Utente:SteveR2/Marcus Aurelius

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Marco Aurelio
Busto dell'imperatore Marco Aurelio.
Imperatore romano
In carica8 marzo 161 – 17 marzo 180
(fino al 169 con Lucio Vero; dal 177 con Commodo)
PredecessoreAntonino Pio
SuccessoreCommodo
Nome completo(Imperator Caesar)
Marcus Aurelius Antoninus Augustus
Altri titoliPater Patriae dal 166, Console (140, 141 e 161),
Armeniacus (164),
Parthicus (166),
Medicus (166),
Germanicus (172),
Sarmaticus (175) e
Germanicus maximus (179).[1]
NascitaRoma, 26 aprile 121[2]
MorteSirmio o Vindobona[3][4], 17 marzo 180
Luogo di sepolturaMausoleo di Adriano, Roma
DinastiaAntonini
PadreMarco Annio Vero
Adottivo: Antonino Pio
MadreDomizia Lucilla
ConiugeFaustina minore
Figli13, fra cui Commodo, Marco Annio Vero Cesare e Lucilla

Marco Aurelio, nome completo Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto (in latino Imperator Caesar Marcus Aurelius Antoninus Augustus, nelle iscrizioni: IMP(erator)•CAES(ar)•M(arcus)•AVREL(ius)•ANTONINVS•AVG(ustus); Roma, 26 aprile 121Sirmio, 17 marzo 180[5]), è stato un imperatore, filosofo e scrittore romano. Fu adottato nel 138, su indicazione dell'imperatore Adriano, dal futuro suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede al trono imperiale. Nato come Marco Annio Catilio Severo[6][7] (Marcus Annius Catilius Severus), divenne Marco Annio Vero (Marcus Annius Verus), che era il nome di suo padre, al momento del matrimonio con sua cugina Faustina, figlia di Antonino, e assunse quindi il nome di Marco Aurelio Cesare, figlio dell'Augusto (Marcus Aurelius Caesar Augusti filius) durante l'impero di Antonino stesso.[8]

Marco Aurelio fu imperatore dal 161 sino alla morte, avvenuta per malattia nel 180 a Sirmio secondo il contemporaneo Tertulliano[4] o presso Vindobona.[3] Fino al 169 mantenne la coreggenza dell'impero assieme a Lucio Vero, suo fratello adottivo nonché suo genero, anch'egli adottato da Antonino Pio. Dal 177 associò al trono suo figlio Commodo.[9] Considerato dalla storiografia tradizionale come un sovrano illuminato – il quinto dei cosiddetti "buoni imperatori"[10] menzionati da Edward Gibbon[11] – il suo regno fu tuttavia funestato da conflitti bellici (guerre partiche e contro le popolazioni germano-sarmatiche del nord), carestie e pestilenze.[12][13]

Marco Aurelio è ricordato anche come un importante filosofo stoico, autore dei Colloqui con se stesso (Τὰ εἰς ἑαυτόν nell'originale in greco).[14]

Alcuni imperatori successivi utilizzarono il nome "Marco Aurelio" per accreditare un inesistente legame familiare con lui.[15]

Fonti biografiche modifica

Le principali fonti per la vita e il ruolo di Marco Aurelio sono frammentarie e spesso inaffidabili. Il gruppo più importante di fonti, ovvero quello rappresentato dalle biografie contenute nella Historia Augusta, è attribuito a una serie di autori vissuti tra la fine del III e il IV secolo[16] in epoca teodosiana (anche se c'è chi lo attribuisce all'epoca dioclezianea-costantiniana), ma pare che esso in realtà sia stato composto da un solo autore, successivamente al IV secolo.[17]

Le biografie più tarde e quelle degli imperatori subordinati e degli usurpatori sono per lo più piene di imprecisioni o falsità, ma le biografie precedenti, derivate principalmente da fonti ormai perdute (come Mario Massimo), ma anche da Eutropio e Aurelio Vittore, sono molto più accurate. Le biografie di Marco Aurelio, Adriano, Antonino Pio e Lucio Vero sono in gran parte affidabili, secondo quanto sostiene il Birley, mentre quelle di Elio Vero e Avidio Cassio sono in massima parte fantasiose.[17]

Di Frontone, maestro di retorica di Marco e di vari funzionari di Antonino Pio, si conservano una serie di manoscritti irregolari, che coprono il periodo 138-166. Nei Colloqui con se stesso Marco offre una finestra sulla sua vita interiore, ma gran parte dei libri risultano senza riferimenti cronologici e fanno pochi accenni specifici al mondo esterno.[18]

La più attendibile fra le principali fonti del periodo è Cassio Dione, un senatore greco originario della Bitinia che scrisse una storia di Roma dalla sua fondazione al 229, in ottanta libri, la Storia romana. Dione è di vitale importanza per la storia militare del periodo, ma i suoi pregiudizi senatoriali e una forte opposizione all'espansione imperiale oscurano la sua prospettiva, come era accaduto con Tacito e Svetonio nei confronti dei Giulio-Claudii.[19]

Altre fonti letterarie forniscono ulteriori informazioni sul contesto storico e sociale in cui visse l'imperatore: si tratta degli scritti del medico Galeno circa le abitudini della nobilitas legata alla famiglia antonina, delle orazioni di Elio Aristide sul costume di quei tempi e delle costituzioni imperiali dello stesso Marco, conservate nel Digesto, nel Codice giustinianeo e in altre parti del Corpus iuris civilis, la raccolta di leggi e commenti giurisprudenziali voluta da Giustiniano I. Epigrafi e monete possono integrare le fonti letterarie, senza dimenticare i numerosi reperti archeologici presenti nelle principali raccolte museali di tutto il mondo.[20]

Biografia modifica

Origini familiari modifica

 
Ritratti dei genitori di Marco Aurelio, dal Promptuarii Iconum Insigniorum.

