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Il riordino dei musei del Castello Sforzesco di Milano è un progetto di allestimento museale realizzato dai BBPR (acronimo che indica lo studio di architettura e urbanistica fondato da Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers). Il loro operato viene diviso in due fasi: la prima tra il 1954 e il 1956 con il restauro del Cortile Ducale e la seconda con il restauro del Cortile della Rocchetta nel 1963.

Riordino Dei Musei Del Castello Sforzesco (BBPR)
Sala della Cancelleria
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
IndirizzoPiazza Castello 3 20121 Milano
Caratteristiche
TipoScultura, Strumenti musicali, Arazzi, Armature e Armi, Pittura, Affreschi, Architettura
Istituzione1954
FondatoriBBPR
Sito web


CARATTERI STILISTICI DEL PROGETTO modifica

I BBPR realizzarono il restauro e la sistemazione dei Musei del Castello Sforzesco in due fasi. La prima tra il 1954 e 1956 con il restauro del Cortile Ducale e con quello del Cortile della Rocchetta nel 1963. I BBPR presentarono il loro progetto su Casabella[1] sottolineando come le forti muraglie, l’armonica e variata composizione dei tre cortili, le torri, i torrioni, i ponti che scavalcano il fossato, l’intrico di scale e scalette, di passaggi scavati e di lievi passerelle fossero tutti ingredienti necessari per un’orchestrazione romantica d’immediata comunicatività. La loro localizzazione urbanistica tangente al cuore della città ma oasi tranquilla, dovuta al parco Sempione, era un ambiente di vasta risonanza popolare. Quest' osservazione portava ad una netta contrapposizione tra la Pinacoteca di Brera, ambiente aulico e severo, e il Castello Sforzesco, che rappresenta una funzione didattica popolaresca facilmente accessibile all’intelligenza delle masse, alla loro spontanea emotività, al loro bisogno di espressioni spettacolari, fantasiose e grandiose. Il restauro del Castello, infatti, testimonia l’impegno dei BBPR nella ricostruzione dei monumenti dell’identità civile di Milano dopo le distruzioni belliche. L’iter progettuale ha condotto al risultato finale attraverso continue prove, comportando la stesura di più di 650 schizzi e prospettive [2], la costruzione al vero o con simulacri di ogni parte dell’allestimento e la predisposizione delle forme e dei materiali impiegati. L’analisi di tipo storico-stilistica svolta dal gruppo di architetti ha evidenziato l’importanza di tale luogo, nonché la risonanza popolare dello stesso. Queste hanno determinato l’obbligo di un linguaggio né banale né retorico, che tenesse conto di un’unicità di stile e allo stesso tempo di un continuo rinnovamento nelle varie sale. La coerenza tra l’ambiente del Castello e gli oggetti esposti è stata ottenuta grazie alla scelta di un numero limitato di materiali quali, ad esempio, ferro battuto e legno. Dimostrativo è il nuovo serramento disegnato per le finestre, il quale concilia uno spirito funzionale e moderno con gli stilemi dell’epoca. Il tutto è in equilibrio tra le necessità di praticità ed espressione di ciascun oggetto e la massiccia architettura degli ambienti. Gli elementi di sostegno rinunciano ad effimeri ornamenti lasciando spazio ad una rigorosa presentazione dei reperti museali. La flessibilità dell'allestimento tiene conto di una possibile esigenza di cambiamenti di disposizione spaziale di alcuni oggetti, ottenuta grazie a speciali incavi nei pavimenti e spinotti alle pareti. Lo studio della disposizione dei supporti dei vari oggetti è stato eseguito in maniera tale da sfruttare al meglio la luce naturale. L’illuminazione artificiale, composta di due tipologie, diretta e indiretta, si somma a quella naturale atta a favorire la giusta visibilità anche in orari serali, valorizzando al meglio ogni singolo oggetto esposto. Il carattere semplice e monumentale del progetto viene colto sin dall’atrio d’ingresso attraverso il bancone per i biglietti, come quello per la scrittura in noce massello e in modo ancor più rilevante con lo scalone in ferro che collega i due piani del museo. Questi due livelli sintetizzano l’accuratezza stilistica che continua in tutto l’allestimento, ad eccezione della sala contenente la famosa opera di Michelangelo, la Pietà Rondanini, che per sua unicità ha costretto una scelta stilistica dedicata. Alcuni luoghi all'interno del castello si prestavano potenzialmente ad operazioni di riordinamento e riallestimento. Una delle soluzioni impiantistiche scelte è quella del riscaldamento a pannelli radianti nel pavimento: all'avanguardia per quei tempi e perciò adottata da molti musei, si rivelò poi nociva ad una corretta conservazione delle opere [3] .

MODIFICHE RECENTI modifica

Nel 2009 sono stati approvati dal comune di Milano due progetti per la ristrutturazione del Castello Sforzesco che saranno completati entro il 2015 [4].Il progetto che prevede l'impiego di quasi 9.000.000€, prevede la ristrutturazione delle facciate della Corte Ducale, del Cortile della Rocchetta, della Cortina Sud, la copertura della Corte Ducale. La ristrutturazione avverrà in modo conservativo, le pareti degradate del castello verranno stuccate, integrate le parti mancanti e ricoperte da materiali che ne garantiscano la protezione. Il progetto di ristrutturazione prevede il recupero delle decorazioni pittoriche coperte da molti anni da intonaci moderni. Il secondo intervento che prevede un investimento pari a 1.109.600€, riguarda il restauro degli spazi esterni e del rifacimento delle coperture. Un altro progetto approvato nel 2008 prevede un caffè con dehor nel cortile, un ristorante panoramico, nuovi allestimenti museali e una nuova torre di collegamento che apra ai turisti la passeggiata sulle 'merlate' del castello, progetto seguito e firmato dal londinese David Chipperfield e dal ferrarese Michele De Lucchi. [5]

