Utente:Maddalena.graziani/Sandbox

Anna Conti


Anna Conti, architetto e socio-economista, nasce a Pescara nel 1948 dove il padre (siciliano), raggiunge la madre (profuga istriana) e insieme creano una industria metalmeccanica, gioiello del settore auto.

Si laurea in architettura a Firenze nel 1974. Nel 1979 consegue un Master Phiosophy in Development Studies all’Institute of Social Studies di Den Hague con una tesi che analizza la relazione tra produzione commerciale ed economia di sussistenza nell’Africa Subsahariana. Nello stesso anno la Review of African Political Economy ne pubblica il capitolo che articola una critica alla legge del valore di Marx. Negli anni seguenti prosegue le ricerche sui sistemi alimentari e sulla divisione sessuale del lavoro come Funzionaria e consulente (official and consultant) presso lo United Nation Research Institute for Social Development (U.N.R.I.S.D), Istituto Italo Africano, lo International Labour Office (I.L.O.), la United Nations Conference on Trade and Development (U.N.C.T.A.D), Dipartimento Cooperazione e Sviluppo Governo Italiano, la Food and Agricolture Organization (F.A.O.).

Sarà la paginata centrale di Reporter sull’impoverimento della donna e la povertà dell’Africa del 20 Marzo 1985  a segnare la chiusura dell’esperienza di lavoro con le Nazioni Unite.

Economia, territorio, società e ambiente diventano punti centrali di un percorso di pensiero che continuerà ad articolarsi negli anni successivi.

Dalla riflessione sulla riqualificazione architettonica e sulla gestione delle risorse, sviluppa la ricerca sul recupero e il riuso edilizio in un’ottica di architettura contemporanea. “All’interno del dibattito sulla riqualificazione della città il tema del recupero e dell’utilizzo degli edifici dismessi si colloca in una posizione centrale, assumendo un ruolo determinante nella trasformazione urbana e nei nuovi indirizzi della pianificazione urbanistica”.

Nel 1992 realizza “Architetture Sovrapposte”, la prima mostra di Architettura al Museo di Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nella quale oltre ai propri lavori ospita opere di Lina Bo Bardi, Renzo Piano, Norman Foster, Frank Gehry, Richard Meier, Richard Rogers e altri.

Lavori che proponevano  il riuso delle fabriche di Prato (la Citta dalle Cento Ciminiere) come il riutilizzo del Circolo Uffciali della Cavallerizza (1839)

nata dulle ceneri delle Prigioni delle Isole delle Stinche (1300) Firenze

Scriverà Bruno Zevi sull’L’Espresso del 1992 ”Riciclaggi magistrali, osserva Anna Conti, che connettono mutazione dei luoghi e trasformazione dei luoghi sostituendo all’espansione incontrollata delle periferie, una riprogettazione che elimina il consumo del territorio”

Continuerà il lavoro di riuso e recupero con il restauro delle Antiche Cucine delle Oblate (1290), o della vecchia fabbrica di famiglia, sempre nel ottica di modernizzazione delle funzioni con operazioni di rigoroso rispetto ma anche di  valorizzazione e rivitalizzazione degli antichi luoghi, diventati Buchi neri, in città . Così come I progetti di ristrutturazione urbanistica della stazione di Pescara, il fronte mare di Deiva Marina (Liguria), o la nuova edificazione residenziale di Silvi Marina (Abbruzzo) o la riconversione dell’area ex Gesam di San Concordio, a Lucca: un pezzo di città da restituire alla cittadinanza con Parco, Piazza Pubblica e servizi alla città.

Anna Conti, come scriverà più tardi, rileva la tragica contraddizione del settore edilizio che, pur avendo perso i metodi e i materiali tradizionali, rimane fuori dal processo d’innovazione del sistema produttivo e, sistematicamente dagli anni 50, distrugge, uccide e desertifica, cementificando gran parte del pianeta,.

Sviluppa così la ricerca di un’architettura completamente riciclabile che non interferisca con l’ambiente in grado di soddisfare un’enorme domanda di short- time-life edilizia. Ne scaturiranno la teorizzazione della riconversione di parte dell’industria dell’auto in produzione edilizia e progetti come O_volution, Pret à habiter, Limited Collection, UniMAx, concepiti con le tecnologie dell’industria metalmeccanica.   Proposte che ricercano il superamento dei limiti oggettivi delle moderne megalopoli e della sempre maggiore gerarchizzazione del territorio che diventano anch’essi oggetto fondamentale di riflessione.

La progettazione di una rete di città dei servizi Ubi-City (Biennale di Pechino 2008), in continuo movimento, sarà la risposta eretica alla concentrazione dell’umanità e all’inurbamento coatto in luoghi senz’anima.

Nel 2009 propone a Steve Jobs lo sviluppo di un “electronic Device, integrated in cell phones“ to give a solution to the widespread problem with wallets that can no longer hold all the documents and cards that we use in everyday lives.

La APPLE lo realizzerà nel 2012  “Apple Wallet (Wallet for short, formerly Apple Passbook) is a mobile app included with the iOS operating system that allows users to store Wallet-passes, meaning coupons, boarding passes, student ID cards, event tickets, movie tickets, public transportation tickets, store cards, and – starting with iOS 8.1credit cards, debit cards, prepaid cards, and loyalty cards via Apple Pay.”)[1].       

Opere che si muovono tra provocazione artistica, progettualità e proposte di sviluppo industriale. Questa diventa visionarietà nell’ideare, con il supporto del Professor Andrea Ferrara (Astrofisico della Scuola Normale di Pisa), una architettura estremamente leggera nella sua vastità per la produzione di energia pulita per tutta l’umanità (Solar Energy Belt), realizzata con materiale (silicio e  carbonio) già presente in orbita intorno al Pianeta.

Nel 2011, nel numero della rivista diretta da Cesare Casati, Helene Geen propone una rosa di architetti femmine. A seguire della grande Zaha Hadid e Gae Aulenti, Anna Conti  viene presentata con il progetto  “Limited Collection_Womb.

Dalla consapevolezza che Arte e Architettura hanno perduto la funzione della tensione verso il superamento della finitezza umana, sviluppa l’analisi teorica sulla genesi di tanta capacità distruttiva e dell’incapacità, impotenza a esprimere bellezza ed “eternità”.

Elabora analisi, proposte e progetti in un’ottica di radicale cambiamento e di rilancio di un possibile processo di sviluppo economico e sociale in grado di restituire all’uomo la capacità progettarsi nel futuro. Scrive Filippo la Porta: un saggio geniale e visionario, appassionato e di ambizione smisurata. Geniale perché parte da una osservazione elementare: l’umanità attuale non crea più (in arte in architettura) opere destinate a durare, a lasciare il segno, e anzi intende rappresentarvi la propria finitezza e precarietà (Gehry edifica in cemento armato, che al massimo dura 50 anni). Appassionato perché dietro ogni riga senti un piglio militante, l’odio per la “civiltà” attuale che sta distruggendo il pianeta. Visionario perché ipotizza in modo credibile scenari inediti e quasi fantascientifici: ad esempio una città-treno di servizi che arriva in qualsiasi locali tà e un anello solare intorno alla terra per avere energia in abbondanza.