La famiglia di Marco era di origine romana, ma stabilita da tempo a Ucubi (Colonia Claritas Iulia Ucubi, odierna Espejo),[21] una piccola cittadina della Spagna romana situata a sud est di Cordŭba, poi inglobata nella periferia della vicina città. Essa salì alla ribalta alla fine del I secolo, quando il bisnonno dell'imperatore, Marco Annio Vero, fu senatore e, secondo la Historia Augusta, pretore. Nel 73-74 suo nonno, anch'egli di nome Marco Annio Vero, fu elevato al rango di patrizio.[22][23]

Il terzo Marco Annio Vero, figlio di questi, sposò Domizia Lucilla, figlia del patrizio Publio Calvisio Tullo Rusone e di Domizia Lucilla maggiore. I fratelli del padre Annio Vero, nonché zii di Marco Aurelio, erano Marco Annio Libone e Faustina, moglie del futuro imperatore Antonino Pio.[24][25]

Lucilla maggiore, la nonna materna, aveva ereditato una grande fortuna (descritta a lungo in una delle lettere di Plinio il Giovane) dal nonno materno e dal nonno paterno di adozione. Domizia Lucilla avrebbe acquisito gran parte della ricchezza di sua madre, tra cui una grande fabbrica di mattoni (figlina) nella periferia di Roma, attività molto redditizia in un'epoca in cui la città era interessata da una notevole espansione edilizia.[26] La famiglia della madre era di rango consolare, mentre quella del padre vantava addirittura una discendenza da Numa Pompilio, il secondo re di Roma dopo Romolo, così come tutta la gens Annia, una famiglia plebea entrata in seguito a far parte della nobilitas romana.[27]

Infanzia e giovinezza (121-136) modifica

 
Veduta odierna (vista dall'Aventino) del Celio, il colle di Roma dove Marco Aurelio nacque e visse la sua giovinezza, prima in casa dei genitori e poi del nonno Vero

Marco Aurelio nacque a Roma il 26 aprile del 121, secondo il calendario romano il sesto giorno prima delle calende di maggio, nell'anno del secondo consolato di suo nonno Marco Annio Vero, corrispondente all'anno 874 dalla fondazione di Roma.[27] Lucilla e Vero ebbero due figli: oltre al futuro imperatore Marco Aurelio, anche una figlia, Annia Faustina Cornificia, nata probabilmente nel 122 o nel 123.[26] Annio Vero morì giovane, durante la sua pretura[28], presumibilmente nel 124[29], quando Marco aveva solo tre anni. Anche se difficilmente può averlo conosciuto, Marco Aurelio scrisse nelle sue Meditazioni (o Colloqui con se stesso) che aveva imparato "modestia e virilità" dal ricordo di suo padre e dalla sua reputazione postuma. Lucilla non si risposò più.[30]

La madre di Marco, come da usanza della nobilitas, trascorse poco tempo col figlio, affidandolo alle cure delle domestiche.[31] Ciononostante, Marco accredita a sua madre l'insegnamento della "pietà religiosa, la semplicità nella dieta" e come evitare "le vie dei ricchi".[32] Nelle sue lettere Marco fa frequente e affettuoso riferimento alla madre, manifestandole la sua gratitudine, "nonostante mia madre fosse condannata a morire giovane, trascorse i suoi ultimi anni di vita con me".[33]

Dopo la morte di suo padre, il piccolo Marco Aurelio andò a stare dal nonno paterno Marco Annio Vero. Un altro uomo, Lucio Catilio Severo, partecipò alla sua istruzione; Severo è descritto come il "bisnonno materno" di Marco, ed era probabilmente il patrigno o padre adottivo di Lucilla maggiore. Marco crebbe nella casa dei suoi genitori, sul Celio, dove era nato, poi in quella del nonno, in un quartiere che avrebbe affettuosamente ricordato come "il mio Celio".[34]

 
Un giovanissimo Marco Aurelio (Museo Fenaille, Rodez)

Era una zona esclusiva, con pochi edifici pubblici e molte domus nobiliari. Il palazzo del nonno di Marco Aurelio, dove Marco avrebbe trascorso gran parte della sua infanzia, sorgeva accanto al Laterano. Marco era riconoscente al nonno per avergli insegnato "a tener lontano il brutto carattere"[35]. Egli fu grato agli eventi che gli impedirono di vivere nella stessa casa con la concubina che il nonno aveva preso dopo la morte della moglie, Rupilia Faustina. Evidentemente questa donna o qualcuno del suo seguito, secondo il Birley, potevano costituire una tentazione per il giovane Marco.[36]

La sua istruzione avvenne in casa: in linea con le tendenze aristocratiche del tempo..[37] Uno dei suoi maestri, Diogneto, si dimostrò particolarmente influente, introducendo Marco ad una visione filosofica della vita e insegnandogli la razionalità.[38] Nell'aprile del 132, per volere di Diogneto (da taluni identificato come il destinatario della lettera A Diogneto[39]), Marco prese a utilizzare le vesti e ad avere le abitudini proprie dei filosofi, come usare un ruvido mantello greco.[40]

Una nuova serie di tutores, il grammatico Alessandro di Cotieno, Trosio Apro e Tuticio Proculo continuò a occuparsi della sua istruzione nel 132-133. Alessandro viene descritto come un importante letterato, il principale studioso omerico del suo tempo. Marco ringrazia Alessandro per la sua formazione nello stile letterario, rilevata in molti passi dei Colloqui con se stesso.[41]

La successione di Adriano (136-138) modifica

 
Busto dell'imperatore Adriano (Musei Capitolini, Roma)

Alla fine del 136 Adriano rischiò di morire per emorragia. Convalescente nella sua villa di Tivoli, scelse Lucio Ceionio Commodo (conosciuto poi come Lucio Elio Vero) come suo successore, adottandolo come suo figlio contro la volontà delle persone a lui vicine. Dopo una breve permanenza lungo la frontiera del Danubio, Lucio tornò a Roma per pronunciarvi, il primo giorno del 138, un discorso davanti al Senato riunito. La notte prima del discorso, però, si ammalò e morì di emorragia nel corso della giornata. Il 24 gennaio del 138 Adriano scelse allora Aurelio Antonino come suo nuovo successore.[42]

Dopo essere stato esaminato per alcuni giorni, Antonino fu accettato dal Senato e adottato il 25 febbraio. A suo volta, come da disposizioni dello stesso princeps, Antonino adottò Marco e il giovane Lucio Commodo, figlio dello scomparso Lucio Elio Vero. Da questo momento Marco mutò il suo nome in Marco Elio Aurelio Vero e Lucio in Lucio Elio Aurelio Commodo. Marco rimase sconcertato quando seppe che Adriano lo aveva adottato come nipote: solo con riluttanza passò dalla casa di sua madre sul Celio a una casa privata di Adriano.[43]

Poco tempo più tardi, Adriano chiese in Senato che Marco fosse esentato dalla legge che impediva di diventare questore prima del ventiquattresimo compleanno. Il Senato acconsentì e Marco divenne prima questore nel 138 e poi console sotto Antonino Pio nel 140, a soli diciotto anni. Fu quindi facilitato nel percorso della sua classe sociale attraverso l'adozione; egli sarebbe probabilmente diventato, prima triumvir monetalis (responsabile delle emissioni monetali imperiali), in seguito tribunus militum in una legione. Marco probabilmente avrebbe preferito viaggiare e approfondire gli studi. Il suo biografo attesta che il suo carattere rimase inalterato: "Mostrava ancora lo stesso rispetto per i rapporti come aveva quando era un cittadino comune ed era così parsimonioso e attento dei suoi beni come lo era stato quando viveva in una abitazione privata".[44]