TENDENZE DELLA MUSEOGRAFIA ITALIANA modifica

In un momento particolarmente significativo per la museografia in Italia, gli Architetti BBPR, Gian Luigi Banfi, Lodovico B. Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers, si trovarono impegnati nella risistemazione del castello in seguito ai danni provocati dal bombardamento del 1943. Ciò implicava non solo il recupero per la città di un complesso di tale importanza, ma anche la realizzazione di un allestimento museale. ll gruppo, a partire dagli anni 50, si pose come obiettivo quello di progettare e realizzare un nuovo servizio culturale per la città di Milano, ormai diventata un crocevia di professionalità provenienti da tutta Europa; riuscirono a ideare un programma totale capace di dare forza a tutti i loro progetti in ambito culturale. Negli anni 50 l'esperienza del settore museografico in Italia era tutta da inventare e i loro sforzi miravano proprio a proporre a un nuovo prototipo di museo, capace di evidenziare il valore spirituale delle opere d'arte. Portarono avanti questa idea per trent'anni, infatti, oltre alla ristrutturazione del Castello si occuparono di servizi considerati tra i più prestigiosi della città quali la progettazione di Palazzo Reale e del Piccolo Teatro; in queste occasioni il gruppo BBPR si avvalse della collaborazione di diversi professionisti quali Costantino Baroni, Luigi Crema, Paolo Grassi e Giorgio Strehler. In quello stesso periodo, anche Franco Albini e Carlo Scarpa erano occupati in alcuni allestimenti: il primo al Palazzo Bianco di Genova e il secondo al Museo Correr di Venezia. Si definirono in questo modo le due grandi tendenze della museografia italiana. "In Palazzo Bianco, la programmatica neutralità che Albini scelse nei confronti delle opere d'arte esposte si risolse nel rigore formale dell'allestimento: ogni particolare - rileva Argan - è stato minutamente studiato e condotto alla massima semplificazione, affinché le opere d'arte fossero veramente le sole protagoniste dello spazio museo' [...] il suo talento di artista creativo non risiede certo nell'essersi annullato di fronte al tema, ma nell'aver saputo costruire un testo equilibratissimo e insieme aperto a diverse possibilità di lettura: un'opera tipicamente albiniana. Nel Museo Correr, Scarpa, "assumendo le libertà che gli erano consentite, rimaneggia le strutture interne riformando parzialmente la pianta in funzione narrativa e crea un precedente di cui la museografia italiana decreterà il successo. Ma più che la definizione degli spazi interni (e con ragione, dato il carattere delle raccolte del Correr) conta la relazione che l'architetto istituisce tra spazio e oggetti e tra questi e l'apparecchiatura. Le vetrine e i supporti, declinati in numerose varianti caso per caso, non si limitano ad assolvere gli scopi per cui sono costruiti, ma tendono a mediare oggetto e spazio espositivo, prolungando espressivamente l'oggetto nello spazio"[6]. In questi anni i BBPR, con il loro particolarissimo approccio all'architettura, stavano organizzando la sistemazione della Corte Ducale del Castello Sforzesco, stimolati anche da indicazioni di museologi e museografi. Il nuovo museo del castello venne così a collocarsi accanto a quello di Castelvecchio di Verona, una delle più alte manifestazioni dell'architettura italiana della seconda metà del XX secolo allestito da Carlo Scarpa.[7]

AMBIENTI ESPOSITIVI modifica

 
Pusterla Urbica all' ingresso
 
Modellazione 3D dell'ingresso al museo del Castello Sforzesco.
 
Ingresso dell'allestimento
 
Modellazione 3D dell'ingresso al museo del Castello Sforzesco


La Visita al Museo del Castello si apre con il passaggio attraverso un portale denominato Pusterla Urbica, uno degli antichi accessi delle mura medievali di Milano. La soglia della Pusterla risale all’età Paleocristiana e fa parte della storia di Milano fino ai secoli centrali del Medioevo (XI-XII). Il Museo d'Arte Antica custodisce opere che vanno dall'età paleocristiana al XVI secolo, e al suo interno conserva ambienti come la Sala del Gonfalone, la decorata Cappella Ducale e la Sala delle Asse affrescata da Leonardo da Vinci. A conclusione del percorso ci sono pregevoli esempi della scultura lombarda del cinquecento, come lo splendido Busto della Mora. Al centro della sala sono esposte due sculture, tra le più famose del Museo: il Monumento funebre di Gaston de Foix, capolavoro assoluto del Bambaja, e la celeberrima Pietà Rondanini di Michelangelo, incompiuta scultura del maestro toscano.

 

 
Ingresso


Sala I o sala della Cancelleria modifica

 
Vista sala I
 
Modellazione 3D della sala I

Descrizione generale:
Nella prima sala del Museo vi sono numerose testimonianze paleocristiane provenienti da svariate chiese milanesi oggi non più esistenti, tra i resti presenti nella sala si possono ammirare le due Basi di Colonna del IV secolo, facenti parte della Basilica Nova; i Frammenti dell' affresco sulla Tomba di Magnifredo, del IX/X secolo; il Mosaico pavimentale del IV secolo; il Sarcofago con incisi i simboli cristiani, un altro sarcofago da cui provengono i Frammenti raffiguranti la filosofia e la musica. Oltre alle testimonianze artistiche classico-romane vi sono anche quelle longobarde, popolazioni barbariche del Medioevo caratterizzate dal “decorativismo” abbondantemente espresso da una serie di lastre marmoree come il Frammento ornato con la mano di Dio e due musi di animale; il Frammento di lastra del VIII secolo; la Vasca del XII secolo con la sua ordinata decorazione con fogliette e intrecci di nastri a nervature. Nella stessa sala si trovano anche alcuni resti della tradizione bizantina come la Testa dell’imperatrice Teodora, databile intorno al VI secolo. Infine sono presenti anche una serie di epigrafi, tutti risalenti al VII secolo, come l’Epigrafe di Aldone, l’Epigrafe di Domenico, e molto altro.
Note sull'allestimento:
Per giungere alla sala I si passa attraverso la Pusterla Urbica, uno dei più antichi accessi attraverso le mura medioevali della città di Milano, che qui introduce alla visita del castello. L'allestimento e le soluzioni espositive tendono ad interferire il meno possibile con le opere presenti, infatti si pongono come obiettivo di collocare i reperti storici nella stessa posizione in cui erano nell'antichità: il mosaico si trova inserito nel pavimento della sala, le colonne sono continuate nella parte mancante con dei lunghi listoni, al muro sono infissi pannelli in legno dai quali fuoriescono strutture metalliche nere che sostengono epigrafi e reperti romani mentre altri oggetti sono conservati in teche di vetro. La pavimentazione e i leggii sono costituiti da grandi lastre di beola grigia, particolarmente adatta all’ esposizione di sculture, le pareti sono in mattone chiaro e il soffitto è intonacato di bianco.

 
Sala I piante e prospetti

Sale II e III – Arte romanica in Lombardia e la scultura Campionese modifica

 
Modellazione 3D sala II
 
Modellazione 3D della sala III

Descrizione generale:
Le sale sono dedicate alla scultura romanica e gotica Lombarda. All’interno si possono trovare opere databili tra il X e il XIV secolo, precedute da un raro esempio di scultura figurativa altomedievale: il Telamone del VI-VII secolo. La diffusione del romanico lombardo raggiunge l'apice con le maestranze campionesi, scultori e architetti provenienti dalla zona di Campione. In questo gruppo le poche figure artistiche di spicco sono Ugo da Campione, Matteo da Campione, e Bonino da Campione, del quale si può ammirare in questa sala una delle opere migliori: il Monumento sepolcrale di Bernabò Visconti. Altra opera di rilievo è il Monumento sepolcrale di Regina della Scala affianco a quella del marito Bernabò Visconti. Di autore ignoto sono il Frontale di sarcofago con Madonna col Bambino, guerriero e Santi, da ammirare per la ricchezza di particolari; il Rilievo con San Paolo, San Lorenzo e Santo Stefano e, infine, il Frontale di Sarcofago con la Madonna, il Bambino, alcuni Santi e una Monaca. Per quanto riguarda il gruppo di Statue votive proveniente da Porta Ticinese, la statua raffigurante San Pietro martire sarebbe attribuibile a Giovanni di Balduccio, figura di grande rilievo nella Lombardia del tempo: a lui si deve, infatti, la diffusione dell'arte gotica a Milano. Divise in tre gruppi, le Statue votive raffigurano personaggi religiosi come la Madonna col Bambino, Sant'Ambrogio, San Lorenzo e Papa Celestino V, provenienti non solo da Porta Ticinese, ma anche dalla Porta Orientale e da Porta Comasina. Nella terza sala troviamo esposta anche una stupenda Mandorla, originariamente decorativa di una finestra, che mostra da un lato l'immagine del Cristo Redentore e dall'altra l'Assunta. Questo frammento reca ancora delle tracce di policromia, influenza della scultura gotica. Sul pavimento vi sono due Lastre tombali, l'una di Bianca di Savoia e l'altra, proveniente dalla Chiesa di San Francesco al Prato di Parma, riportante l'effige di Antonello Arcimboldi.
Note sull'allestimento:
Sala II: La pavimentazione è costituita anche qui come nella sala I e III da grandi lastre di beola grigia, le pareti sono in mattone chiaro, il soffitto è decorato con gli stemmi della dominazione spagnola e mazzi di fronde e frutta. In alto a destra la statua di Talomone risiede su una base formata da travi in legno di noce massiccio, componibili. Al centro della sala si trova il monumento funebre di Bernabò Visconti e alla destra di questo quello della moglie. Sala III: Anche in questa sala si ritrovano pannelli in listoni di legno massiccio che conservano numerosi reperti. Le lastre tombali presenti per terra sono incavate nel pavimento mentre ai lati sono presenti statue sorrette da basamenti inclinati in granito. Mandorla di finestra a doppia faccia con supporto in ferro battuto. Il soffitto è affrescato con una scena della Resurrezione: sul pavimento sono presenti lastre tombali. I sostegni in legno sono formati da travi di noce massiccio combinabili e incastrati nelle guide del pavimento per permettere di variare la disposizione.

