L'oratoria è la scienza del linguaggio persuasivo che costituisce uno dei fenomeni più rilevanti, non solo della civiltà contemporanea, ma anche della cultura ellenica, sin dalle origini. Già nei poemi attribuiti ad Omero, viene sottolineata l'importanza dell'eloquenza, capace di far conseguire la gloria non meno delle eroiche azioni compiute sui campi di battaglia, ma soltanto con il passaggio dalla cultura orale a quella scritta, e soprattutto con l'affermazione della πόλις, ebbe un adeguato sviluppo. La capacità di essere un buon oratore era, peraltro, fine fondamentale dell'educazione del giovane aristocratico e nella democratica Atene era estremamente importante che anche i cittadini, partecipando attivamente alla vita pubblica, sviluppassero l'abilità oratoria al fine di far valere i loro diritti nelle aule dei tribunali. L'oratoria (ῥητορικὸς λόγος) divenne dunque uno dei tre grandi generi in prosa della letteratura greca, accanto alla filosofia (φιλοσοφικὸς λόγος) e alla storiografia (ἱστορικὸς λόγος).

{{cita libro | Gianni | Korinthios| Lisia: Per l'uccisione di Eratostene | 2005 | Simone per la scuola| Napoli}}

Storia modifica

L'uso consapevole dell'arte oratoria e la conseguente definizione di un sistema di precetti, si ebbero ad Atene nel corso del V secolo a.C con Corace e Tisia. Essi sostenevano che l'εἰκός dovesse prevalere sull'ἀληθές e dunque che l'oratore dovesse mirare non alla verità assoluta, ma alla verosimiglianza. Grazie alla sofistica, e in particolare grazie a Gorgia, essa ha avuto la possibilità di svilupparsi e di diventare una materia di insegnamento. I sofisti, infatti, erano abili oratori che insegnavano, a pagamento, l'arte dell'eloquenza ai giovani.

La parola per gli antichi greci aveva il potere di trasferire un pensiero da una mente all’altra, grazie alle capacità del δεινος λεγειν, ovvero di colui che era abile nel parlare, colui che possedeva le doti necessarie per affrontare numerosi discorsi con efficacia. Il "canone" ellenistico dei dieci migliori oratori attici comprendeva Antifonte, Andocide, Lisia, Isocrate, Iseo, Demostene, Licurgo, Eschine, Iperide e Dinarco.

Ma se l’arte del parlare nasce in Grecia, essa viene acclamata anche a Roma.

Cicerone, il più illustre e famoso retore di tutta la storia romana, tratteggia la figura del perfetto oratore, che non è solo colui che padroneggia perfettamente la tecnica retorica (ars), l’ingenium e la cultura, ma diventa anche un modello di cittadino e di uomo, un esempio per l’intera comunità.

È proprio questo ideale di uomo, colto, fortemente impegnato in politica e libero di esprimere i propri pensieri, che con l’avvenire dell’età imperiale entrerà in crisi.

La vita politica in età repubblicana è dinamica, fatta di idee contrastanti. È un clima quindi in cui è facile che nascano nuovi pensieri. L’età di Augusto fu il momento di massimo splendore per la classicità grazie al forte equilibrio e spirito di collaborazione garantiti dallo stesso imperatore. Dalla dinastia Giulio-Claudia, però, ha inizio un periodo molto cruento, in cui gli autori esprimono il proprio disagio attraverso le loro stesse opere. L’oratoria inizia ad essere caratterizzata da esercizi quali suasoriae e controversiae e con Vespasiano, durante l’età dei Flavi, viene insegnata nelle scuole pubbliche con insegnanti scelti e controllati dallo stesso imperatore. La retorica è forse il “genere letterario” che più risente di questa profonda rivoluzione del sistema politico romano, poiché strettamente connessa ad una situazione di relativa libertà in cui le opinioni sono molteplici e differenti.

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{{cita libro |autore1=Mario Pintacuda |autore2=Michela Venuto | editore=Palumbo | anno=2014 | titolo=Grecità vol.3 }}

Asianesimo e Atticismo modifica

In età ellenistica, nelle città dell'Asia Minore, nacque, grazie a Egesia, l'Asianesimo, un nuovo tipo di eloquenza, alla quale successivamente si contrappose l'Atticismo. Il primo inizialmente era caratterizzato dal cultus (ricercatezza) e dall'uso di periodi brevi e organizzati con una tecnica sapiente, successivamente divenne sempre più artificioso e raffinato. A livello linguistico gli oratori asiani contaminavano il dialetto attico con termini ionici dell'Asia Minore e inoltre il linguaggio era ritenuto libera creazione dell'uso, caratterizzata da deviazioni, neologismi e anomalia (secondo la quale è il principio dell'irregolarità che agisce sui sistemi grammaticali).

Gli atticisti invece rivendicavano la purezza e la semplicità del dialetto attico, rivalorizzando duale, ottativo e perfetto. In parallelo con il declino della πόλις, questo genere di eloquenza andò progressivamente perdendo la sua vivacità, per trasformarsi sempre di più in uno strumento espressivo e modello di imitazione ormai sterile.

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{{cita libro |autore1=G. De Bernardis |autore2=A. Sorci | titolo=Forum Romanum }}

Decadenza dell'oratoria modifica

Nel mondo latino modifica

Molti saranno gli autori che affronteranno nel corso dei secoli il problema della decadenza dell’oratoria, uno dei quali Tacito che nel "Dialogus de oratoribus", immaginando una conversazione tra tre celebri autori dell’età Flavia, Apro, Messalla e Materno, espone differenti pareri riguardanti la crisi dell’oratoria.