La salute di Adriano continuava a peggiorare tanto da desiderare la morte anche se questa non arrivava,[45] tutti impediti dal successore Antonino. L'imperatore, ormai gravemente malato, lasciò Roma per la sua residenza estiva, una villa a Baiae, località balneare sulla costa campana. Le sue condizioni però continuavano a peggiorare tanto che Adriano disattese la dieta prescrittagli dai medici, indulgendo in cibo e bevande, morendo infine di edema polmonare il 10 luglio del 138. Le sue spoglie furono sepolte inizialmente a Pozzuoli, per poi essere traslate nel mausoleo monumentale che egli stesso aveva fatto costruire a Roma. La successione di Antonino si rivelò ormai stabilita e priva di possibili colpi di mano: Antonino continuò a sostenere i candidati di Adriano ai vari pubblici uffici, cercando di venire incontro alle richieste del Senato, rispettandone i privilegi e sospendendo le condanne a morte pendenti sugli uomini accusati negli ultimi giorni di vita da Adriano. Per il suo comportamento, rispettoso dell'ordine senatorio e delle nuove regole, Antonino fu insignito dell'appellativo "Pio".[7][46]

Gli anni di governo con il padre adottivo Antonino Pio (139-161) modifica

 
Marco Aurelio adolescente (Musei Capitolini, Roma)

Subito dopo la morte di Adriano, Antonino fece chiedere a sua moglie Faustina se Marco fosse stato disposto a modificare i suoi accordi matrimoniali. Marco acconsentì a sciogliere la promessa fatta a Ceionia Fabia ed a fidanzarsi con Faustina, la loro giovane figlia, inizialmente promessa sposa a Lucio.[47] Marco ricoprì il suo primo consolato nel 140, con Antonino come collega. In qualità di erede designato, fu quindi nominato princeps iuventutis, il comandante dell'ordine equestre. Assunse il titolo di Cesare,[48] divenendo Marco Elio Aurelio Vero Cesare; in seguito si sarebbe messo in guardia dal prendere troppo sul serio l'incarico: "Vedi di non trasformarti in un altro Cesare".[49] Su invito del Senato, Marco venne inserito contemporaneamente nei principali collegi sacerdotali (tra i quali figuravano i pontifices, gli augures, i quindecemviri sacris faciundis e i septemviri epulones).[50]

Antonino gli chiese di prendere la residenza nella Domus Tiberiana, uno dei palazzi imperiali sul Palatino. Marco avrebbe avuto difficoltà a conciliare la vita di corte con le sue aspirazioni filosofiche, anche se ammirò sempre e profondamente Antonino come un uomo giusto, esempio di condotta morale.[51] Marco si convinse che la vita serena a corte doveva essere un obiettivo raggiungibile, "dove la vita è possibile, allora è possibile vivere una vita giusta, la vita è possibile in un palazzo, per cui è possibile vivere la vita proprio in un palazzo"[52][53] affermò, trovandolo comunque di difficile attuazione. Marco sembrava criticare se stesso nei Colloqui per "aver abusato della vita di corte" di fronte alla società.[53][54]

Come questore, Marco sembra abbia ricoperto un ruolo amministrativo secondario, i compiti erano la lettura delle lettere imperiali al Senato, quando Antonino era assente, e più in generale quello di essere una sorta di segretario privato del princeps. I suoi compiti come console furono invece più significativi, in qualità di uno dei due fra i più alti rappresentanti del Senato, presiedendo le riunioni che avevano un ruolo importante nelle funzioni amministrative del corpo statale. Si sentiva assorbito dal lavoro d'ufficio e se ne lamentò con il suo tutore Frontone: "Sono senza fiato a causa di dover dettare quasi trenta lettere". Egli era stato "preparato per governare lo Stato", nelle parole del suo biografo. Fece, inoltre, alcuni discorsi ai senatori.[55][56]

Il 1º gennaio 145, Marco venne nominato console per la seconda volta, a soli ventidue anni.[57] Una lettera di Frontone, che potrebbe essere stata inviata in quel frangente, esortava Marco a dormire molto "in modo che potrai entrare in Senato con un buon colorito e leggere il discorso con una voce forte". Marco si era lamentato di una malattia in una lettera precedente: "Per quanto riguarda la mia forza essa è migliorata, sto cominciando a guarire e non vi è alcuna traccia di dolore nel mio petto, ma riguardo l'ulcera [...] sto facendo un trattamento e faccio attenzione a non fare nulla che interferisca con esso". La sua salute non fu mai particolarmente forte. Lo storico romano Dione Cassio, scrivendo dei suoi ultimi anni, lo elogiò per essersi comportato doverosamente nonostante le sue varie malattie.[58]

Matrimonio con Faustina modifica

 
Busto di Faustina Minore, Louvre, Parigi.

Nell'aprile del 145 Marco sposò Faustina, come era stato programmato sin dal 138. Dal momento che Marco era figlio adottivo di Antonino Pio, secondo il diritto romano stava per sposare sua sorella; Antonino dovette così liberare ufficialmente uno dei due figli dalla sua autorità paterna (patria potestas) per permettere che la cerimonia si potesse svolgere. Poco si sa in particolare della cerimonia stessa, ma si tramanda che fu degna di nota. Vennero coniate delle monete con le immagini degli sposi, e di Antonino, che avrebbe officiato la cerimonia come Pontefice massimo. Nelle lettere rimanenti Marco non fa esplicito riferimento al matrimonio, durato trentuno anni, e solo qualche raro accenno a Faustina.[59]

La formazione oratoria e filosofica (136-147) modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: [[[[Pensiero di Marco Aurelio#Formazione filosofica e rapporto con i maestri|Pensiero di Marco Aurelio § Formazione filosofica e rapporto con i maestri.
 
