ἐκ μεγάλων ὀρέων.»

(IT)

«Al nostro re, caro agli dei, Teopompo
sotto la cui condotta noi prendemmo la vasta Messenia


Messenia, buona invero ad arare e buona a piantarsi


intorno ad essa combatterono per diciannove anni
sempre, senza interruzione, con animo coraggioso,
i guerrieri, padri dei nostri padri.
E nel ventesimo anno, lasciati i pingui campi,
quelli fuggivano dalle alte cime dell'Itome.»

Dulce et decorum (fr. 10 West)

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(GRC)

«τεθνάμεναι γὰρ καλὸν ἐνὶ προμάχοισι πεσόντα
ἄνδρ᾽ ἀγαθὸν περὶ ᾗ πατρίδι μαρνάμενον·
τὴν δ᾽ αὐτοῦ προλιπόντα πόλιν καὶ πίονας ἀγροὺς
πτωχεύειν πάντων ἔστ᾽ ἀνιηρότατον,
πλαζόμενον σὺν μητρὶ φίλῃ καὶ πατρὶ γέροντι
παισί τε σὺν μικροῖς κουριδίῃ τ᾽ ἀλόχωι.
ἐχθρὸς μὲν γὰρ τοῖσι μετέσσεται οὕς κεν ἵκηται,
χρησμοσύνῃ τ᾽ εἴκων καὶ στυγερῇ πενίηι,
αἰσχύνει τε γένος, κατὰ δ᾽ ἀγλαὸν εἶδος ἐλέγχει,
πᾶσα δ᾽ ἀτιμίη καὶ κακότης ἕπεται.
†εἰθ᾽ οὕτως ἀνδρὸς τοι ἀλωμένου ούδεμί᾽ ὤρη
γίνεται οὔτ᾽ αἰδὼς οὔτ᾽ ὀπίσω γένεος,
θυμῶι γῆς περὶ τῆσδε μαχώμεθα καὶ περὶ παίδων
θνήσκωμεν ψυχέων μηκέτι φειδόμενοι. ὦ νέοι, ἀλλὰ μάχεσθε παρ᾽ ἀλλήλοισι μένοντες,
μηδὲ φυγῆς αἰσχρῆς ἄρχετε μηδὲ φόβου,
ἀλλὰ μέγαν ποιεῖσθε καὶ ἄλκιμον ἐν φρεσὶ θυμόν,
μηδὲ φιλοψυχεῖτ᾽ ἀνδράσι μαρνάμενοι·
τοὺς δὲ παλαιοτέρους, ὧν οὐκέτι γούνατ᾽ ἐλαφρά,v μὴ καταλείποντες φεύγετε, τοὺς γεραιούς.
αἰσχρὸν γὰρ δὴ τοῦτο, μετὰ προμάχοισι πεσόντα
κεῖσθαι πρόσθε νέων ἄνδρα παλαιότερον,
ἤδη λευκὸν ἔχοντα κάρη πολιόν τε γένειον,
θυμὸν ἀποπνείοντ᾽ ἄλκιμον ἐν κονίηι,
αἱματόεντ᾽ αἰδοῖα φίλαις ἐν χερσὶν ἔχοντα ‒
αἰσχρὰτά γ᾽ ὀφθαλμοῖς καὶ νεμεσητὸν ἰδεῖν ‒
καὶχρόα γυμνωθέντα: νέοισι δὲ πάντ᾽ ἐπέοικεν,
ὄφρ᾽ ἐρατῆς ἥβης ἀγλαὸν ἄνθος ἔχηι,
ἀνδράσι μὲν θηητὸς ἰδεῖν, ἐρατὸς δὲ γυναιξίν,
ζωὸς ἐών, καλὸς δ᾽ ἐν προμάχοισι πεσών.
ἀλλά τις εὖ διαβὰς μενέτω ποσὶν ἀμφοτέροισι
στηριχθεὶς ἐπὶ γῆς, χεῖλος ὀδοῦσι δακών.»

(IT)

«Giacere morto è bello, quando un prode lotta
per la sua patria e cade in prima fila.
Abbandonare la città, le sue campagne
opime, e mendicare, vagolando
con la madre diletta, il padre vecchio,
i bimbi, la cara sposa, è la cosa più turpe.
Dove giunga sarà come un nemico l'esule,
vittima del bisogno e dell'odiosa
miseria. E insozza la sua stirpe, guasta la figura,
ogni infamia lo segue, ogni viltà.
Se per chi va così ramingo non v'è cura,
non v'è rispetto o riguardo o pietà,
combattiamo animosi per la patria, e per i figli moriamo.
E non si lesini la vita.
Via, combattete gli uni accanto agli altri, giovani, non date abbrivo a fughe turpi, al panico,
fatevi grande e vigoroso l'animo nel petto, bandite il gretto amore della vita,
ché la lotta è con uomini; non lasciate, fuggendo, chi non ha più l'agilità: gli anziani.
E' uno sconcio che un vecchio cada in prima fila e resti sul terreno innanzi ai giovani,
con quel suo capo bianco e il mento grigio, e spiri l'animo suo gagliardo nella polvere,
con le mani coprendo le pudende insanguinate (spettacolo indecente, abominevole),
nuda le carni: nulla c'è che non s'addica a un giovine finché la cara età brilla nel fiore.
Da vivo, tutti gli uomini l'ammirano, le donne l'amano; cade in prima fila: è bello.
Resista ognuno ben piantato sulle gambe al suolo, mordendosi le labbra con i denti.»

Alcuni frammenti sono invece di dubbia autenticità. Ad eccezione degli embaterî, di autenticità molto dubbia, Tirteo ricorda molto Callino per linguaggio, stile e contenuto; la virtù che però esalta Tirteo non è la stessa virtù eroica di Omero ma quella di un cittadino che difende la sua pòlis.

Eunomia

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L' Eunomia, scritta durante la seconda guerra messenica, servì ad esortare gli Spartani a ricordare l'origine divina della città e ad aver fede nella saldezza delle istituzioni cittadine. L'autenticità dell' Eunomia è indubbia, ad eccezione del frammento 3 Bergk, attribuito anche all'oracolo di Delfi da Diodoro Siculo [2].

Esortazioni

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Nelle Esortazioni sono presenti varie tecniche e diversi gradi di aderenza alle condizioni storiche; sarebbe tuttavia un errore dividere le elegie in due gruppi, seconda della presenza di elementi storici e locali.

Canti di guerra

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Per quanto riguarda gli Embateri, sappiamo che le truppe spartane marciavano cantando i cosiddetti "versi di Tirteo", attribuiti a lui per questo e non per caratteri tali da legittimare l'attribuzione [3].