Quintiliano, citando Catone, sosteneva che l’oratore dovesse essere "vir bonus dicendi peritus", poiché alla base della decadenza dell’oratoria, c’era una decadenza morale, causata anche dalla trascuratezza dei genitori e soprattutto dall’ignoranza dei maestri.

Dunque c'era, chi metteva in luce l'insufficienza dell'intero sistema basato su esercitazioni fittizie e quindi non adatto a preparare bene l'oratore al suo mestiere, e chi incolpava i maestri sempre più incompetenti e poco preparati.

{{cita libro |autore1=Giacinto Agnello |autore2=Arnaldo Orlando | editore=Palumbo | anno=2015 | titolo=Uomini e voci dell'antica Roma vol.3 }}

Nel mondo greco modifica

Nel mondo greco, Plutarco, autore del I secolo d.C., nei "Praecepta Generandae rei publica", opuscolo tramandato nei "Moralia", opera in cui affronta vari argomenti, delinea la figura del perfetto uomo politico, incitando l’amico Menemaco ad attenzionare il tipo di eloquenza più adatta e di concentrarsi prevalentemente sul "φρονήματος αλητινοϋ", dunque sulla sostanza vera.

Socrate era convinto che la retorica fosse solo un elemento di persuasione e non di verità e contrapponeva ad essa la retorica filosofica, ovvero la dialettica, il cui oggetto è la verità e il cui fine è la ricerca di essa.

L’oratoria infatti non doveva necessariamente trattare l’ἀλήθεια (la verità), ma l’εἰκός (il verosimile). Come sosteneva Aristotele, nel suo trattato "Retorica", dunque l’oratore aveva il potere di spostare l’attenzione non sull’oggetto, ma sul mezzo. Proprio come un avvocato egli doveva essere in grado di difendere la propria tesi attraverso l’acquisizione di regole e tecniche che avrebbe avuto la possibilità di migliorare con l’esperienza e dunque con le orazioni reali.

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Tipologie modifica

Sia nel mondo greco, sia nel mondo latino essa si divideva in tre tipologie:

Tipologia in greco
politica λογος συμβουλευτιχος
epidittica o celebrativa λογος επιδεικτιχος
giudiziaria λογος δικανιχος

Le orazioni politiche modifica

Esse venivano declamate nelle assemblee elettive e si adattavano a diverse situazioni e contesti. Nell'oratoria politica era fondamentale la presentazione della personalità dell'autore che, parlando in prima persona, si assumeva la responsabilità delle proprie parole. Poichè i politici non sentivano la necessità di pubblicare i loro interventi, i discorsi restavano spesso alla fase orale, ecco perchè oggi ci rimangono pochissimi testi.

Le orazioni celebrative o epidittiche modifica

Esse venivano pronunciate in varie occasioni e in particolare durante cerimonie, festività e per commemorare defunti. Essa era caratterizzata da un tono solenne. In epoca più tarda si basò su temi scolastici o fittizi, finalizzati esclusivamente all'applauso del pubblico o alle esercitazioni delle scuole.

Le orazioni giudiziarie modifica

Esse erano orazioni di difesa pronunciate dallo stesso cittadino, in prima persona. Chi poteva permetterselo, infatti, spesso si rivolgeva ad un professionista, il quale, dietro compenso, scriveva il testo che sarebbe poi stato pronunciato dal committente in sede giudiziaria. Gli autori di questi discorsi erano detti "logografi". Questi ultimi rivolgendosi a giudici popolari, privi di cultura giuridica, spesso facevano appello ad argomenti di carattere generale piuttosto che a tecnicismi legali, che sarebbero suonati inverosimili sulla bocca di un comune cittadino.

Una delle orazioni più importanti probabilmente fu quella scritta da Lisia, per l’uccisione di Eratostene, in attico puro. Non sappiamo la sentenza finale, ma probabilmente l’oratore vinse la causa, grazie al suo grande talento.

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Le cinque parti dell'orazione modifica

Per poter scrivere una buona orazione (soprattutto quella giudiziaria) era necessario seguire delle tappe:

  1. proemium o προοιμιον
  2. narratio o διηγησις
  3. confirmatio o βεβαιωσις
  4. refutatio o αντιθεσις
  5. conclusio o επιλογος.

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Le tecniche comunicative modifica

Grazie al retore Temno gli antichi riconoscevano cinque momenti fondamentali:

latino greco
Inventio ευρεσις

 

scelta degli argomenti
Dispositio ταξις loro collocazione
Elocutio λεξις stile e registro linguistico
Memoria μνημη memorizzazione
Actio υποχρισις. gestualità

Cicerone nel suo "De oratore" (52 a.C) ripropone e sviluppa questa partizione

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La seconda sofistica modifica

Tra il I e II secolo d.C. si sviluppa in Asia minore la seconda sofistica. Questa denominazione nasce grazie a Flavio Filostrato nel III secolo d.C.. I neosofisti erano oratori cresciuti nelle scuole di retorica, le cui tematiche spesso riguardavano motivi occasionali o argomenti insoliti per poter attirare l'attenzione del pubblico (netta differenza con il passato, in cui i rapsodi si esibivano con l'assoluta certezza che il proprio pubblico conoscesse gli elementi essenziali dei propri spettacoli). Ciò produce una grande varietà di contenuti che spaziavano dalla politica, al discorso d'occasione, dall'autobiografia, a discorsi religiosi. La loro formazione era caratterizzata dai μελέται, ovvero da esercitazioni scolastiche che gli garantivano spesso molto successo e ricchi guadagni. Questo tipo di oratoria epidittica imitava i grandi autori attici del IV secolo a.C. (soprattutto Platone e Demostene). Molti imperatori di questo periodo mostravano interessi letterari e intrattenevano rapporti di familiarità con retori e oratori, consapevoli dell'importanza che l'arte della parola continuasse ad avere come forma di comunicazione da controllare.

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