Epitteto, i cui pensieri furono una grande fonte di ispirazione per Marco Aurelio

Dopo aver indossato la toga virilis nel 136 iniziò probabilmente la sua formazione oratoria. Aveva tre maestri di greco, tra cui Erode Attico, e uno di latino, Marco Cornelio Frontone, che Marco ricorda spesso come suo maestro di stile e di vita nei Colloqui con se stesso.[60] Gli ultimi due erano gli oratori più stimati dell'epoca. Frontone e Attico, però, divennero suoi precettori solo dopo la sua adozione da parte di Antonino, nel 138. La preponderanza dei tutor greci indica l'importanza della lingua per l'aristocrazia di Roma. Questa era l'età della seconda sofistica, una rinascita della letteratura greca. Sebbene istruito a Roma, Marco scriverà nei Colloqui con se stesso i suoi pensieri più profondi in greco.[56][61]

Erode era un uomo molto ricco e discusso, forse il più ricco d'oriente (grazie all'usura) e mal sopportava gli stoici, ma era un abile oratore e sofista; Marco, che sarebbe diventato proprio uno stoico, non lo ricorda affatto nei Colloqui con se stesso, nonostante si siano incontrati molte volte nel corso dei decenni successivi.[62]

Frontone godeva di grande reputazione: nel mondo consapevolmente antiquato della letteratura latina, era considerato, come oratore, secondo solo a Cicerone, una fama che oggi, in base ai pochi frammenti rimasti, può lasciare meravigliati.[63] Egli non provava simpatia per Erode, anche se Marco riuscì alla fine a far stabilire buoni rapporti fra di loro. Frontone aveva una completa padronanza del latino e, abile nella scelta delle parole, era capace di formulare espressioni insolite attraverso l'arte letteraria.[64] Una quantità significativa di corrispondenza tra Frontone e Marco è pervenuta fino a noi. I due erano molto intimi, Marco lo chiamava "mio caro Frontone" e "la mia gioia" e trascorreva molto tempo anche con la moglie e la figlia, entrambe di nome Crazia, in conversazioni non impegnate.[65]

Marco scrisse a Frontone una lettera per il suo compleanno, affermando di amarlo come amava se stesso e appellandosi agli dèi affinché tutto il suo sapere letterario venisse appreso "dalle labbra di Frontone". Le sue preghiere per la salute di Frontone erano più di un atto convenzionale (perché Frontone era spesso malato e a volte sembrava soffire di una costante infermità), tanto da chiedere di condividere lui stesso il dolore di Frontone.[66]

 
Quinto Giunio Rustico
 
Erode Attico

Frontone non divenne insegnante a tempo pieno di Marco e continuò la sua carriera di avvocato. Una causa famosa lo portò in contrasto con Erode, che era il principale accusatore di Tiberio Claudio Demostrato, un notabile ateniese difeso proprio da Frontone. L'esito del processo è ignoto, ma Marco riuscì a far riconciliare i due.[64] A seguire Erode divenne console ordinario mentre, a luglio e agosto del 143, Frontone fu nominato consul suffectus.[67] Marco gli scrisse informandolo che l'ultimo nato di Erode era appena morto e lo invitò a esprimergli le sue condoglianze. Frontone gli scrisse pertanto una lettera, in greco, in parte giunta fino a noi. Frontone elogiò inoltre Marco per il suo talento come mediatore: "se qualcuno ha mai avuto il potere dal suo carattere di riunire tutti i suoi amici nella reciproca concordia, tu ci riusciresti con estrema facilità".[68]

All'età di venticinque anni Marco cominciò a disamorarsi degli studi in giurisprudenza, mostrando segnali di un diffuso malessere. Era stanco dei suoi esercizi e di prendere posizione nei dibattiti immaginari. Quando criticò la mancanza di sincerità del linguaggio convenzionale, Frontone prese a difenderlo.[69] In ogni caso, l'istruzione formale di Marco era ormai finita. Aveva mantenuto con i suoi insegnanti buoni rapporti, li seguiva tuttora con devozione, anche se la lunga istruzione aveva influenzato negativamente la sua salute.[70]

Nella fase iniziale Frontone aveva messo in guardia Marco contro lo studio della filosofia: "è meglio non aver mai intrapreso lo studio della filosofia, piuttosto che averla assaggiata, con la punta della lingua, come si suol dire". Egli disapprovava come una deviazione giovanile le sue lezioni con Apollonio di Calcide.[71] Un altro maestro di filosofia, che Marco ricorda nei suoi scritti, è Claudio Massimo[72], filosofo e politico.[73]

Apollonio potrebbe aver introdotto Marco alla filosofia stoica, ma Quinto Giunio Rustico avrebbe avuto la maggiore influenza sul ragazzo; egli era considerato il vero successore di Seneca. Oltre a Rustico, Marco s'ispirò probabilmente alla lettura di Arriano, a cui si devono le trascrizioni delle lezioni del maestro di questi (che Marco non conobbe per ragioni di età), Epitteto di Ierapoli; fu proprio Rustico a suggerirgli queste letture.[74]

Nascite e morti nella famiglia (147-161) modifica

 
Un giovane Commodo, nato nell'agosto del 161 e futuro erede di Marco Aurelio

Il 30 novembre 147 Faustina diede alla luce una bambina di nome Domizia Faustina. Era solo la prima di almeno tredici figli (tra cui tre coppie di gemelli) che Faustina avrebbe avuto nei successivi ventitré anni. Il giorno successivo, 1º dicembre, Antonino Pio diede a Marco la tribunicia potestas (potere tribunizio) e l'imperium, cioè l'autorità sugli eserciti e sulle province imperiali. Il potere tribunizio conferiva a Marco il diritto di proporre un provvedimento con prelazione sul Senato e sullo stesso Antonino. Questi poteri gli furono rinnovati, insieme ad Antonino, il 10 dicembre.[75]

La prima menzione di Domizia nelle lettere di Marco ne rivela la salute malferma. Scrive a Frontone[76]: "Se gli dèi sono disposti, ci sembra di avere una speranza di guarigione. La diarrea si è fermata, i piccoli attacchi di febbre sono stati cacciati via. Ma la magrezza è ancora estrema e c'è ancora un po' di tosse". Lui e Faustina erano molto occupati nella cura della bambina, che sarebbe morta poi nel 151.[77][78][79]

Nel 149 nacquero a Faustina due gemelli, commemorati da una moneta con cornucopie incrociate sotto i busti dei due bambini e la scritta "felicità dei tempi". Essi non sopravvissero però a lungo. Tito Aurelio Antonino e Tito Elio Aurelio, questi i nomi ricavati dagli epitaffi, morirono molto presto (prima del 152) e furono sepolti nel mausoleo di Adriano.[78][80]

Lo stesso Marco scrisse: "Uno prega: «che io non debba perdere mio figlio!»; ma tu devi pregare: «che io non tema di perderlo!»"[81] Egli citò dall'Iliade quella che lui chiamava "la frase che tutti conoscono, per ricordare di essere estraneo al dolore e alla paura": «Foglie, alcune il vento le sparge per terra (..), così la stirpe degli uomini» (Iliade 6,146).[82]

Marco Aurelio: aureo[83]
 
FAVSTINA AVGVSTA, busto con drappeggio verso sinistra; FECVNDITA-TI AVGVSTAE, la Fecunditas (fertilità) seduta verso destra su una sedia, tiene un bambino sulle ginocchia, un altro è in piedi sulla sinistra ed un altro ancora sulla destra.
17 mm, 7.37 g, 6 h, attorno al 161 (?).