 
Prospetti sala II
 
pianta e prospetti sala III

Sala IV – Influssi toscani nella scultura lombarda modifica

 
Colonne e capitelli con la Madonna, il Bambino e un Santo Domenicano
 
Modellazione 3D sala IV

Descrizione generale:
La sala IV del Museo ospita alcune fra le più significative opere di Giovanni di Balduccio, celebre scultore toscano del ‘300. Tra le opere presenti in questa sala spicca, per dimensioni ed importanza, il Mausoleo di Franchino Rusca. Esso fu realizzato dopo il 1339, anno della morte di Rusca, che sarebbe dovuto comparire nell’ opera adagiato sopra la lastra al di sotto dei due angeli. L’opera è una pregevole testimonianza di arte gotica, assai ben conservata, che richiama nello stile e nell'impostazione i contemporanei monumenti funebri toscani. Lo stemma affrescato del re di Spagna Filippo II e della moglie Maria Tudor (1555), una delle rare testimonianze della presenza spagnola al Castello, sovrasta la sala che illustra l'incontro e le reciproche influenze tra la scultura toscana e quella lombarda nel corso del XIV secolo. Nella stanza è conservta inoltre un'Annunciazione frammentaria, in origine affrescata sull'arco trionfale della chiesa di San Giovanni in Conca, dalla quale provengono anche gli affreschi trecenteschi esposti nelle sale 2 e 3. Documentata in questa sala, è anche la facciata della perduta Chiesa di Santa Maria di Brera, sempre ad opera dello scultore italiano Giovanni di Balduccio, di cui restano soltanto pochi frammenti architettonici e decorativi. Su di essi è ancora possibile leggere l’iscrizione che attesta la data (1347) e la firma dello scultore. Il maestro toscano lavorò, subito dopo il suo arrivo a Milano, ad un’opera ordinatagli dai Visconti: lo attestano alcuni Frammenti rinvenuti nel 1943, nei pressi della Chiesa di Santa Tecla, che hanno sede in questa sezione del Museo. Dal sepolcro di Azzone Visconti, cui Balduccio doveva la sua fortuna milanese, proviene la Madonna col Bambino. Il sepolcro fu commissionato da Luchino e Giovanni Visconti per essere inserito nella corte della Chiesa di San Gottardo. Nella sala, inoltre, sono presenti due Pietà: la Pietà di Castelseprio, che è ascrivibile ad un maestro campionese e che sembra essere rappresentativa di un pathos nuovo , sintesi perfetta tra la tradizione lombarda e i nuovi influssi gotici caratterizzati da ritmi sinuosi e naturalistici e l’altra Pietà, proveniente dalla facciata di Santa Maria di Brera, nella quale forse si nota maggiormente un rinnovamento delle forme e degli schemi decorativi.
Note sull'allestimento:
Nella sala sono presenti frammenti del pavimento originario della chiesa di Santa Maria di Brera sostenuti da supporti in ferro battuto, come nella sala III. Vi è inoltre un espositore in legno massiccio sormontato da delle lastre in pietra che permettono di sostenere gli oggetti esposti. Ai piedi del Tabernacolo e del Mausoleo di Franchino Rusca si può notare un esempio delle tabelle esplicative che sono il legno con sovrastampa fotografica.

 

Sala V o cappelletta modifica

Descrizione generale:

 
Sala V o Cappelletta
 
Modellazione 3D Sala V
 
Visuale del corridoio d'accesso alla Sala V o Cappelletta

La volumetria di questa sala è stata recuperata da Luca Beltrami nel corso dei restauri della fine dell’Ottocento e riunisce interessanti opere sacre del XIV e del XV secolo sotto una piccola volta affrescata con putti attribuita a Callisto Piazza. L’opera più importante della sala è il Crocefisso ligneo, databile tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo e prodotto in Italia settentrionale, caratteristico per il volto tirato in una smorfia dolente. Alle pareti vi sono lunette affrescate con stemmi gentilizi delle famiglie Alvarez, Figueroa e Pimentel, alle quali appartennero governatori della città e castellani. Sulla parete destra, verso la finestra, si osserva il Capitello per colonnine binate, in marmo, risalente alla fine del XIII secolo: esso rappresenta teste di caprone contrapposte e una mezza figura umana incappucciata. Appartenente a una scuola inglese del XIV secolo è il bassorilievo collocato sulla parete a sinistra, raffigurante Il bacio di Giuda (1888), in alabastro, opera trecentesca di scuola inglese e dono di Luca Beltrami e proveniente dalla demolita cappella della Rocchetta di Porta Romana. Al centro della sala, nella superficie del pavimento, è inserita la Lapide tombale di Giovanni Lanfranchi, Podestà di Milano nel 1322. Nel corridoio d' ingresso alla sala è collocata la lastra raffigurante un Poeta laureato, dono del conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Essa reca, all’interno di una cornice polilobata, il ritratto di profilo di un giovane coronato d' alloro. Nella nicchia posta nella parete di fondo della sala è inserita una Madonna col bambino, in terracotta policroma, con Angeli e Santi, opera artigianale del XV secolo. Inserite nella finestra che si affaccia sulla Corte Ducale, si trovano cinque vetrate di piccole dimensioni di provenienza svizzera e tedesca. Gli elementi che le compongono non sono pertinenti tra loro, ma probabilmente furono accostate in seguito: stemmi sei/settecenteschi, il Giudizio di Salomone, la Resurrezione e la Madonna col bambino tra San Giovanni Battista e San Martino.
Note sull'allestimento:
L’allestimento della sala e la denominazione di “Cappelletta” fanno focalizzare l’attenzione del visitatore sul Crocefisso ligneo. Questo è sostenuto da assi di legno che poggiano sulle due pareti laterali, sul soffitto e sul pavimento. La croce è posizionata in modo tale che all'ingresso del visitatore questa appaia centrale. Sui ripiani di noce, sostenuti da mensole in ferro battuto, sono presenti sculture del XIV secolo. Inoltre sono visibili sulla parete gli spinotti in bronzo fuso per la variazione dell’ordinamento museografico. Il pavimento è in porfido con un frammento della lapide tombale incavata al suolo, in alto a destra è posizionato un capitello del XVI secolo mentre le pareti sono a intonaco bianco. In basso il serramento dell’andito prospicente la Corte Ducale con una composizione di vetrate colorate (sec. XIV).

