Il Persiano
Commedia
Banchetto finale
AutoreTito Maccio Plauto
Titolo originalePersa
Lingua originaleLatino
GenereCommedia latina
Ambientazionetra due case ad Atene
Composto nel196 a.C. circa
Personaggi
  • Tossilo, schiavo
  • Sagaristione, schiavo amico di Tossilo
  • Dordalo, ruffiano
  • Lemniselene, cortigiana di Dordalo, amante di Tossilo
  • Sofoclidisca, schiava di Lemniselene
  • Saturione, parassita
  • Figlia di Saturione
  • Pegnio, schiavetto di Tossilo
 

Persa (in italiano Il Persiano) è una commedia scritta dal commediografo latino Tito Maccio Plauto. Si tratta di una commedia che senz'altro è stata scritta durante la fase di maturità di Plauto.

Come quasi ogni commedia plautina, nonostante ci siano dei problemi riguardo all'identificazione della data di stesura del testo, si ipotizza che ciò sia avvenuto intorno al 196 a.C.. Questo perché nel testo sono presenti molti riferimenti storici inerenti al suddetto periodo storico; ne sono un esempio quello del v. 100 al collegio triumvirale degli Epulones, istituito nel 196 a.C., quello dei vv. 339-40 ai re Filippo e Attalo, che si sono scontrati nel 197 a.C., e quello dei vv. 433-36, che sembrano alludere ai ludi (giochi) Romani del 197.[1]

La commedia è completamente incentrata su schiavi, eccetto per il lenone e il parassita, il che è una novità dal punto di vista strutturale, in quanto un servo recita la parte dell'innamorato e apre la commedia con un monologo personale tipico dell'adulescens (giovane innamorato). In virtù di ciò, il ruolo dell'innamorato e del servus callidus (servo scaltro) coincidono.

Il titolo della commedia prende nome da uno degli attori dell'inganno ordito dal protagonista Tossilo: l'amico Saturione si traveste da persiano per vendere una falsa ragazza araba. Presumibilmente il titolo si riferisce a questa frase di Tossilo nei vv. 676-77:

(LA)

«Audin tu, Persa? ubi ab hoc argentum acceperis, simulato quasi eas prosum in navem.[2]»

(IT)

«Lo senti, Persiano? Quando ti sarai messo in tasca il denaro preso da lui, fingi di andartene dritto dritto al tuo vascello.»


Personaggi modifica

  • Tossilo: è sia il servus callidus, sia il giovane innamorato della commedia, cosa che suscitava nel pubblico romano divertimento e coinvolgimento. Essendo il padrone lontano, egli si prende tutte le libertà, prima tra tutte quella di liberare la sua amata. È molto astuto, intelligente e furbo e ne è la prova la sua capacità di escogitare l'intricato piano per incastrare Dordalo al fine di recuperare i soldi spesi per l'acquisto di Lemniselene.
  • Lemniselene: è la cortigiana di Dordalo e l'amante di Tossilo; in seguito al pagamento di Tossilo, diventa libera e, seppur svincolata dal suo ex-padrone, al termine della commedia è l'unica a difendere le ragioni di Dordalo in nome della pace.
  • Dordalo: è il lenone, anche chiamato ruffiano. Compra, vende e affitta fanciulle al fine di prostituirle; è anche presuntuoso, diffidente, ignorante e stolto. La sua ignoranza ha culmine con l'acquisto della fanciulla, non accorgendosi dell'inganno, e con la sua presentazione al banchetto finale, dove viene deriso.
  • Sagaristione: è uno schiavo, amico di Tossilo, e il classico aiutante del protagonista nella commedia plautina. Perciò è molto affidabile e generoso. Odia lo schiavetto di Tossilo e farebbe di tutto per insegnargli il rispetto nei confronti dei più anziani.
  • Saturione: chiamato anche Panciapiena[3], è il parassita simpatico e lo scroccone, che per cibo non esita a far finta di vendere la propria figlia per la realizzazione del piano di Tossilo. Elogia in alcuni versi la sua discendenza ed è orgoglioso delle virtù attribuite a questa.
  • Sofoclidisca: è la cameriera di Lemniselene e serva di Dordalo; è alquanto astuta e intraprendente, ma non ha un ruolo rilevante nella commedia. Il suo personaggio acquista un ruolo comico solamente nella discussione con Pegnio, dal quale emerge la sua antipatia per il ragazzo.
  • Pegnio: chiamato anche Giocarello[4], è il piccolo schiavetto di Tossilo, impertinente e pestifero; ha un ruolo comico nella commedia essendo sempre il primo a creare le basi per un litigio. Nonostante la bassa altezza e l'esile corporatura, è molto agile e acrobatico.
  • Figlia di Saturione: è saggia, moralista, parla in modo forbito e soprattutto recita la parte dell'araba senza dire troppe bugie. Ella vorrebbe opporsi ai propositi del padre, per salvare la propria reputazione in vista di un matrimonio futuro. Tuttavia, risulta alquanto abile nell'elaborare risposte ambigue per non farsi scoprire dal ruffiano Dordalo.