Un'altra coppia di gemelli nacque il 7 marzo del 150: Annia Aurelia Galeria Lucilla; seguì Annia Aurelia Galeria Faustina, che potrebbe non essere nata tra il 153 ed il 157, secondo alcune fonti. Un altro figlio, Tito Elio Antonino, viene citato dalle fonti nel 152. Una moneta celebra la "fertilità dell'Augusta" (FECVNDITAS), raffigurando due bambine e un bambino (Lucilla, Faustina e Tito Antonino, appunto).[83] Il maschio non sopravvisse a lungo, considerando che sulle monete del 156 solo le due femmine erano raffigurate. Egli potrebbe essere morto nel 152, lo stesso anno della sorella di Marco, Cornificia.[84]

Il 28 marzo del 158, Marco stesso rispose in una lettera dicendo che il bambino era morto. Nel 159 e 160 Faustina diede alla luce due figlie: Fadilla e Cornificia, che portavano i nomi delle defunte sorelle di Faustina e di Marco.[85] Altri figli nacquero in seguito, oltre a Commodo e al gemello di questi Fulvio Antonino. Si trattava di Marco Annio Vero Cesare, Vibia Aurelia Sabina e Adriano, che morì anche lui giovanissimo.[86]

Nel 152 Lucio divenne questore all'età di ventitré anni, due anni prima dell'età legale, mentre Marco aveva ricoperto questo stesso incarico a soli diciassette anni. Nel 154 ottenne il consolato all'età di venticinque, sette anni prima dell'età legale. Lucio non aveva altri titoli onorifici, tranne quello di "figlio dell'Augusto". Aveva una personalità molto diversa da Marco: amava l'attività sportiva di ogni genere, in particolare la caccia e la lotta, e aveva evidente piacere ad assistere ai giochi circensi e alle lotte dei gladiatori. Non si sposò fino al 164. Antonino Pio non amava gli interessi del figlio adottivo. Desiderava mantenere Lucio in famiglia, ma non era sicuro di potergli dare gloria e potere.[87] Come si nota dalle statue di questo periodo, Marco cominciò a portare la barba (oltre ai tipici capelli arricciati dell'età antonina), seguendo la moda iniziata da Adriano[88], seguita da Antonino dopo di lui, che durò a lungo, sostituendo l'aspetto dell'uomo romano che in passato lo voleva completamente sbarbato.[89]

Nel 156 Antonino Pio compì settanta anni. Godeva ancora di un discreto stato di salute, seppure avesse difficoltà a stare eretto senza utilizzare dei sostegni. Il ruolo di Marco cominciò così a crescere sempre più, in particolare quando il prefetto del pretorio Gavio Massimo morì, tra il 156 ed il 157. Egli aveva mantenuto questo importante ruolo per quasi vent'anni, risultando pertanto di fondamentale importanza con i suoi consigli su come governare. Il suo successore, Gavio Tattio Massimo, sembra non avesse lo stesso peso politico presso il princeps e poi non durò a lungo.[90] Nel 160 Marco e Lucio furono designati consoli insieme, forse perché il padre adottivo cominciava a stare male. Antonino morì nei primi mesi del 161:[91][92] due giorni prima della sua morte, che nei racconti della Historia Augusta fu "molto dolce, come il più tranquillo dei sonni", l'imperatore, che si trovava nella sua tenuta di Lorium, aveva mangiato formaggio alpino a cena, piuttosto avidamente. Vomitò nella notte e gli comparve la febbre. Aggravatosi il giorno successivo, il 7 marzo 161, convocò il consiglio imperiale (compresi i prefetti del pretorio, Furio Vittorino e Sesto Cornelio Repentino) e passò tutti i suoi poteri a Marco. Egli ordinò che la statua d'oro della Fortuna, che era nella camera da letto degli imperatori, fosse portata da Marco. Diede poi la parola d'ordine al tribuno di guardia, «equanimità». Poi si girò, come per andare a dormire, e morì all'età di settantacinque anni.[91][93]

Ascesa alla porpora imperiale (161) modifica

 
Adozione (Monumento dei Parti, oggi presso il Museo di Efeso di Vienna): Antonino Pio (al centro) con Lucio Vero di sette anni (a destra) e Marco Aurelio di diciassette anni (a sinistra, alle spalle). All'estrema destra, sembra Adriano.
 
Statua di Antonino Pio (Musei Vaticani-Museo Chiaramonti, Roma)

Dopo la morte di Antonino Pio, Marco Aurelio era di fatto unico princeps dell'Impero. Il senato gli avrebbe presto concesso il titolo di Augusto e di imperator, oltre a quello di Pontifex Maximus, sacerdote a capo dei culti ufficiali della religione romana. Sembra che Marco dimostrò, almeno inizialmente, tutta la sua riluttanza a farsi carico del potere imperiale, poiché il suo biografo scrive che fu "costretto dal Senato ad assumere la direzione della Res publica dopo la morte di Pio". Egli deve aver avuto una vera e propria paura del potere imperiale (horror imperii), considerando la sua predilezione per la vita filosofica, ma sapeva da stoico qual'era, quello che doveva fare e come farlo.[94]

Il primo esempio di governo imperiale collegiale modifica

Anche se non sembra mostrare affetto personale per Adriano nei Colloqui con se stesso, Marco lo rispettò molto e presumibilmente ritenne suo dovere metterne in atto i suoi piani di successione. E così, anche se il Senato voleva confermare solo lui, egli rifiutò di entrare in carica senza che Lucio ricevesse gli stessi onori. Alla fine il senato fu costretto ad accettare e nominò Augusto, Lucio Vero. Marco divenne, nella titolatura ufficiale, Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto, mentre Lucio, rinunciando al suo cognomen di Commodo, ma assumendo il nome di famiglia di Marco, Vero, divenne Imperatore Cesare Lucio Aurelio Vero Augusto. Questa era la prima volta che Roma veniva governata da due imperatori contemporaneamente.[95]

Fin dalla sua ascesa al principato, Marco ottenne dal Senato che Lucio Vero gli fosse associato su un piano di parità (diarchia),[48] con gli stessi titoli, ad eccezione del pontificato massimo che non si poteva condividere.[95] La formula era innovativa: per la prima volta alla testa dell'impero vi era una collegialità e una parità totale tra i due principes. In passato era accaduto sotto l'imperatore Tiberio, che aveva fatto sua un'idea di Augusto (più tardi imitata dallo stesso Claudio),[96] designando una diarchia alla sua morte, con Caligola e Tiberio Gemello, ma le manovre del Senato e di Caligola stesso annullarono le sue ultime volontà.[97] In teoria i due fratelli, entrambi insigniti del titolo di Augustus, ebbero gli stessi poteri. In realtà Marco conservò una preminenza che Vero mai contestò.[98]