 

Sala VI o sala della Cancelleria – Memorie storiche della Milano medievale modifica

Descrizione generale:

 
Modellazione 3D della sala VI
 
Scorcio sala VI
 
Modellazione 3D della sala VI


La sala della Cancelleria contiene sculture che rappresentano la vita civile di Milano nel periodo del basso medioevo. Sulla parete di sinistra si trova una lastra con i simboli degli evangelisti (prima metà del XII secolo), proveniente dalla chiesa di S. Maria Beltrade, abbattuta nel 1926 durante i lavori di sistemazione dell’omonima piazza, lungo via Torino. La composizione è molto semplice, basata sulle rappresentazioni speculari del bue, che rappresenta San Luca, e dell’angelo, San Matteo; a sinistra troviamo l’aquila che rappresenta San Giovanni, e il leone a destra, San Marco. Di grande rilevanza sono i Fregi figurati presenti sulla Porta Romana (il più importante ingresso della città demolito nel 1793), montati su due strutture murarie che riproducono, in dimensioni minori, la loro originaria sistemazione sulla Porta medievale. I rilievi sulla parete sinistra della sala commemorano il solenne rientro dei milanesi in città dopo la distruzione operata da Federico Barbarossa. Su questi sono presenti le firme dei lapicidi Anselmo e Gerardo. I rilievi di destra ricordano la cacciata degli Ariani ad opera di Sant'Ambrogio. Il rilievo collocato sulla parete riguardante la figura femminile impudica ha funzione apotropaica e proviene dalla fronte esterna di Porta Vittoria. Un altro rilievo di grande significato è quello che rappresenta la processione dell’immagine devota dell’Idea, proveniente anch’esso dalla chiesa di S. Maria Beltrade. Posto sulla parete di sinistra si trova un Tabernacolo votivo con Sant’Ambrogio, raffigurato seduto in atto di benedire con la mitra e il pastorale, attributi della sua carica episcopale. Sulla parete destra è collocata una lastra con lo stemma dei Torriani (XIII secolo), proveniente da Chiaravalle, raffigurante una torre coronata da merli ghibellini con un robusto portale e due ordini di finestre. All’interno della sala si trovano quattro busti di santi entro mandorle.
Note sull'allestimento:
Nel loro intervento i BBPR hanno mantenuto l'allestimento originale in memoria delle fasi salienti della storia cittadina. Al centro della sala si possono notare le due grandi lapidi; i supporti sono in intonaco di cemento a martellina grossa, il pavimento è in porfido mentre pannelli di noce massiccio circondano tutte le pareti della sala e sorreggono numerose sculture e bassorilievi. La campana si trova anch'essa al centro della sala, affianco alla lapide, sorretta da travi in legno di noce ad incastro.

 
Pianta e prospetti sala VI

Sala VII o sala del Gonfalone – La scultura tra il XVI e il XVIII secolo e gli arazzi modifica

 
Vista della Sala degli arazzi
 
Modellazione 3D della sala del Gonfalone
 
Vista della Sala degli arazzi
 
Dettaglio sala degli arazzi, schizzo

Descrizione generale:
La sala, un tempo un ambiente di rappresentanza del Comune di Milano, è ora dedicata prevalentemente agli arazzi ed è dominata dalla presenza del Gonfalone cinquecentesco, l'arazzo al centro della sala. Nel 1565 fu affidato l’incarico per l’esecuzione dell’opera ai ricamatori Scipione Delfinone e Camillo Pusterla. Dal punto di vista compositivo, il Gonfalone riproduce un arco di trionfo sotto il quale si trova Sant’Ambrogio, raffigurato con lo staffile e il pastorale, ai cui piedi stanno due soldati riversi. L’arco a tutto sesto presenta sui due lati quattro episodi della vita del Santo. Entro una cornice ovale, alla sommità dell’arco, è raffigurata la Fede, come una figura femminile seduta accanto alle tavole della Legge, che porta il calice e la croce. Nei pennacchi sono raffigurati i Santi Gervasio e Protasio, i martiri ritrovati da Ambrogio e con lui sepolti sotto l’altare della basilica ambrosiana. Alle spalle di Ambrogio, sotto un cielo stellato, vi è un edificio, evidente riferimento alla Chiesa. Lungo le pareti sono appesi i cinque episodi delle storie di Elia ed Eliseo, realizzati a Bruxelles tra il 1550 e il 1560. I soggetti raffigurati sono: Elia che resuscita il figlio della vedova Sarepta, Il sacrificio dei profeti Baal, Elia che predice ad Achab il castigo divino, Eliseo che raccoglie il mantello di Elia rapito in cielo ed Eliseo che rifiuta i doni di Naaman. Sulla parete d’ingresso della Sala sono disposti due arazzi bruxellesi della metà del XVII secolo, realizzati da Gillam Van Cortenberg, che raffigurano due episodi della storia di Noè: L’apparizione del Signore a Noè e L’imbarco degli animali sull’arca. La visita alla sala si completa con l’esame delle sculture, suddivise in tre nuclei espositivi, di diversa datazione. In questi ritratti si possono identificare Vespasiano, Marco Aurelio giovane, Lucio Vero e Giordano. All’estremità della parete che divide la Sala del Gonfalone dalla sala delle Asse, si può ammirare una statua a tutto tondo della seconda metà del XVI secolo, raffigurante Adamo sorpreso nudo ed appoggiato ad un tronco. Nell’opera si riconosce la mano del fiorentino Stoldo Lorenzi, scultore di formazione manierista, vicino soprattutto ai modi del Giambologna, nell’eleganza slanciata delle figure e nella ricerca della naturalezza delle pose. Il soffitto della sala è ornato da ramoscelli con fiori e frutti e coronato al centro dallo stemma dei reali di Spagna.
Note sull'allestimento:
Domina al centro della sala il Gonfalone, sorretto da sottilissimi pilastri metallici posti su di un basamento in legno; questi pilastri sono inclinati e si congiungono tutti sulla sommità con un altro pilastro metallico posto in orizzontale, sul quale è appeso il maestoso arazzo visibile così a tutto tondo. Sulle pareti sono presenti arazzi della scuola di Bruxelles del sec. XVII sospesi con mensole di bronzo fuso e trattenuti in basso su gavitelli di uguale materiale come onde per consentirne l’inclinazione rispetto ai muri. La sala è illuminata da due canali di ottone brunito di cui quello superiore illumina il soffitto, quello inferiore gli arazzi. Il pavimento e le basi delle sculture sono in trachite.