Trama modifica

 
Maschera satira del Museo Capitolino, Roma

Approfittando dell'assenza del padrone, Tossilo si reca dal lenone Dordalo per comprare la sua amata cortigiana di nome Lemniselene. Per questo, chiede il denaro necessario a Sagaristione, un suo amico, che, dopo qualche giorno, glielo fornisce generosamente. In questo modo Tossilo libera velocemente Lemniselene. Per recuperare il denaro speso, Tossilo convince Dordalo ad acquistare una fanciulla persiana, avvisandolo che, se il padre della fanciulla l'avesse reclamata, lui sarebbe stato costretto a restituirla. La fanciulla era in realtà la figlia di Saturione travestita. Tossilo intanto escogita con il parassita Saturione, padre della ragazza, di far travestire quest'ultimo da persiano, per riprendersi la figlia. Così Saturione, arrivato sulla scena per riprendersi la figlia, minaccia Dordalo di portarlo in tribunale per commercio illegale di ragazze. Tossilo infine festeggia con tutti i suoi amici davanti a casa e Dordalo, intrufolatosi nella festa, finisce deriso, beffato e bastonato.

Atto I (vv. 0-167) modifica

Personaggi presenti sulla scena
  • Tossilo
  • Sagaristione
  • Saturione

Tossilo apre la commedia con un monologo, nel quale ammette di non voler combattere con Amore, quindi di dover assolutamente trovare i soldi per comprare Lemniselene. Incontrato Sagaristione, invoca il suo aiuto chiedendogli le seicento monete necessarie. Quest'ultimo non è in grado di trovare una soluzione immediata al problema dell'amico, ma promette di fare il possibile; così i due si congedano. Trovatosi a cena con Saturione, Tossilo gli chiede, in cambio dell'ospitalità offertagli, di fingere di vendere la propria figlia al ruffiano Dordalo, travestendola da persiana; in poco tempo potrà andare a reclamare la figlia. Tossilo suggerisce al parassita di cercare i vestiti dagli edili, dai quali si reca subito dopo.

Atto II (vv. 168-328) modifica

Personaggi presenti sulla scena
  • Sofoclidisca
  • Lemniselene
  • Tossilo
  • Pegnio
  • Sagaristione

Lemniselene e la sua serva Sofoclidisca escono dalla casa di Dordalo discutendo dell'intenso amore tra la prima di queste e Tossilo. Sofoclidisca prova pena per l'amica, così si fa consegnare il messaggio da dare a Tossilo e s'incammina. Intanto, anche Tossilo affida un messaggio per la sua amata a Pegnio. Così facendo, Pegnio e Sofoclidisca si incontrano nella piazza e, dopo aver discusso animatamente a proposito del contenuto delle tavolette a loro sconosciuto, ognuno se ne va per la propria strada. Consegnate le tavolette a Lemniselene, Pegnio incontra Sagaristione con il quale litiga, poiché non aveva intenzione di rivelargli dove Tossilo si trovasse. Sagaristione riesce tuttavia a trovare Tossilo, gli consegna il denaro richiesto e viene condotto in casa, in modo da aiutare l'amico a preparare la trappola per il ruffiano.

