Utente:Maddalena Genta Civiero/Iomescolotutto

Io mescolo tutto è una performance dell'artista francese Gina Pane che ebbe luogo il 30 ottobre 1976, nella Galleria d'Arte Moderna di Bologna (MAMBo)[1]. Questa azione anticipò di qualche mese l'evento della Settimana Internazionale della Performance, che si svolse dal primo al 6 giugno 1977 nella stessa Galleria[2].

Io mescolo tutto è una messa in scena inedita che racchiude l'intera poetica dell'artista la quale, nella seconda fase della sua ricerca artistica, lavorò sul corpo, sul dolore e sul rapporto con "l'altro"[3].

La registrazione video di Io mescolo tutto, ripresa e montata da Pietro Vannini, è attualmente consultabile nella sezione 1977 - Arte e Azione del MAMBo, insieme ad altre opere che testimoniano le innovative esperienze nell'ambito della Body art, dell'Azionismo Viennese e delle pratiche multimediali degli anni '70[4]. In quest'area del museo sono esposte venti delle fotografie a colori scattate, durante la performance, dalla fotografa francese Françoise Masson, con sui Pane instaurò uno stretto rapporto lavorativo simbiotico.

La constatazione fotografica di Io Mescolo tutto, insieme ai filmati originali, furono donati al museo bolognese nel 1976, per volere dell'artista[5].

Allestimento

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Un mese prima dello svolgimento della performance, Gina Pane comunicò all'allora direttore della Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Franco Solmi, i materiali che sarebbero stati indispensabili per lo svolgimento dell'azione[6]:

  • un'asse di 1,65 x 90 metri di colore verde
  • due cavalletti
  • due sedie conformi all'altezza dell'asse
  • uno sgabello girevole con schienale
  • un vetro sottile di circa 1,80 x 1,00 metri
  • 5 chili di gesso bianco
  • un proiettore per diapositive
  • un sistema di altoparlanti collegato ad un microfono[6]

Svolgimento

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Il 30 ottobre 1976, Io mescolo tutto, richiamò a Bologna un vasto pubblico di artisti, critici, appassionati e curiosi[1].

L'azione ebbe inizio alle 18.00 e si svolse in un grande spazio rettangolare in cui, su un tavolo appoggiato al muro, si fronteggiavano due giocatori di ping-pong con il volto dipinto di bianco.

Gina Pane entrò in scena e si mise a sedere su uno sgabello, mentre, sopra di lei, pendeva un filo con la scritta «Cocaina Fra Angelico». L'artista era vestita di bianco, indossava scarpe da tennis e i suoi occhi erano coperti da grandi occhiali a specchio. Con movimenti traballanti si avvicinava al viso un cucchiaio colmo di polvere bianca, mentre continuava ad assumere una serie di posizioni instabili. Intanto, sul suo viso, emergevano evidenti segni di tensione, sudore e, a questo, secondo i resoconti dell'epoca, il pubblico reagì provando uno stato di disagio ed impazienza[1].

Un metronomo, intanto, scandiva il tempo mentre i giocatori si rimandavano imperterriti una pallina, facendola lentamente scivolare sul tavolo.

L’artista poi si diresse verso un angolo del muro contro cui era appoggiata un lastra di vetro quasi invisibile, dietro la quale una lampada blu pendeva dal soffitto. Successivamente, l'artista si distese a terra cominciando a gesticolare con le mani per imitare la forma di un cubo in maniera ripetitiva e ritmata.

Una figura costantemente presente nella scena era la fotografa Françoise Masson, che, durante l'azione, si avvicinava sempre di più all’artista segnando una geometria attraverso i suoi spostamenti[7].

Nella seconda fase dell'azione, si spensero le luci e la lastra di vetro si distrusse rompendo il silenzio.