 
Pianta
 
Sezioni

Sala VIII o sala delle Asse – La decorazione leonardesca modifica

 
Decorazioni leonardesche (sala in restauro)

Descrizione generale:
La decorazione pittorica della sala si deve alla committenza di Ludovico il Moro che aprì la sua corte a molti fra i maggiori pittori, architetti e letterati dell'epoca; primo fra tutti: Leonardo da Vinci. Leonardo da Vinci fu l'artefice della decorazione della volta e, originariamente, anche delle pareti della Sala delle Asse. Gli intrecci vegetali che decorano la volta della sala furono scoperti soltanto alla fine dell’Ottocento: venne, infatti, rimosso da una delle pareti il pesante strato di scialbatura che imbiancava tutta la sala rivelando con una straordinaria scoperta l’originaria decorazione. Il recupero della decorazione pittorica, diretto da Luca Beltrami, si rivelò un intervento quasi spregiudicato per l’interpretazione dell’originario progetto leonardiano e per le eccessive integrazioni pittoriche del restauratore: furono ignorate e occultate da un rivestimento ligneo le decorazioni a monocromo su una parete della sala, oggi riconosciute come parte dell’originale progetto decorativo e credute invece da Beltrami molto posteriori all’opera di Leonardo, e fu cancellata l’epigrafe celebrativa del XVI secolo, aggiunta durante il breve dominio francese, e sostituita con la scritta commemorativa del recupero del dipinto. Nel 1954 ci furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo le “asse” lignee del Beltrami, furono recuperati i lacerti di una prima stesura monocroma lungo le pareti della sala e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del 1900. Tornarono alla luce l’ormai logora decorazione della volta a intreccio e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti. Cimentandosi nelle decorazioni della Sala delle Asse, Leonardo dovette basarsi su un programma iconografico ben preciso, forse suggerito o semplicemente ispirato dal committente dell’opera. Le rocce stratificate entro cui s’innestano radici nodose sono il punto di partenza per una composizione organica e unitaria, che, innalzandosi da terra, si sprigiona con forza lungo i tronchi degli alberi che sostengono le fronde intrecciate della volta, descrivendo “un grandioso poema naturalistico”. Se si valutano l’ambizioso programma politico e culturale di Ludovico il Moro e la personalità artistica di Leonardo, non ci si può accontentare di interpretare la Sala delle Asse come una semplice celebrazione naturalistica. Oltre alle caratteristiche esteriori degli alberi rappresentati (gelsi dalle smisurate radici, tronco colossale, foglia cruciforme e frutti rosso violaceo) anche quelle simboliche sembrano suggerire una relazione con il duca di Milano: il moro o gelso era sin dall’antichità simbolo di saggezza e di prudenza, allusione forse della politica di Ludovico. Gli ameni intrecci vegetali che originariamente dovevano essere sostenuti da robusti tronchi, potrebbero essere in realtà una celebrazione al duca di Milano, colonna e sostegno dello Stato Sforzesco.
Note sull'allestimento:
Il soffitto è a volta con stemmi degli Sforza su di uno sfondo azzurro; sono presenti affianco agli stemmi le iniziali di Galeazzo Maria Sforza alle quali Lodovico il Moro fece sovrapporre le proprie. Attorno alle pareti un altro rivestimento di noce massiccio dal lembo superiore merlato è stato creato per non suddividere la superficie in campi. Nel mezzo della sala vi è un labirinto adibito a mostre temporanee; questo è formato da pannelli in noce massiccio rivestiti all'interno in feltro blu con colonnine di sostegno in bronzo. L'illuminazione è disposta in maniera regolare e scandisce lo spazio secondo una maglia regolare. Il pavimento è in granito verde con un leggero piano inclinato in corrispondenza al perimetro del labirinto.

Sala XI o sala dei Ducali – Scultura lombarda tra gotico e rinascimento modifica

 
Vista Sala XI
 
Modellazione 3D della Sala XI
 
Particolare Sala XI
 
Modellazione 3D della Sala XI

Descrizione generale:
La sala dei Ducali trae la sua denominazione dalle decorazioni raffiguranti gli stemmi ducali. In questa sala si possono ammirare sculture risalenti alla prima metà del Quattrocento. Il periodo è caratterizzato dall’apertura del cantiere del Duomo di Milano, che implicò una serie di sollecitazioni che aprirono la situazione culturale milanese ad influssi toscani, veneti e transalpini. Tutto questo si coglie nella stupenda serie di Capitelli del palazzo Castiglioni di Castiglione Olona, il quale predilige forme improntate a una maggiore resa plastica che si identifica nell’impiego di volumi tondeggianti e pieni. Alla serie di frammenti castiglionesi fanno da contrappunto, lungo la parete opposta della sala, quattro Angeli reggi torcia, provenienti dalla Ca’ Granda di Milano, l’antico Ospedale dei Poveri, oggi sede dell’Università degli Studi. Questi angeli risalgono al 1465 anno nel quale venne chiamato Francesco Solari a capo della Fabbrica dell' Ospedale. Il gusto tipicamente lombardo della scultura della seconda metà del Quattrocento è attestato da una Lastra con Madonna e una Devota, dalle due terrecotte con la Pietà e la Deposizione nel Sepolcro e dalla terracotta policroma raffigurante un Priore certosino presentato da una Santa alla Vergine. Questo rilievo gravita nell’ambito stilistico di Giovanni Antonio Amedeo, personalità artistica di alto livello, al quale si deve il merito di aver adeguato le forme del Rinascimento toscano alla più squisita tradizione lombarda. Alcuni frammenti appartenenti alle Raccolte di Arte Antica del Castello esposti in questa sala sono riconducibili alla presenza di maestranze venete e toscane in Lombardia nel Quattrocento. Una lastra marmorea scolpita ad altorilievo con la figura di San Giacomo con un modello di Chiesa proveniente forse dal Duomo di Milano e un Timpano con l’Eterno Padre Benedicente rinvenuto a Cremona, documentano l’attività di scultori e lapicidi veneti, mentre un Rilievo con la Crocefissione, i frammenti di due terrecotte, un Anconetta con Madonna e Bambino e due Formelle con busti di Angeli ci consentono di comprendere l’orientamento toscano della scultura intorno alla metà del XV secolo. A Jacopino da Tradate si deve la Madonna col Bambino nella quale possiamo notare il gusto decorativo del maestro lombardo, intento soprattutto nella ricerca di virtuosismi calligrafici, come dimostra lo svolazzo continuo e senza posa dei panneggi della veste della Madonna, sui quali sembra concentrarsi in modo particolare lo sforzo dello scultore a scapito di una resa di maggiore umanità e partecipazione emotiva dei personaggi. Ultima e singolare opera cui occorre accennare è il bassorilievo con Raffigurazione allegorica rappresentante un episodio della vita di San Sigismondo di Borgogna, proveniente dal Tempio Malatestiano di Rimini ed eseguito da Agostino di Duccio. Il bassorilievo rivela l’estrema raffinatezza di quest' autore. Il prevalere del ritmo armonioso della linea con il conseguente svuotamento di ogni sostanza plastica conferiscono alla rappresentazione un’aerea leggerezza, sostenuta soltanto da un accentuato gusto per il decorativo.
Note sull'allestimento: Nella sala sono esposte opere di scultura del sec. XV per mezzo di spinotti in bronzo infissi alle pareti; altre opere sono esposte con un sistema di supporti a cavalletto costituiti da un piano in noce massiccio su sostegni in bronzo fuso a forma di croce spostabili nell’intaglio predisposto nel pavimento. Entrando sulla destra si trova un supporto che sostiene una cornice dorata. Questa dà risalto alla lastra di Agostino di Duccio. Il marmo del pavimento in trachite riveste anche la parte inferiore delle pareti al di sotto del fregio delle Colombine. Sul supporto centrale sono presenti angeli facenti già parte di un grande altorilievo; sulla mensola invece due frammenti di un grande ciborio del sec. XV.

