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Botteghe modifica

Bottega del plumbarius modifica

La Bottega del Plumbarius

La bottega del plumbarius reca un lungo bancone di blocchi di calcare bianco sulla facciata. In origine funzionava come un’officina metallurgica: ciò è testimoniato dal ritrovamento di un crogiolo di fusione, di vasi di terracotta probabilmente utilizzati per il raffreddamento dei pezzi, strumenti di ferro, lingotti plumbei, pezzi di tubazioni. Oltre ai ferri del mestiere, fu ritrovata una statuetta di Bacco, con decorazioni in oro, rame ed argento e un candelabro bronzeo con la basetta di marmo[1]. Copie di questi oggetti sono attualmente visibili nella bottega, riposizionati nei luoghi in cui Il direttore Amedeo Maiuri volle esporli al tempo del ritrovamento, per consentire ai visitatori una fruizione realistica dei luoghi. La bottega era direttamente collegata con l’atrio della Casa del salone nero e, probabilmente, data in affitto[2]

Bottega del lanarius modifica

Bottega del Lanarius

Negli anni precedenti l'eruzione del 79 d.C. nei vani laterali della Casa del Tramezzo di legno vennero ricavate delle botteghe, fra cui si segnala quella che si apre al civico 10. Si tratta della bottega di un mercante di panni, una stanza a pianta quadrata, con un pavimento in battuto[3]. Durante gli scavi, vi venne eccezionalmente rinvenuta una pressa a vite di legno carbonizzato[4], uno strumento utilizzato nelle officine in cui si lavorava la lana per rendere soffici e brillanti i tessuti che erano passati già attraverso la follatura, il candeggio e la spazzolatura. Il tessuto, ancora umido, veniva posto sul piano inferiore di legno della vite e veniva stirato grazie alla pressione effettuata dalla piastra superiore[3]. I tessuti stirati venivano appoggiati su mensole di legno affisse alle pareti. E’ possibile, anche, secondo nuove ipotesi, che il torchio fosse utilizzato per distillare profumi da essenze vegetali[5]. Una scala all’interno del locale conduceva al piano superiore a due stanze, probabilmente abitazione dell’artigiano.[6]

Pistrinum di Sextus Patulcius Felix modifica

Pistrinum di Sextus Patulcius Felix

Questo panificio appartenne a Sextus Patulcius Felix, come si evince da un anello con un sigillo bronzeo, ritrovato nell’ammezzato. All’interno di questa bottega ci sono due macine in pietra, costituite da parte inferiore fissa a forma conica, e da una parte superiore mobile che veniva fatta ruotare da una bestia da soma. Sul lato sinistro del locale era presente il forno, perfettamente conservato, e il laboratorio per la preparazione delle stiacciate, entrambi protetti da due falli apotropaici in stucco, per proteggere la buona cottura dei pani[6]. Al primo piano sono state trovate 25 teglie circolari in bronzo, placentae, di varie dimensioni, forse usate per infornare le focacce[6].

Bottega ad cucumas modifica

Bottega ad Cucumas

La bottega, inizialmente collegata alla Casa del Salone nero, reca dipinta sul pilastro all’ingresso un’insegna che raffigura quattro brocche, cucumae, di vario colore, con l’indicazione del prezzo per tipo di bevanda e la scritta “Ad cucumas[7]

. Al di sopra di essa si trova la raffigurazione di una divinità romana, Semo Sancus, presente nelle formule di giuramento negli affari, con l'iscrizione "ad Sancum"[7]

. Il pannello in basso porta un’iscrizione con lettere maiuscole di colore rosso, NOLA, che annuncia uno spettacolo gladiatorio nella città campana e fu realizzata dallo scriptor Aprilis a Capua, forse uno scriba itinerante[7].

Taverne modifica

Grande taberna modifica

Grande Taberna

Era posizionata in un luogo nodale, vicina alla fontana e alla Palestra. Sul bancone a L, rivestito di marmi pregiati policromi, erano inseriti otto grandi giare per le derrate alimentari[8]. Sui ripiani marmorei alle sue estremità si appoggiavano le stoviglie e il vasellame per servire le vivande”[9]. Sul tramezzo di un piccolo ambiente retrostante si trova il dipinto di una nave ed alcuni graffiti. Uno di essi, in greco, recita: “Diogene il cinico, nel vedere una donna travolta da un fiume, esclamò: lascia che un malanno sia portato via da un altro malanno”[10]. Il locale era costituito anche da altri tre ambienti che, probabilmente, avevano sia la funzione di retrobottega che di luogo in cui i clienti potevano tranquillamente consumare i cibi[7]. La taberna, attraverso un ingresso indipendente, era collegata alla casa retrostante del proprietario[11], una soluzione molto frequente ad Ercolano.

Note modifica

  1. ^ Guidobaldi, pag. 103.
  2. ^ Sirano, pag. 72.
  3. ^ a b Guidobaldi, p. 64.
  4. ^ Maiuri, pag. 33.
  5. ^ Sirano, pag. 120.
  6. ^ a b c Maiuri, pag. 56
  7. ^ a b c d Guidobaldi, p. 107
  8. ^ Maiuri, pag. 59.
  9. ^ Guidobaldi, pp. 75-76.
  10. ^ De Vos, pp. 73-74.
  11. ^ Sirano, pag. 127.

Bibliografia modifica

  • Arnold e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia. Guide archeologiche Laterza, Bari, Laterza, 1982, ISBN non esistente.
  • Maria Paola Guidobaldi, Ercolano. Guida agli Scavi, Napoli, Electa, 2006, ISBN 88-510 -0289-4.
  • Amedeo Maiuri, Ercolano, 3 riveduta e aggiornata, Roma, La Libreria dello Stato, 1946, ISBN non esistente.
  • Francesco Sirano, Ercolano. Guida [breve], Napoli, Artem, 2021, ISBN 978-88-569-0742-1.