 
Lucio Vero

Le ragioni pratiche di questa collegialità, voluta da Adriano forse per onorare la memoria di Lucio Elio, adottandone il figlio, e allo stesso tempo lasciare l'impero a Marco Aurelio di cui aveva capito le grandi qualità, non sono chiare.[99] La successione congiunta potrebbe essere stata motivata da esigenze militari, come accadeva in età arcaica nella diarchia spartana, o con la coppia consolare in epoca repubblicana.[100] Occorreva infatti una figura rappresentativa e carismatica al comando delle truppe. Neppure l'imperatore in persona avrebbe potuto difendere i principali fronti contemporaneamente, né avrebbe potuto semplicemente incaricare un generale di condurre un attacco.[101] Questa autorità collegiale permise, inoltre, in epoca republicana di non permettere a una singola persona di impadronirsi del potere supremo. Il governo congiunto e formalmente paritario, che durò dal 161 al 169, venne di fatto ripristinato. Più tardi si ebbero solo poche e brevissime periodi di questo genere di potere, come ad esempio quando governarono insieme Caracalla ed il fratello, Geta (nel 211), oppure durante i regni di Pupieno e Balbino (nel 238) o di Gallieno e Valeriano (dal 253 al 260). Solo in seguito venne creata una struttura di potere collegiale stabile che, inaugurata da Diocleziano con Massimiano (la Tetrarchia, nata negli anni 286-293), durò con alterne vicende, almeno a livello giuridico, fino all'ascesa di Giuliano (nel 361).[102]

A dispetto della loro uguaglianza nominale, Marco ebbe maggior auctoritas (autorità) di Lucio Vero. Fu console una volta di più di Lucio, avendo condiviso l'amministrazione già con Antonino Pio, e solo Marco divenne Pontifex Maximus. E questo fu chiaro a tutti. L'imperatore più anziano deteneva un comando superiore al fratello più giovane: "Vero obbedì a Marco... come il tenente obbedisce a un proconsole o un governatore obbedisce all'imperatore".[95][103] Subito dopo la conferma del Senato, gli imperatori procedettero alla cerimonia di insediamento presso i Castra Praetoria, l'accampamento della guardia pretoriana. Lucio affrontò le truppe schierate, che acclamarono la coppia di imperatores. Poi, come ogni nuovo imperatore, da Claudio in poi, Lucio promise alle truppe un donativo speciale, che fu il doppio di quelli passati: 20.000 sesterzi (5.000 denari) pro capite ai pretoriani, ed in proporzione agli altri militari dell'esercito.[104] In cambio di questa donazione, pari a diversi anni di stipendium, le truppe giurarono fedeltà ai due imperatori. La cerimonia non del tutto necessaria, considerando che l'ascesa di Marco era stata pacifica e incontrastata, costituì comunque una buona assicurazione contro possibili rivolte da parte dei militari.[95] In seguito a questi eventi sembra che la moneta d'argento, il denario, cominciò un lento processo di svalutazione, che portò sia alla riduzione del suo peso, sia alla riduzione del tuo titolo (% di argento presente nella lega), che passò dall'89% dell'epoca di Traiano al 79%.[95][105]

Il funerale di Antonino fu celebrato in modo che lo spirito potesse ascendere agli dèi, come era tradizione. Il corpo venne posto su una pira. Lucio e Marco divinizzarono il padre adottivo, attraverso un sacerdozio preposto al suo culto, con il consenso del Senato.[106] Sulla base delle sue ultime volontà, il patrimonio di Antonino passò a Faustina, non direttamente a Marco.[107]

Nascita di Commodo modifica

Faustina era incinta di tre mesi in quel momento. Durante la gravidanza sognò di dare alla vita due serpenti, uno più agguerrito rispetto all'altro.[108][109] Il 31 agosto nacquero infatti due gemelli a Lanuvio: Tito Aurelio Fulvio Antonino e Lucio Elio Aurelio Commodo, che poi sarebbe succeduto al padre come imperatore. A parte il fatto che i gemelli erano nati lo stesso giorno di Caligola, i presagi sembra fossero favorevoli, e gli astrologi trassero auspici positivi per i due neonati. Le nascite furono celebrate sulla monetazione imperiale.[110]

Principato (161-180) modifica

 
Statua equestre di Marco Aurelio, in bronzo, situata al Campidoglio (copia moderna non fedele dell'originale che si trova ai Musei capitolini)

Governo congiunto (161-169) modifica

Subito dopo l'adozione, Marco promise come sposa a Lucio la figlia undicenne, Lucilla, nonostante formalmente fosse suo zio.[111] Alle celebrazioni dell'evento, furono stanziati fondi per il sostegno dei bambini poveri, sulla falsariga delle precedenti fondazioni imperiali. I sovrani divennero popolari tra la gente di Roma.[109] Gli imperatori stabilirono la completa libertà di parola, come dimostra il fatto che un noto commediografo, un certo Marullus, fu in grado di criticarli senza subire ritorsioni. In qualsiasi altro momento, sotto qualsiasi altro imperatore, sarebbe stato giustiziato. Ma era un momento di pace e di clemenza e il biografo riporta che "Nessuno rimpiangeva i modi miti di Pio".[109][112]

Marco Aurelio sostituì una serie di importanti funzionari dell'impero: Sesto Cecilio Crescenzio Volusiano, responsabile della corrispondenza imperiale, con Tito Vario Clemente. Quest'ultimo era un provinciale, originario del Norico, che aveva prestato servizio militare nella guerra in Mauretania. Recentemente, aveva servito come procuratore in cinque differenti province. Costituiva l'uomo adatto per affrontare un periodo di emergenza militare.[113] Lucio Volusio Meciano, che era stato uno degli insegnanti di Marco Aurelio, era governatore della prefettura d'Egitto. Marco lo fece senatore, poi lo nominò prefetto della tesoreria (Praefectus aerarii Saturni) e poco dopo ottenne anche il consolato.[114] Il figlio adottivo di Frontone, Gaio Aufidio Vittorino (padre dei futuri consoli di età severiana Gaio Aufidio Vittorino[115] e Marco Aufidio Frontone), venne nominato governatore della Germania superiore.[116]