   

Sala XII o Cappella Ducale modifica

 
Volta Cappella Ducale(Sala XII)
 
Modellazione 3D sala delle armature
 
Modellazione 3D sala delle armature


Descrizione generale:
La Cappella Ducale fu costruita per volere del Duca Galeazzo Maria Sforza e poi restaurata e riportata alle originarie dimensioni dopo aver cambiato diverse volte la sua destinazione d'uso (arrivò anche ad essere una scuderia durante il periodo napoleonico). Nel 1947 il duca, per motivi legati alla sicurezza, trasferì la dimora del palazzo di fianco al Duomo, all'interno del Castello di Porta Giovia, trasformando parte della fortezza in abitazione privata. Concluse il lavoro progettando la decorazione di alcune sale per le quali aveva appunto suggerito un preciso programma iconografico. Il pittore che decorò la cappella fu principalmente Bonifacio Bembo, artista tardogotico, affiancato da altri pittori considerati minori a causa della scarsa attenzione dei critici d'arte. Ciò che programmò il duca per la Cappella fu la raffigurazione della Resurrezione di Cristo sulla volta centrale: stemmi, emblemi sforzeschi e l'Annunciazione nelle lunette sottostanti. Nel centro su fondo azzurro, è raffigurata la figura di Dio Padre circondato da schiere di Cherubini e Arcangeli, mentre il Cristo Risorto è vittorioso in una mandorla dorata circondata da schiere angeliche. Davanti a un prezioso drappo è posta una Mensola della fine del XV secolo che regge la statua della Madonna col Bambino, scultura acquistata dal Comune nel 1950. La statua risale alla seconda metà del Quattrocento e presenta forti legami alla scultura lombarda del Trecento. Non si può determinare con certezza la produzione a un determinato artista, anche se è probabile che sia stata realizzata da Jacopino da Tradate, a causa dei forti segni che richiamano la sua corrente fredda. Il forte contrasto tra la corrente tardogotica e quella rinascimentale si nota principalmente nel confronto fra la statua della Madonna e il peduccio sottostante: diversi particolari fanno infatti pensare che la paternità delle opere sia attribuibile a due artisti diversi. Esposti nella Cappella sono anche due angeli musicanti attribuibili, ma non con certezza, a Giovanni Antonio Amedeo. Infine è esposta anche la Madonna col Coazzone (una lunga treccia dell'acconciatura)proveniente dalla fabbrica del Duomo di Milano e generalmente attribuita a Pietro Antonio Solari.
Note sull'allestimento:
La costruzione della cappella è realizzata in forme molto semplici-un'aula rettangolare con volta a padiglione poggiante su eleganti peducci decorati con stemmi e insegne- e sulla volta della sala sono presenti affreschi del sec. XV (ora restaurati), mentre il basamento delle pareti in stucco alla romana è in rosa antico. Decorando il fondo delle pareti con stucco dorato ed utilizzando un elegante linearismo per molte delle figure, è evidente la persistenza di un gusto tardogotico e cortese ancora non del tutto sovrastato dai nuovi canoni espressivi tipicamente rinascimentali. Sulla parete di fondo la statua della Madonna col Bambino possiede un drappeggio retrostante rosso mattone che scende quasi fino a terra.

 
 

Sala XIII o sala delle Colombine – La scultura lombarda della seconda metà del Quattrocento modifica

 
Particolare dello Stemma
 
Vista della Sala delle Colombine
 
Schizzo della Pietà

Descrizione generale:
Questa sala, ora debita ad accogliere alcune tra le migliori opere scultoree della seconda metà del 400, faceva parte dell'appartamento privato ducale e deve il suo nome alla decorazione della volta che rappresenta una colombina su un sole raggiante disegnata su uno fondo purpureo e che riporta il motto “a bon droit” ovvero "a buon diritto". Nel XV secolo avviene una “rinascita” della produzione artistica lombarda grazie anche alle grandi fabbriche, quali il duomo, e maestri tra cui troviamo Giovanni Antonio Amedeo. Esempio mirabile di questa scultura sono le statuette allusive al Sacramento della Penitenza raffiguranti angeli con strumenti della Passione, le quali ne mostrano una visione più completa ed espressiva. Le tre sculture precedenti e il Tondo con il presepio erano parte de l'Arca dei Martiri Persiani la quale fu commissionata a Giovanni Antonio Piatti ma fu conclusa da Giovanni Antonio Amedeo. Maestri degni di nota sono anche Cristoforo e Antonio Mantegazza di cui sono presenti nella sala due figure di apostoli genuflessi, il frammento di presepio raffigurante due pastori, i due angeli e i due frammenti a rilievo con figure di angeli, sculture ancora di base gotiche. La vasta attività di Amedeo influenzata anche da questi artisti e della sua bottega ebbe numerosi seguiti e ispirazioni, originando numerose opere oggi conosciute come “Maniera dell'Amedeo”, tra cui nella sala è possibile osservare due Formelle con l'Angelo e la Vergine Annunziata e l'altorilievo con la Pietà. Altre opere importanti per questo periodo sono le due Madonna con Bambino e Madonna con Bambino e due santi.
Note sull'allestimento:
La sala presenta un soffitto molto alto con volta a crociera. Le pareti presentano un rivestimento in lastre di pietra, mentre il pavimento è in marmo rosato. La maggior parte delle opere è esposta lungo il perimetro della sala su strutture pensili. Al centro, su piedistalli neri, sono esposti in teche di vetro altri reperti storici della seconda metà del '400.

 
Sala delle Colombine, Pianta in Scala 1:50
 
Sala Colombine, Prospetti in Scala 1:50

Sala XIV o sala Verde – La scultura tra Quattro e Cinquecento e l’Armeria modifica

 
Scorcio della sala XIV
 
Scorcio della sala XIV
 
Modellazione 3D sala XIV

Descrizione generale:
Galeazzo Maria Sforza commissionò gli affreschi della sala nel 1469. Un portale della metà del Quattrocento e proveniente da un palazzo di Corso Magenta da l'accesso alla sala. La struttura del portale è costituita da due pilastri laterali che si concludono in capitelli che sorreggono l’architrave, inoltre tutti i lati del portale sono decorati con motivi di derivazione classica. L’architrave è decorato da sette putti danzanti che reggono sulle spalle un nastro, a cui sono legate ghirlande di frutta e di foglie; nella faccia inferiore è visibile il monogramma di Cristo. Un repertorio di gusto classico si osserva nei due fregi in terracotta databili all’inizio del XVI secolo. Elemento di spicco è il Portale del Banco Mediceo che ornava l’ingresso principale del palazzo Medici. Dopo aver oltrepassato il Portale sulla destra sono collocati i resti dell’originaria decorazione marmorea della facciata di Santa Maria presso San Satiro. Si tratta di quattro lastre rettangolari in marmo raffiguranti due Sibille, la Creazione di Adamo e la Creazione di Eva, racchiuse entro tondi centrali che rivestivano lo zoccolo inferiore della facciata. Nella sala si trova il Pulpito del refettorio del convento di San Pietro in Gessate, datato intorno alla fine del Quattrocento. Il pulpito presenta una struttura a lesene e candelabri ornati con delfini e cornucopie. La serie di portali, per cui questo ambiente è denominato anche Sala dei Portali, prosegue con il Portale di Palazzo Bentivoglio, accesso principale dell’edificio che si trovava in Piazza San Giovanni in Conca. Questa Porta di chiara impronta manierista, è costituita da un arco a tutto sesto inquadrato in un cornicione sorretto da due pilastri lisci e reca una targa nella quale lo stemma è ormai illeggibile. Anche l'Armeria occupa un posto di rilievo nella sala, che caratterizza questo ambiente con la presentazione di armature, armi bianche e armi da fuoco, secondo un percorso storico e didattico. Il percorso è strutturato in quattro settori: il primo è dedicato alle armi del Quattrocento, il secondo a quelle del Cinquecento, il terzo a quelle del Seicento e l’ultimo alle armi del XVIII e XIX secolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale la collezione subì un bombardamento e per salvarla dall’incendio fu trasportata nei magazzini. Si resero così necessari nel dopoguerra ampi interventi di restauro delle armi, in vista del nuovo allestimento (1956).