Atto III (vv. 329-448) modifica

Personaggi presenti sulla scena
  • Saturione
  • Figlia di Saturione
  • Dordalo
  • Tossilo

Saturione spiega alla figlia, già vestita da persiana, ciò che avrebbe dovuto dire nella messa in scena ai danni di Dordalo, ma ella non è d'accordo su quello che dovrà fare, perché potrebbe ripercuotersi sulla sua vita futura. Intanto Tossilo consegna a Dordalo i soldi pattuiti per comprare la sua amata, ma prima di darglieli si prende un po' gioco di lui.

Atto IV (vv. 449-752) modifica

Personaggi presenti sulla scena
  • Tossilo
  • Dordalo
  • Sagaristione
  • Figlia di Saturione
  • Saturione

Tossilo torna a casa dalla figlia di Saturione e da Sagaristione, che interpreterà il ruolo di venditore, per accertarsi che tutto sia come previsto. Poi, tornato dal ruffiano e accertatosi che Lemniselene fosse già andata via, cerca di convincerlo a comprare una bellissima fanciulla da poco arrivata in città, facendogli leggere un messaggio falso inviato dal padrone di Tossilo. Dordalo, nonostante fosse titubante poiché se il padre della ragazza l'avesse reclamata avrebbe dovuta restituirla, decide di incontrarla davanti alla sua dimora e, seguendo il consiglio di Tossilo, le fa alcune domande riguardo alla sua vita; così Dordalo rimane colpito dalla bellezza e dalla loquacità della ragazza e accetta di acquistarla, dando in tal modo inizio all'inganno contro se stesso. Mentre il ruffiano entra in casa per prendere i soldi, Saturione, travestito per la recita, raggiunge il gruppo e reclama la ragazza. Dordalo allora, sebbene si fosse accorto di essere vittima di un inganno, rimane costretto a restituire la fanciulla al padre, minacciato di esser portato in tribunale.

Atto V (vv. 753-858) modifica

Personaggi presenti sulla scena
  • Tossilo
  • Dordalo
  • Sagaristione
  • Lemniselene
  • Pegnio

Dopo aver ingannato Dordalo, Tossilo organizza una festa a casa sua. Dopo ore di festeggiamenti, lo stesso Dordalo si presenta alla festa adirato per il raggiro subito. Al contrario di ogni aspettativa, viene invitato ad unirsi al banchetto. Il ruffiano però verrà preso in giro dal giovane Pegnio, il quale poi rischierà di essere bastonato dal ruffiano. Dopo qualche bicchiere di troppo, tutta la compagnia incomincerà a deriderlo animatamente su consiglio di Tossilo e, in seguito alle ripetute percosse, Dordalo è costretto ad accettare la propria sconfitta.

Argumentum modifica

Come in diciotto tra le commedie di Plauto, anche questa presenta un argumentum acrostico in versi, per riassumere la trama. Le iniziali di ogni verso costituiscono il titolo della commedia. Gli argumenta delle commedie in realtà non sono stati creati da Plauto, bensì da Aurelio Opillo, vissuto in età cesarea e autore anche dei prologhi plautini.[5]

(LA)

«Profecto domino suos amores Toxilus
Emit atque curat leno ut emittat manu;
Raptamque vi emere de praedone virginem
Subornata suadet sui parasiti filia,
Atque ita intricatum ludit potans Dordalum.»