Frontone tornò nella sua residenza romana all'alba del 28 marzo, dopo aver lasciato la sua casa di Cirta, non appena la notizia dell'ascesa imperiale dei suoi allievi lo raggiunse. Inviò una nota al liberto imperiale Charilas, chiedendo di poter mettersi in contatto con gli imperatori. Frontone disse, in seguito, che non aveva osato scrivere direttamente agli imperatori.[117] L'insegnante si dimostrò immensamente orgoglioso dei suoi allievi. Riflettendo sul discorso che aveva scritto per l'ascesa al consolato del 143, quando aveva elogiato il giovane Marco, Frontone era entusiasta: "C'era allora una straordinaria capacità naturale in te, c'è l'eccellenza ormai perfezionata. Ci fu poi solo la crescita del raccolto". Lucio era meno stimato dal suo precettore di suo fratello, i suoi interessi erano di livello inferiore. Durante questo incontro, Lucio chiese a Frontone di dirimere una disputa tra lui e il suo amico Calpurnio sui meriti relativi di due attori.[109][118] Marco discusse con Frontone della sua lettura di Celio e di Cicerone, e della sua famiglia. Le sue figlie si trovavano nella casa di Roma, con la prozia Matidia (figlia di Salonina Matidia, parente diretta di Adriano e Traiano), poiché l'imperatore pensava che l'aria serale fosse troppo fredda per loro. Chiese a Frontone di fornigli "alcune letture di eloquenza, qualcosa di tuo, o di Catone, o Cicerone, Sallustio o Gracco, o un poeta, perché ho bisogno di distrazioni, soprattutto in questo momento, leggendo qualcosa che dissipi le mie ansie urgenti".[109][119]

 
Annia Lucilla, figlia di Marco e moglie di Lucio Vero

Il primo periodo di regno procedette senza intoppi, così che Marco Aurelio poté dedicarsi alla filosofia e alla ricerca dell'affetto popolare. Ben presto, però, nuove preoccupazioni avrebbero significato la fine del Felicitas temporum, che il conio del 161 aveva con disinvoltura proclamato.[120]

Nella primavera del 162, il Tevere esondò dalle sue sponde, devastando gran parte di Roma. Annegarono molti animali, lasciando la città in preda alla carestia. Marco e Lucio si dedicarono alla crisi con attenzione personale.[120] In altri tempi di carestia, gli imperatori avevano tenuto le comunità italiche fuori dai granai romani.[121]

Le lettere di Frontone continuarono fino ai primi anni di regno di Marco. Frontone riteneva che, a causa della preminenza di Marco su Vero, le lezioni fossero più importanti oggi di quanto non fossero mai state prima. Credeva che Marco desiderasse essere eloquente ancora più di una volta, a dispetto del fatto che avesse per un certo periodo di tempo perso interesse per la materia.[122] Frontone ricordò nuovamente al suo allievo della tensione tra il suo ruolo e le sue pretese filosofiche: "Supponiamo, Cesare, che tu possa raggiungere la saggezza di Cleante e Zenone, eppure, contro la tua volontà, tu non possa comunque avere la mantella di lana del filosofo". I primi giorni di regno di Marco furono i più felici della vita di Frontone: il suo allievo era amato dal popolo di Roma, era un ottimo imperatore, uno studente appassionato, e, forse più importante, eloquente come lui voleva. Marco diede prova di grande abilità retorica nel suo discorso al Senato dopo un terribile terremoto avvenuto a Cizico. Aveva trasmesso il dramma del disastro, e il senato era stato intimorito: "improvvisamente la mente degli ascoltatori era più violentemente agitata durante il discorso, che la città durante il terremoto". E Frontone ne fu enormemente soddisfatto.[122]

Politica interna: l'amministrazione dello stato modifica
 
Cammeo con ritratto degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero

Sul piano della politica interna, Marco Aurelio si comportò, come già Augusto, Nerva e Traiano, da princeps senatus, cioè "primo tra i senatori" e non da monarca assoluto, rivelandosi rispettoso delle prerogative del senato, consentendogli di discutere e di decidere su tutti i principali affari di Stato, come le dichiarazioni di guerra alle popolazioni ostili o i trattati con queste stipulati, ed anche sulle magistrature romane.[123] Avviò anche una politica tendente a valorizzare le altre categorie sociali: ai provinciali fu reso possibile raggiungere le più alte cariche dell'amministrazione statale. Né ricchezza, né illustri antenati influenzarono il giudizio di Marco, ma solo il merito personale. Egli concesse cariche a persone che riconosceva come illustri eruditi e filosofi, senza guardare alla loro condizione di nascita.[124] L'assetto amministrativo introdotto da Augusto quasi centocinquanta anni prima, che fino a quel momento aveva preservato l'Impero anche quando si erano succeduti imperatori dissoluti come Caligola e Nerone oppure in occasione della guerra civile del 69, era imponente e la sua classe dirigente cominciava ad acquisire piena consapevolezza del proprio potere.[125]

Lavoro legale e amministrativo modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Diritto romano e Istituzioni (Gaio).

Marco istituì l'anagrafe: ogni cittadino romano aveva l'obbligo di registrare i propri figli entro trenta giorni dalla loro nascita; colpì l'usura, regolarizzò le vendite pubbliche[126] e distrusse tutti i libelli diffamatori che circolavano su molte persone.[127] Proibì i processi pubblici prima di aver raccolto prove certe, garantì ai senatori l'antica immunità dalle condanne capitali, a meno che ci fossero prove certe e una condanna ufficiale.[124] Impiegò il denaro non in splendide architetture, ma in opere di ricostruzione estremamente necessarie, o in migliorie della rete stradale, da cui dipendeva la difesa dell'impero e il progresso del commercio, in fortezze, accampamenti e città.[127][128] Egli non amava particolarmente i giochi gladiatorii e gli spettacoli cruenti del circo, ma li indiceva e li frequentava solo se non ne poteva fare a meno; più tardi formò unità militari ausiliarie di gladiatori a supporto delle legioni del nord, ma dovette richiamarli per il malcontento del popolo che, nonostante le economie necessarie a causa della guerra, reclamava il suo divertimento.[129] Non riuscì a realizzare i suoi ideali stoici di eguaglianza e libertà perché l'esigenza di controllare le finanze locali lo portarono alla costruzione di una classe burocratica che presto volle arrogarsi diritti e privilegi e che si costituì quale classe chiusa. Trascorse, inoltre, molto del suo regno a difendere le frontiere.[130] Tra le altre leggi proibì la tortura per i cittadini eminenti, prima e dopo la condanna, poi per tutti i cittadini liberi, come era stato in epoca repubblicana.[131] Restò valida per gli schiavi, ma solo se non si trovavano altre prove,[132] ma venne proibito di vendere uno schiavo per i combattimenti contro le belve.[133] Nei processi che egli presiedette, anche quando doveva emettere una condanna secondo le leggi, cercò sempre la massima giustizia ed equità per tutti.[134] Marco e Lucio stabilirono ad esempio la non punibilità di un figlio che avesse ucciso un genitore in un momento di follia, e per estensione, un primo concetto di infermità mentale.[135] Come molti imperatori, Marco trascorse la maggior parte del suo tempo ad affrontare questioni di diritto come petizioni e controversie, prendendosi molta cura nella teoria e nella pratica della legislazione. Giuristi professionali lo definirono un "imperatore più abile nella legge" e "prudente e coscienzioso anche solo come imperatore". Egli mostrò uno spiccato interesse in tre aree del diritto: l'affrancamento degli schiavi, la tutela degli orfani e dei minori, e la scelta dei consiglieri cittadini (decuriones). Rivalutò la moneta da lui prima svalutata. Tuttavia, due anni dopo la rivalutazione, ritornò ai valori precedenti a causa della grave crisi militare delle guerre marcomanniche che affrontava l'impero.[136]