Quando le luci si riaccesero l'artista era piegata per terra in posizione quasi fetale. Si alzò e si diresse verso il centro della stanza dove, inginocchiata, si mise a contemplare delle costruzioni di legno. Dopo aver trovato una lametta tra i cubetti colorati, Pane cominciò ad incidersi un triangolo nel braccio sinistro che tendeva verso il pubblico. Nel finale, il metronomo tornò in scena con il suo tic-tac sempre più veloce ed il sangue cominciò ad affiorare, poi a sgorgare.

Simbologia

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La pittura

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Gina Pane struttura l'azione come una sequenza di rappresentazioni che hanno un carattere pittorico e riferimenti espliciti alla storia dell'arte[8].

L'artista cita il pittore quattrocentesco Beato Angelico partendo da un testo di Giulio Carlo Argan. Questo evidenzia la sensualità delle opere del pittore italiano e l’ambiguità del sesso dei personaggi dipinti che, secondo l'artista, lo avvicinano alle ricerche del corpo degli anni Settanta[9].

Un altro riferimento pittorico proviene da Kazimir Malevich. Il pittore russo influenza Pane con il suo concetto di “quasi quadrato nel quadrato”[10]. Gina Pane stabilisce una simmetria tra il suo triangolo tracciato nella pelle con una lametta, ed il quadrato freddo e con implicazioni filosofiche di Malevich[11].

Il colore

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I riferimenti alla pittura, nelle azioni di Gina Pane, sono riscontrabili anche in un utilizzo ragionato del colore, perfezionato dall'artista all'Accademia di Belle Arti di Parigi grazie allo studio delle teorie di Itten, Klee, Kandinsky, Delacroix e delle riflessioni di Van Gogh[12].

Il colore assume un’importanza fondamentale nella iniziale fase pittorica di Pane e questa importanza perdura nel periodo delle azioni, attraverso la scelta di oggetti di determinati colori nelle messe in scena. In questo caso, Pane esplicita al direttore della Galleria le sue richieste specifiche in merito agli oggetti necessari.

  • Il vestito bianco, indossato da Pane in Io mescolo tutto e nella maggior parte delle sue azioni, la identifica come simbolo di purezza, verginità e luce[13].
  • Il verde del tavolo, insieme al giallo, è considerato dall’artista come «l’opposto della morte» e rimanda al concetto di risurrezione e liberazione[14].
  • La luce blu proveniente da una lampadina incarna una tensione spirituale. L’impiego di questo colore da parte di Pane deriva dal suo legame con la pittura religiosa e in particolare con il cielo azzurro di Giotto[15].
  • Il rosso del sangue che affiora dalla ferita al termine dell'azione si riferisce alla sessualità, alla femminilità, ed è ciò che Gina Pane identifica come il suo "monocromo", il cui concetto rimanda ai quadri monocromi di Malevich e Yves Klein[16].

La memoria

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Gli oggetti utilizzati da Pane sono delle presenze dalla forte carica simbolica e spesso portano un riferimento ai giochi per l'infanzia[17].

I giocattoli sono intesi come oggetti che creano uno spazio alternativo al momento della ferita, creando un luogo meditativo e di amore in cui ci si può isolare[18]. In questo caso, le costruzioni in legno hanno la funzione di evocare l’infanzia e di creare un legame con i ricordi e con le esperienze vissute in un tempo antecedente.

Il momento in cui il sangue gocciola sul giocattolo, e la successiva rottura del vetro, riconducono al concetto di «svelamento della realtà essenziale»[9] che, secondo Pane, è raggiungibile solo attraverso il linguaggio del corpo, della carne e della memoria.

La ferita

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In Io mescolo tutto, il momento cruciale avviene quando l’artista ferisce il suo braccio con una lametta lasciando affiorare le gocce di sangue.

Gina Pane paragona il suo gesto all'esperienza degli sciamani che guariscono i mali[19] e ai santi martiri che sono disposti a sacrificarsi per la comunità[20] e che, nell’iconografia sacra del Medioevo, raramente lasciano trasparire angoscia o sofferenza per le torture che si trovano a subire.

