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L'abbazia di Leno, o Badia leonense, era un antico complesso monastico benedettino fondato nel 758 dal re longobardo Desiderio nel territorio dell'attuale comune di Leno, nella Bassa Bresciana. Abbattuta per volere della Repubblica di Venezia nel 1783, oggi dell'antica abbazia rimangono solo frammenti lapidei, conservati in larga parte nel museo bresciano di Santa Giulia, mentre in loco sono stati rinvenuti dei tumuli grazie agli scavi archeologici tenutisi nel 2003[1] dalla Sovrintendenza per i beni archeologici della Lombardia.[1]



Locum ad Leones \

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Fin dalla fondazione il monastero di Leno fu chiamato ad Leones, appellativo che secondo la tradizione deriverebbe da un sogno di re Desiderio. Narra infatti la leggenda che l'allora duca longobardo, stanco dopo una faticosa caccia in una zona paludosa nei pressi di Leno, si addormentasse. Una serpe, sbucata dal nulla, gli strisciò accanto e andò ad attorcigliarglisi attorno al capo. Il valletto che scortava il duca non lo svegliò temendo che, se lo avesse fatto, il duca si sarebbe agitato e la bestia avrebbe potuto morderlo; poco dopo la serpe si allontanò. Al risveglio Desiderio raccontò al servo di aver sognato una situazione simile a quella accadutagli realmente. Nel sogno, però, la serpe gli aveva mostrato un luogo particolare; il servitore indicò allora il punto in cui il rettile si era rifugiato. I due iniziarono a scavare in quel punto e rivennero tre leoni d'oro, o marmorei secondo altre fonti.[2]

Da questo episodio deriverebbe l'aggettivo leonense che avrebbe contrassegnato l'abbazia fatta poi erigere in quel luogo da Desiderio, una volta divenuto re.[3]

Secondo Jacopo (o Giacomo) Malvezzi, la fondazione del monastero sarebbe derivata non dal ritrovamento di statue leonine, ma da un sogno, occorso a Desiderio presso Leno durante una battuta di caccia, in cui si presagiva la sua futura incoronazione a re dei Longobardi.[4]

Il cenobio sorse nell'VIII secolo, in un'epoca di fioritura del monachesimo italiano. I monaci che vi abitavano erano stati fatti arrivare appositamente da Montecassino affinché diffondessero anche in quell'area la regola benedettina. Agli abati furono elargite numerose concessioni regie e papali che accrebbero, nel corso del Medioevo, il prestigio del cenobio lenese e lo resero un importante centro culturale, economico, religioso e, per i comuni dei dintorni, anche politico. L'abbazia raggiunse l'apice del suo sviluppo nell'XI secolo, cui fece seguito un progressivo decadimento del complesso monastico e del suo prestigio.

Con l'introduzione della commenda nel 1479 si può far iniziare un secondo periodo dell'esistenza del monastero, caratterizzato dal nuovo tipo di giurisdizione degli abati commendatari ma che vide comunque la continuazione di quella parabola discendente che si arresterà solamente nel 1783, anno dell'abbattimento del complesso monastico.[5] Nel corso dei secoli la chiesa abbaziale così come lo stesso convento furono più volte ricostruiti a seguito di incendi e altri gravi danni subiti, con il risultato di allontanarne sempre più la struttura architettonica da quella originale desideriana.[6]

Le origini Gli anni che precedettero la fondazione del monastero di Leno furono caratterizzati dalla lotta per il trono longobardo, scatenatasi in seguito alla morte di Astolfo, tra Desiderio duca di Tuscia e Rachis, fratello di Astolfo. Il duca, dapprima in svantaggio, cercò il sostegno dei Franchi e del papato promettendo a quest'ultimo territori in Emilia e nelle Marche. Per accattivarsi ancor più lo Stato Pontificio promosse importanti iniziative monastiche, specialmente nel Settentrione, stanziando a favore dei vari ordini monastici ingenti quantità di denaro e fondando anche nuovi edifici religiosi, come nel caso dell'abbazia di San Benedetto di Leno e del monastero di Santa Giulia a Brescia.[7]

Il cenobio lenese sarebbe sorto nel luogo dell'omonimo centro abitato, che aveva iniziato a costituirsi grazie soprattutto all'edificazione di una pieve, dedicata al Battista;[8] i lavori di costruzione terminarono poco dopo l'ascesa al trono di Desiderio (758) che, oltre a partecipare alla cerimonia d'inaugurazione in compagnia della consorte e di un nutrito gruppo di vescovi, provvide a dotarla di un cospicuo patrimonio immobiliare, che annoverava beni sparsi in tutta la Lombardia orientale,[9] sul lago di Como e 58 paesi o feudi (tra i quali San Martino dall'Argine) posti nel bresciano, cremonese, milanese e mantovano[10].

Il monastero sorse accanto a un chiesa preesistente, dedicata al Salvatore, alla Vergine Maria e all'arcangelo Michele, in cui i frati avrebbero officiato le messe e conservato le reliquie. Queste, che erano state portate nel bresciano da un gruppo di dodici monaci, avviatori dell'esperienza monastica lenese e provenienti direttamente da Montecassino, annoveravano il radio del santo iniziatore dell'ordine, Benedetto, e i resti dei Santi Vitale e Marziale, donati dal papa a Desiderio stesso e da questi cedute al nuovo cenobio.[11]


Il monastero tedesco di Reichenau con cui la badia di Leno teneva contatti. Nel 774, al crollo dell'egemonia longobarda in Italia per mano dei Franchi, il monastero visse momenti di preoccupazione per il venir meno del monarca fondatore, ma ben presto ci si rese conto che il re straniero, Carlo Magno, come difensore del Cristianesimo aveva tutto l'interesse a preservare l'integrità degli enti monastici, tanto da concedere agli abati di Leno il controllo sulla corte, oggi mantovana, di Sabbioneta.[12] Nel corso degli anni il patrimonio immobiliare del monastero si accrebbe sempre più non solo per donazioni fatte da persone vicine alla corte imperiale, ma anche e soprattutto per lasciti di privati.[13] Già agli albori del IX secolo il cenobio di Leno risultava legato da rapporti economici e spirituali a quello transalpino, ben più celebre, di Reichenau, sito nei pressi di Costanza, e fu ben presto elevato al rango di abbazia imperiale, come testimonia la nomina dell'abate Remigio ad arcicancelliere dell'imperatore Ludovico II.[14]

Il medesimo sovrano, per esplicito intervento dell'abate suo funzionario, riconfermò alla comunità benedettina i beni elargiti dai suoi antenati, la esentò dal versamento delle tasse e decretò che i confratelli potessero eleggere direttamente il rettore del cenobio,[15] riscuotere e trattenere i prelievi fiscali dei loro possessi fondiari;[16] il diploma prevedeva inoltre che nessun uomo al di fuori dell'abate potesse giudicare un residente nei domini del monastero.[17]

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Stato  Italia
  1. ^ Villa Badia | Fondazione Dominato Leonense, su www.fondazionedominatoleonense.it. URL consultato il 27 maggio 2020.