(IT)

«Partito il suo padrone, Tossilo compra l'innamorata
E s'adopera perché il lenone le restituisca la libertà.
Rifila per giunta a costui l'idea di comprare da un pirata una verginella da questo rapita,
Subornando la figlia del suo parassita perché reciti questa parte.
Alla fine, sbronzandosi, sbeffeggia Dordalo caduto nella pania[6]»

Questo primo argumentum è stato ritrovato nei codici Palatini, mentre un secondo argumentum è stato scoperto nei codici Ambrosiani, ma i resti sono malridotti e di conseguenza di difficile ricostruzione. Si sono conservate solo poche lettere, perciò ogni tentativo di comprensione è stato vano.[7]

Ambientazione modifica

 
Antica Agorà di Atene

La commedia si svolge attorno a una delle piazze principali di Atene, tra le case di due dei protagonisti: quella di Dordalo, nella quale avviene la compravendita delle cortigiane, e quella dove dimora Tossilo, lasciatagli in cura dal padrone per lungo tempo. Anche se non descritta né nominata esplicitamente, un'esigua parte della commedia è ambientata nella casa del parassita Saturione, dove, nella scena in questione, discute con la figlia.

Espedienti comici modifica

  • La comicità della commedia deriva innanzitutto dal fatto che è incentrata completamente sulla cerchia degli schiavi, che si beffano del lenone e che provano sentimenti come tutti gli altri personaggi.
  • Altri elementi comici derivano sicuramente dal linguaggio volgare utilizzato da alcuni personaggi della commedia.
(LA)

«Sagaristio: Scelerate, etiam respicis?
Paegnium: Scio ego quid sim aetatis; eo istuc maledictum inpune auferes.
Sagaristio: Ubi Toxilus est tuus erus?
Paegnium: Ubi illi libet, neque te consulit.
Sagaristio: Etiam dicis ubi sit, venefice?
Paegnium: Nescio, inquam, ulmitriba[8] tu.»

(IT)

«Sagaristione: Disgraziato, ti vuoi voltare?
Pegnio: Lo so quanti anni ho, e quindi te la passerai liscia per questa offesa.
Sagaristione: Dov'è Tossilo, il tuo padrone?
Pegnio: Dove gli pare: non deve chiedere il tuo parere.
Sagaristione: me lo vuoi dire sì o no, avvelenatore?
Pegnio: Non lo so, te l'ho detto, razza di fiacca-frusta.[9]»

(LA)

«Toxilus: Oh, lutum lenonium, commixtum caeno sterculinum publicum, inpure, inhoneste, iniure, inlex, labes popli, pecuniae accipiter avide atque invide, procax, rapax, trahax..
Dordalus: Sine respirare me, ut tibi respondeam. Vir summe populi, stabulum servitricium, scortorum liberator, suduculum flagri, compedium tritor, pistrinorum civitas, perenniserve, lurco, edax, furax, fugax, cedo sis mi argentum?»

(IT)

«Tossilo: Oh, melma ruffianica, letamaio pubblico impastato di sudiciume, zozzone, svergognato, traditore, fuori legge, rovina della gente, sparviero voglioso ed invidioso dei nostri soldi, procace rapace strappace..
Dordalo: Lasciami respirare e ti rispondo! O grand'uomo, rifugio di ogni servitù, affrancatore di prostitute, tu che fai sudare le sferze e logorare le catene, cittadino della città delle mancine, servo perpetuo, pappone, sbafatore, rapinatore, disertore, me li vuoi dare questi soldi?[10]»

  • Espedienti comici si ritrovano anche nell'inganno nei confronti di Dordalo. Con questo scambio di battute, Plauto riassume nel nome del persiano tutta la trama della commedia.
(LA)

«Dordalus: Quid est tibi nomen?
Sagaristio: .. quod at te attinet[11]
Dordalus: Quid attinet non scire?
Sagaristio: Ausculta ergo, ut scias: Vaniloquidorus Virginisvendonides Nugiepiloquides, Argentumexterebronides, Tedigniloquides, Nugides, Palponides, Quodsemelarripides Numquameripides. Em tibi!
Dordalus: Eu hercle, nomen multimodis scriptumst tuum.
Sagaristio: Ita sunt Persarum mores; longa nomina contortiplicata habemus.»