L’artista, infatti, identifica il gesto autolesionista come un segno dello stato di estrema fragilità del corpo che evidenzia la situazione di violenza a cui siamo sempre esposti[21]. La ferita, quindi, annulla qualsiasi distanza affettiva o spaziale per riuscire a giungere ad una consapevolezza più ampia della sofferenza altrui, nella speranza di riuscire a ridurla[22]. Si pone come un momento che fa apparire l’unità tra il corpo del pubblico e quello dell'artista, coinvolgendo lo spettatore in un processo empatico[23].

Lo spaesamento e la commozione che animano chi assiste ad azioni come Io mescolo tutto, sono tali proprio perché il corpo dell’artista si pone come proiezione del corpo dell’altro e «rompe con la segregazione delle coscienze individuali, creando un vero senso di condivisione[24]».

  1. ^ a b c Lucia Spadano, Gina Pane: io mescolo tutto, in Segno, n. 1, 1976, p. 16.
  2. ^ Cesare Pietroiusti, La durata della Settimana. Il Settantasette come performance, in Opera Viva, 4 settembre 2017. URL consultato il 23 maggio 2020 (archiviato il 25 maggio 2020).
  3. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), pp. 25-26
  4. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 151
  5. ^ Lettera da Gina Pane a Franco Solmi, 7 agosto 1977, Archivio del Museo d'Arte Moderna di Bologna.
  6. ^ a b Lettera da Gina Pane a Franco Solmi, 30 settembre 1976, Archivio del Museo d’Arte Moderna di Bologna.
  7. ^ (DE) Eugene Devolder, Gina Pane, in Hart-Slag, n. 2, 1978, p. 17.
  8. ^ Anne Tronche, Il corpo come scenografia, in Michel Baudson (a cura di), Gina Pane. Opere 1968-1990, Milano, Charta, 1998, p. 40, ISBN 9788881581948.
  9. ^ a b Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), p. 101
  10. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 182
  11. ^ (FR) Anne Tronche, Gina Pane. Actions, Parigi, Fall Edition, 1997, p. 101, ISBN 978-2910667030.
  12. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), p. 57
  13. ^ Marisa Vescovo, Gina Pane: dal corpo fisico al corpo sindonico, in Michel Baudson (a cura di), Gina Pane. Opere 1968-1990, Milano, Charta, 1998, p. 66, ISBN 9788881581948.
  14. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 36
  15. ^ Elena Del Drago, Gina Pane, nel blu dipinti di blu, su La Stampa, 26 marzo 2012. URL consultato il 22 luglio 2020 (archiviato il 22 luglio 2020).
  16. ^ (FR) Gina Pane, Monologue à deux corps: Gina Pane interviewéè par Jean-Marie Touratier, in Artefactum, vol. 3, n. 14, 1986, p. 32.
  17. ^ (FR) Anne Dagbert, Gina Pane. En toute urbanité, in Opus International, n. 94, 1974, p. 32.
  18. ^ Ezio Quarantelli, Gina Pane, in Contemporanea, vol. 1, n. 4, 1988, p. 46.
  19. ^ David Le Breton, La pelle e la traccia. Le ferite del sé, Roma, Meltemi, 2005, p. 122, ISBN 978-8883537028.
  20. ^ Sara Ugolini, Il perturbante dell’autoritratto ferito, in Psicoart, n. 1, 2010, p. 10.
  21. ^ Lea Vergine, Gina Pane. Partitions. Opere multimedia 1984-85, Milano, Nuove Edizioni Gabriele Mazzotta, 1985, pp. 50-51, ISBN 978-8820206482.
  22. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 93
  23. ^ Lea Vergine, L’arte in trincea. Lessico delle tendenze artistiche 1960-1990, Milano, Skira, 1999, p. 202, ISBN 978-8881180837.
  24. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), pp. 25-26

Bibliografia

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  • (FR) Gina Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), collana Ecrits d'artistes, Parigi, Ensba, 2004, ISBN 978-2840563891.
  • Sophie Duplaix, Gina Pane (1939-1990). "È per amore vostro: l’altro", Verona, Actes Sud, 2012, ISBN 2330005113.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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