Note sull'allestimento:
Nella sala sono esposte le armi donate al castello da Bazzero de Mattei (1919) e Bergomi Subert (1941). Sono inoltre esposte armi da difesa del XIII e XIX secolo tra le quali corazze, morioni, borgognotte, spade e sciabole. Alle pareti spiccano frammenti scultorei e architettonici rinascimentali, come il Trionfo di Divinità marine in terracotta, un fregio di soggetto biblico e una selezione di iscrizioni e stemmi. Il soffitto molto alto è a volte, mentre le pareti sono contraddistinte dal verde chiaro. Il pavimento è in marmo rosato in continuità con la sala XIII. La sala viene divisa in tre zone dagli archi del Banco Mediceo, del Palazzo Bentivoglio e del Portale Orsini.
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Pianta della sala XiV

Sala XV o sala degli Scarlioni – Il classicismo lombardo dei primi decenni del Cinquecento modifica

 
 
Modellazione 3D della Sala XV
 
Modellazione 3D della Sala XV

Descrizione generale:
La sala degli Scarlioni era il luogo nel quale il duca riceveva e deve il suo nome alle decorazioni bianche e rosse zigzagate. Il tema della sala è il Manierismo a Milano di inizio ‘500 di cui ne sono un esempio la lastra decorativa dell’edicola Tarchetta del Duomo di Milano, il Trittico con la figurazione della Pietà, inizialmente utilizzato come architrave di un portale, poi unito alla costruzione dell’altare e infine tolto da questo per essere esposto in museo a fine ‘800. Scultori del Manierismo milanese sono ad esempio Andrea Fusina di cui è esposto nella sala l’Arca del vescovo Battista Bagarotti del 1519 commissionata dallo stesso quando era ancora in vita, Tommaso Cazzaniga di cui è stata riproposta la coppia di Pilastrini decorativi e Agostino Busti, detto il Bambaja, autore della Lapide sepolcrale del poeta Lancino Curzio e il Monumento a Gaston de Foix, condottiero francese nipote di re Luigi XII. Sempre al Bambaja sono state attribuite le statue della Fede e di una Virtù non identificata che si presume facciano parte della Tomba Birago realizzata nel 1522 per Gian Marco e Zenone Burago, sepolti nella chiesa di San Francesco Grande a Milano. Il tour all’interno di questa sala termina con il Busto della Mora, il cui artista è anonimo, risalente a metà ‘500 periodo di grande crisi per gli scultori lombardi che si spostavano infatti a Roma dove ricevono molte commissioni da parte dei papi. Il Busto della Mora probabilmente appartenne alla famiglia Archinto, grandi collezionisti di lapidi e sculture fin dalla metà del ‘600, delle quali rimangono però molti dubbi sulla loro provenienza e sulle circostanze secondo le quali la collezione si è formata. Anche il termine “Mora” suscita ancor oggi molte incomprensioni, essendo un termine risalente a non prima degli inizi del nostro secolo.
Note sull'allestimento:
La Sala degli Scarlioni è centrata sulla Pietà Rondanini. Chi entra vede il rovescio della grande nicchia in pietra serena. La controsoffittatura è in tavole di noce staccata dalla struttura esiste e da essa pendono i semplici cilindri in ottone brunito delle lampade. I supporti degli oggetti, come la quinta che chiude il vano dove è collocata la Pietà Rondanini, per rendere più raccolto e isolato lo spazio, sono in legno d'ulivo. Sono presenti due quinte a semicerchio con ingressi laterali, uno in legno (quello che accoglie la Pietà) e l'altro in pietra. Le pareti sono bianche mentre il pavimento e la gradinata sono in pietra trachite. I fregi al muro sono sorretti da piedistalli in metallo nero mentre le statue e i monumenti all'interno della sala hanno piedistalli in legno.

 
 

Museo degli Strumenti Musicali modifica

Storia della collezione modifica

L'intento dell'esposizione è quello di analizzare la conoscenza della musica attraverso lo studio degli strumenti alla fine dell'Ottocento, dal privato fino alla costituzione del Conservatorio (1881). L'iniziativa destò l'interesse del maestro Gallini che nei primi anni del Novecento iniziò a collezionare strumenti musicali. Nella seconda metà degli anni'50 il Museo di Milano, comprando la collezione del maestro Gallini e non solo, ottenne 358 strumenti da poter esporre. Con un secondo acquisto da Gallini nel 1961, essendo questi strumenti più ingombranti, l'esposizione si dovette trasferire al Castello Sforzesco. Le opere si trovano tutt'ora nella storica cappella ducale del castello. Le tastiere sono esposte nella Sala della Balla; nella sala adiacente sono dislocati gli strumenti ad arco, a pizzico, a fiato e quelli etnografici, protetti da vetrine appositamente disegnate dalla studio BPR. Sono state praticate anche analisi tecnico-scientifiche degli strumenti, riportate di pannelli a muro disposti vicino alle opere.

La collezione Monzino modifica

La collezione del museo si amplia nuovamente nel 2000 grazie alla donazione di Antonio Monzino: la raccolta di famiglia, liutai milanesi (1700- 1900). Questa raccolta è composta per lo più da strumenti a corda e ad arco. La maggior parte degli strumenti è di produzione propria e cinque pezzi in particolare risalgono all'epoca barocca. Curiosità della collezione sono gli la chitarra-arpa o il terzetto (chitarra con due mandolini affiancati). L'esposizione di apre proprio con questa collezione, dislocata in due sale (34, 35): una dedicata alla visione degli strumenti e l'altra dedicata alla didattica, ovvero alla illustrazione della produzione di uno strumento ad arco, presentando anche i materiali utilizzati. L'esposizione di strumenti musicali del Castello Sforzesco è sempre rimasta nella città nella quale è nata e cresciuta, questo è segno di grande sensibilità e rispetto per le opere stesse.

La Sala della Balla modifica

 
Sala della Balla - strumenti a tastiera

La Sala della Balla (37), alla quale erroneamente venne attribuito l'utilizzo per gli eventi più sontuosi della corte, fu invece deposito di farine. Questa sala, di imponenti dimensioni, è situata al primo piano della Rocchetta. L'allestimento oggi visibile è quello proposto dallo studio BBPR all'inizio degli anni '70: la sala ospita, nell'ala sinistra, gli Arazzi dei Mesi, detti Arazzi Trivulzio, dal nome del committente. Il mese di marzo dà il via a questa serie di arazzi, illustrando le attività agricole del periodo, per concludersi con il mese di febbraio. Gli arazzi presentano uno schema fisso: all’interno di una cornice la figura del mese occupa la parte centrale, contorniata dagli stemmi di Colleoni, Gonzaga e d’Avalos. Sempre in questa sala, nell'ala destra, si trova l’esposizione degli strumenti a tastiera.

Note sull'allestimento: modifica

Strumenti extraeuropei modifica
 
Esposizione di strumenti extraeuropei

L'esposizione è organizzata per tipologie e proseguendo (36) si trovano strumenti europei ad arco, a pizzico e fiati dal Cinquecento al Novecento; strumenti extraeuropei provenienti da Africa, Cina, Giappone e Australia. Molte opere sono realizzate con materiali naturali, anche di origine naturale: pelle di serpente, zanne di elefante, gusci di tartaruga. Uno strumento degno di nota è il Didgeridoo, usato dagli aborigeni australiani; è decorato con disegni geometrici incisi usando un'unghia di canguro su legno bruciato superficialmente.