(IT)

«Dordalo: Qual è il tuo nome?
Sagaristione: .. che ti riguarda
Dordalo: Come, non mi riguarda saperlo?
Sagaristione: Ascolta allora, e lo saprai: Chiacchieravuotodoro Venditordiragazzide Contaballide Trapanatord'argentide Dicoquelchetimeritide Ballide Palponide Quelchet'hopreside Nonteloripiglipiùride! Ecco qua.
Dordalo: Ehilà, per Ercole, ce ne vuole per scrivere il tuo nome!
Sagaristione: È l'uso persiano: abbiamo nomi lunghi, e tutti ingarbugliati.[12]»

  • Infine, la comicità deriva dalla scena finale, nella quale un ragazzetto giovanissimo, Pegnio, si beffa del lenone, deridendolo e schernendolo, dandogli schiaffi su tutte le parti del corpo e bastonandolo.

Metateatro modifica

Il metateatro, detto anche "teatro nel teatro", è una forma di recitazione attraverso la quale i personaggi interagiscono con il pubblico rompendo l'illusione scenica. Un altro tipo di metateatro è l'esplicitare che l'azione che si sta compiendo in quel momento fa parte di una rappresentazione teatrale. Nel testo sono presenti alcuni elementi che riprendono il metateatro, cosa molto frequente in commedie e rappresentazioni teatrali di Plauto.

(LA)

«Neque illi qui faciunt mihi placent. Planen loquor?...»

(IT)

«Non mi piacciono quelli che lo fanno. Dico bene?...»

[13]

(LA)

«Trecentis versibus tuas inpuritias transloqui nemo potest!»

(IT)

«Non si potrebbero elencare tutte le tue porcherie neppure in trecento versi!»

[14]

(LA)

«Qui illum Persam, atque omnis Persas, atque etiam omnes personas Male di omnes perdant!...»

(IT)

«Che gli dei mandino in malora quel persiano, e tutti i persiani, e anche tutti i personaggi della commedia!...»

[15]

(LA)

«An med hic parum exercitum hisce habent?»

(IT)

«Non vi pare che questi qua mi abbiano tormentato abbastanza?»

[16]

(LA)

«Spectatores, bene valete. Leno periit; plaudite.»

(IT)

«Spettatori, salute. Il lenone è morto, e voi applaudite.»

[17]

Riferimenti Romani modifica

La commedia ci consente di esaminare da vicino un notevole numero di derivazione romana; infatti, solo l'ambientazione e alcune interiezioni e modi di dire sono legati al mondo greco. Questo accade in quasi tutte le commedie plautine, dal momento che Plauto è stato un commediografo romano.

Magistrature modifica

  • Il triumvirato: inserito nel I atto per sottolineare che, quando qualcuno cita in giudizio un altro uomo, quest'ultimo ha a sua volta la possibilità di citare in giudizio colui che lo ha citato. Saturione evidentemente, per averli nominati, pensava che entrambe le persone citate avrebbero ottenuto una pena.
  • L'albo pretorio: citato sia nel I che nel IV atto, è tipico del mondo politico romano. Infatti, il pretore amministrava la giustizia a Roma, mentre l'albo era la tavola su cui erano scritte le leggi del magistrato.
  • I magistrati: nominati nel I atto da Saturione in un suo monologo, si occupavano degli affari dello stato all'interno del mondo romano. In particolare Saturione afferma che non spetta a lui prendere le decisioni, infatti per questo esistono i magistrati.
  • L'edile: nominato nel I atto, si occupava anche di preparare spettacoli.[18] Tossilo si riferisce precisamente a questa funzione dell'edile, dal momento che risponde al parassita Saturione alla domanda riguardante il luogo in cui trovare i vestiti per la sua beffa.

Cultura generale modifica

  • La decuria: questo termine è lo specifico romano per indicare la cooperazione di dieci persone.[19]
  • La libbra: unità di misura nominata da Sofoclidisca per ipotizzare il peso di Pegnio.[20]
  • La cauzione: nominata nel IV atto, è uno degli usi giuridici romani. Dordalo ne parla riguardo all'acquisto della persiana.[21]
  • Giove: dio romano che nella mitologia greca è chiamato Zeus; nella commedia è nominato come invocazione.
 
Bicchieri d'argento di derivazione romana, Museo di Napoli
  • L'erario: nominato sempre in un monologo da Saturione nel I atto per esplicitare che colui che denuncia un malfattore, ha diritto ad un premio in denaro, di cui verserà la metà alle casse dello stato, cioè l'erario.
  • Il circo: nominato da Pegnio nel II atto per indicare la metafora del correre come lo struzzo nel circo, che fu inventato dai romani.
  • La crocifissione: nominata diverse volte all'interno della commedia (da Pegnio e da Saturione nel II atto e due volte da Dordalo nel V atto), è notoriamente una tipica condanna introdotta dai romani. Nella commedia è usato come motivo di insulto all'interlocutore con uno sfondo comico.
  • Il patibolo: riferimento presente nel II atto, sempre usata come motivo di insulto a sfondo comico.
  • Il magister bibendi: si occupava di gestire le azioni dei convitati. A Roma si usava bere alla sua salute e quindi brindare tante volte quante erano le lettere del suo nome.[22] Nella commedia si brinda sette volte, come sette è il numero delle lettere che compongono il nome Tossilo.

Note modifica

  1. ^ Edizione a cura di Ettore Paratore, Plauto, le commedie, Persa, Poenulus, Pseudolus, Grandi Tascabili Economici Newton
  2. ^ Plauto, p.95
  3. ^ Plauto
  4. ^ Plauto
  5. ^ Plauto e l'arte della risata: http://www.liceomericianum.it/Materiali%20prof/Lostaffa/Plauto%20e%20l'arte%20della%20risata.pdf
  6. ^ Plauto
  7. ^ Plauto, p.13
  8. ^ Letterarmente: "tu che logori gli olmi"
  9. ^ Edizione a cura di Maurizio Bettini, Oscar Classici Greci e Latini, Arnoldo Mondadori Editore
  10. ^ Edizione a cura di Maurizio Bettini, Oscar Classici Greci e Latini, Arnoldo Mondadori Editore
  11. ^ Testo parzialmente corrotto
  12. ^ Edizione a cura di Maurizio Bettini, Oscar Classici Greci e Latini, Arnoldo Mondadori Editore
  13. ^ Plauto
  14. ^ Edizione a cura di Maurizio Bettini, Oscar Classici Greci e Latini, Arnoldo Mondadori Editore
  15. ^ Plauto
  16. ^ Plauto
  17. ^ Plauto
  18. ^ Plauto, p.37
  19. ^ Plauto, p.29
  20. ^ Plauto, p.41
  21. ^ Plauto, p.77
  22. ^ Commento al primo libro degli epigrammi di M.Citroni, Firenze, 1975

Bibliografia modifica

La commedia è stata analizzata da diversi commentatori tra cui:

  • G. Ammendola, Lanciano, 1922
  • E. Woytek, Wien, 1982
  • U. von Wilamowitz-Moellendorff, De tribus carminibus plautinis commentatio: de Plauti Persa, in Kleine Schriften II, Berlin, 1971, 249 sgg.
  • G.L. Müller, Das Orginal des plautinischen Persa, Diss. Frankfurt a.M., 1957
  • G. D'Anna, Il finale del Δύσχολος e il teatro plautino, «Riv. Cult. class. e med.» 1, 1958, 298 sgg.
  • G. Chiarini, La recita, Bologna, 1979.

Fonti modifica

Edizione di riferimento a cura di Maurizio Bettini, Oscar Classici Greci e Latini, Arnoldo Mondadori Editore, ricavata dalla traduzione di A. Ernout, Plaute, Comédies, vol. V, Paris Les Belles Lettres.

Qualche riferimento tratto dall'edizione a cura di Ettore Paratore, Plauto, le commedie, Persa, Poenulus, Pseudolus, Grandi Tascabili Economici Newton.

Voci correlate modifica