Mandolini milanesi modifica

Diffusi soprattutto tra il Settecento e l'Ottocento, questi strumenti sono sopravvissuti, se pur con alcune modifiche, nel tempo fino ad oggi. Il mandolino milanese di maggiore importanza esposto al Castello è sicuramente quello di Giuseppe e Carlo Fixer (1759). I fratelli furono tra i più grandi liutai del loro periodo ed apportarono diverse modifiche al mandolino classico: aumentarono lo spazio di adesione del ponticello e rinforzarono la struttura sostituendo le corde di budello.

Violini modifica

Tra i violini esposti quello più importante è il violino cremonese del 1650 circa, probabilmente creato da Andrea Guarneri. Il violino ha subito variazioni per adattarsi alle esigenze dei musicisti, ma, oltre al valore storico ed estetico, è molto apprezzato per le caratteristiche sonore eccezionali. Prestato per essere suonato in diverse occasioni dopo l'ultimo restauro del 1989.

 
Esposizione di viole e violini
Viole modifica

La viola di Giovanni Grancino (1662) è uno strumento di grande interesse estetico. Infatti la sua forma ed i suoi dettagli non sono tipici del suo tempo. Questo strumento non subì i cambiamenti richiesti dall'evolversi delle esigenze musicali e del gusto, conservando la sua bellezza e la fama del suo autore. Lo strumento, come altre opere di questa sezione del museo, viene ancor oggi usato in concerti di rilevante importanza.

Chitarre modifica
 
Collezione Monzino - chitarre

Spicca tra le altre la chitarra battente di Mango Longo del Seicento, che colpisce per la raffinatezza dei dettagli e la cura nella realizzazione. Molti dettagli non sono originali e, come molti strumenti antichi, venne modificata da chitarra battente a chitarra barocca per soddisfare le mutevoli necessità del tempo e dei musicisti.

Strumenti a fiato modifica

Tra gli strumenti a fiato, i più rilevanti sono l'oboe in avorio di Anciuti del 1722, conservato in perfetto stato e di valore mondiali per perfezione e rarità; il flauto dolce tenore di Bressan (1688-1730), che, dopo aver subito vari danni, raggiunge ancora eccezionali qualità timbriche; i due corni da orchestra viennesi del 1712, riconosciuti come i più antichi del mondo.

Studio di fonologia musicale di Milano della RAI: la liuteria del XX secolo modifica
 
Studio di fonologia con arredi originali di Giò Ponti

Dopo la Seconda Guerra Mondiale fu necessario rialzare lo scenario culturale di Milano e dopo molte iniziative nel 1955 nacque lo studio di fonologia musicale della RAI progettato da Lietti, ad opera dei musicisti Berio e Maderna. Il salto di qualità avvenne con la costruzione dei 9 oscillatori, che con la voce di Cathy Berberian, divennero 10. Lo scopo è quello di creare la prima musica elettronica e la messa in onda di commenti e musica tramite la radio. L'ambiente attuale è stato realizzato dall'architetto Michele De Lucchi sulla base di fotografie e filmati successivi al 1968 e comprende, oltre alle apparecchiature tecniche, gli arredi originali disegnati da Giò Ponti. Nella sala sono esposte: apparecchiature per la generazione del suono, per la trasformazione e la combinazione, per la registrazione e la produzione e apparecchiature per l'ascolto.

Strumenti a tastiera modifica

Tra tutti i clavicembali, i virginali, le spinette, gli organi ed i pianoforti, meritano attenzione particolare il virginale doppio di Ruckers del 1600 circa, strumento della famiglia mother and child, ovvero contiene al suo interno un virginale più piccolo, degno di nota anche il dipinto di una scena musicale all'interno del coperchio; il clavicembalo veneziano della fine del Cinquecento, la cui struttura originale, pur avendo subito modifiche, non è stata molto compromessa, costituisce inoltre una preziosa testimonianza della scuola italiana del Cinquecento; il clavicembalo di Taskin del 1788, strumento costruito da uno dei più grandi maestri della scuola parigina, appartenente all'ultima generazione di cembali, succeduti dall'avvento del pianoforte.[8]

Corte interna e Portico dell'elefante modifica

 
Affresco dell'elefante
 
Modellazione 3D del Portico dell'elefante
 
Disegno della Corte interna
 
Modellazione 3D della Corte interna

Descrizione generale:
La corte interna, di forma rettangolare, fornisce attraverso finestre riccamente decorate luce naturale a tutte le sale del piano terra e del primo piano. Sulla sinistra della corte si trova la grande scalinata che porta ai musei del piano superiore, mentre sul fondo troviamo la scala di accesso ai musei sottostanti ed il portico che lo Sforza fece edificare nel 1473 all'architetto ducale Benedetto Ferrini. Il portico, oggi detto "dell'elefante" per la figura ad affresco che lo decora, era in origine accompagnata da altri animali ora perduti, come il leone di cui si scorgono soltanto le zampe posteriori. Nella corte si possono ammirare oltre all'affresco, una serie di capitelli distribuiti su tutta l'area, mentre sotto al porticato si trova una antica lapide proveniente da una casa di porta ticinese dove furono giustiziati i presunti untori della peste del 1630.
Note sull'allestimento:
L'allestimento di questa zona ha ricreato al centro una grande vasca d'acqua circondata da prato e una pavimentazione in grossi blocchi di pietra quadrati che forma un disegno irregolare, nel progetto originale dei BBPR vi erano anche numerose piante ora spostate per il restauro.

 
Pianta della Corte interna

   

Note modifica

  1. ^ L. Belgiojoso, E. Peressutti, E.N. Rogers. “Restauro e sistemazione del Castello Sforzesco" 1956 Casabella Continuità numero 211, Milano
  2. ^ "Casabella" numero 211, pagina 63, "Carattere stilistico del Museo del Castello".
  3. ^ A. Huber, Il Museo Italiano - La trasformazione di spazi storici in spazi espositivi, 1997, Edizioni Lybra Immagine.
  4. ^ "Nasce un nuovo Castello Sforzesco" sul sito del Comune di Milano
  5. ^ Restauri per il progetto museologico del Castello Sforzesco
  6. ^ E.Bonfanti, M.Porta, Città. Museo. Architettura, Firenze, 1970, pp.151-152
  7. ^ Maria Teresa Fiorio, Il Castello Sforzesco di Milano, 2005, Skira editore
  8. ^ [http://c3box.consortech.it/swf/ Informazioni tratte dalle schede di descrizione delle sale del Castello Sforzesco

Bibliografia modifica

  • G. Cavallazzi, G. Falchi, La storia di Milano, 1989/1993, edizione Zanichelli.
  • Touring Club Italiano, Guida rapida d'italia, Milano, 2005, edizione Touring Club Italiano.
  • Stefano Zuffi, I musei del Castello Sforzesco di Milano, edizione Guide Artistiche Electa.
  • A.Piva, Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers,lo studio architetti BBPR a Milano: l'impegno permanente, Milano, 1982, Electa.
  • S. Maffioletti, BBPR, Bologna, 1994, Zanichelli.
  • Gigliola Rondinini, Arte e Storia di Milano, 1995, edizione Bonecchi.

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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