L'“imperatore filosofo” modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: [[[[Pensiero di Marco Aurelio#Influenza sulla concezione politica di Marco Aurelio|Pensiero di Marco Aurelio § Influenza sulla concezione politica di Marco Aurelio.

Benché vigessero a Roma la tortura e la pena di morte, applicate con facilità nei confronti soprattutto di schiavi e stranieri, la normativa di molti imperatori "illuminati" cercò di mitigare o ridurre le fattispecie di reati punibili con pene pesanti, come in passato aveva già fatto Tito.[137][138] Marco Aurelio invita alla tolleranza nei suoi stessi Ricordi:

«Al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un individualista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall'ignoranza di ciò che è bene e ciò che è male. Quanto a me, poiché, riflettendo sulla natura del bene e del male, ho concluso che si tratta rispettivamente di ciò che è bello o brutto in senso morale, e, riflettendo sulla natura di chi sbaglia, ho concluso che si tratta di un mio parente, non perché derivi dallo stesso sangue, o dallo stesso seme, ma in quanto compartecipe dell'intelletto e di una particella divina, ebbene io non posso ricevere danno da nessuno di essi perché nessuno potrà coinvolgermi in turpitudini e nemmeno posso adirarmi con un parente né odiarlo. Infatti siamo nati per la collaborazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti superiori e inferiori. Pertanto agire l'uno contro l'altro è contro natura: e adirarsi e respingere sdegnosamente qualcuno è agire contro di lui.»

Marco fece sua la morale secondo cui anche gli schiavi non sono oggetti, ma persone subordinate[139], che vanno trattate evitando ogni crudeltà e rispettandone la dignità. A differenza dei cristiani stessi, che spesso non spendevano parole a favore della classe servile,[140] il movimento filosofico-giuridico legato alla politica di affrancamento degli Antonini, secondo alcuni, se non fosse stato ancorato profondamente al sistema economico romano che si basava totalmente sulla schiavitù, avrebbe portato all'abolizione de facto dell'istituto servile entro un secolo.[141]

Norme sull'affrancamento degli schiavi modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Schiavitù nell'antica Roma e Manomissione.

Da queste posizioni, comunque conscio della realtà, Marco fu spinto a cercare, perlomeno, di mitigare le condizioni degli schiavi, favorendone l'emancipazione. In coerenza con lo stoicismo, filosofia contraria alla schiavitù, emanò norme favorevoli alla classe servile, estendendo le leggi già promulgate da Traiano, Augusto, Adriano e Antonino: ad esempio ribadendo il concetto di diritto di asilo (cioè l'immunità finché si stava in un determinato luogo) per gli schiavi fuggitivi (che potevano essere uccisi e puniti in ogni modo dal padrone) presso ogni tempio, e presso ogni statua dell'imperatore.[142]

Politica estera modifica
Guerra partica (161/2-166) modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagne partiche di Lucio Vero e Guerre romano-persiane.
 
Scena di guerra tra Romani e Parti, sul Monumento dei Parti a Efeso, celebrativo delle vittorie di Lucio Vero e Marco Aurelio contro Vologese IV.

Sul letto di morte, Antonino Pio aveva espresso la sua collera nei confronti di alcuni re clienti, che il Birley interpreta fossero quelli posti lungo i confini orientali.[143] Il cambio al vertice dell'Impero romano sembra infatti abbia incoraggiato Vologese IV di Partia a compiere la prima mossa a fine estate o inizio autunno 161, aggredendo il Regno di Armenia, alleato dell'Impero romano ed installando un re fantoccio di suo gradimento, Pacoro III, un arsacide come lui.[144] L'Impero dei Parti, sconfitto e parzialmente sottomesso da Traiano quasi cinquant'anni prima (114-116), era così tornato a rinnovare i suoi attacchi alle province orientali romane, dagli antichi territori dell'Impero persiano.[144][145]

Il governatore della Cappadocia, Marco Sedazio Severiano, convinto che avrebbe potuto sconfiggere i Parti facilmente,[146] condusse una delle sue legioni in Armenia, ma a Elegia fu sconfitto e preferì suicidarsi, mentre l'intera legione veniva completamente distrutta.[144][147]

E mentre tutto ciò accadeva in Oriente, nuove minacce si profilavano lungo le frontiere settentrionali della Britannia, del limes germanico-retico, dove i Catti dei monti Taunus erano penetrati nei territori degli agri decumates.[144] Sembra che Marco non fosse pronto ad affrontare simili problematiche. Il biografo ricorda, infatti, che Marco non aveva potuto maturare un'adeguata esperienza militare, poiché aveva trascorso l'intero periodo del regno di Antonino Pio in Italia e non nelle province, al contrario di quanto avevano invece fatto molti dei suoi predecessori, come Traiano o Adriano.[113]

Poco dopo giunsero altre cattive notizie: l'esercito del governatore provinciale di Siria era stato anch'esso sconfitto dai Parti e si ritirava in disordine. Era ora più che mai necessario intervenire con grande rapidità, anche nella scelta dei migliori ufficiali da inviare lungo quell'importante settore strategico. Marco decise di porre a capo della spedizione (expeditio parthica) il fratello, Lucio, perché come suggerisce Cassio Dione Cocceiano «era robusto e più giovane del fratello Marco, più adatto all'attività militare».[148] Il biografo della Historia Augusta suggerisce che Marco volesse spronare Lucio a privarsi delle vita dissoluta che conduceva e a capire i suoi doveri. In ogni caso, il Senato diede il suo assenso, e, nell'estate del 162, Lucio partì, lasciando Marco Aurelio a Roma, perché la città «ha chiesto la presenza di un imperatore».[149] Era però necessario dargli un adeguato staff militare (comitatus), ampio e ricco di esperienza, a partire da uno dei due prefetti del pretorio, ed il prescelto fu Tito Furio Vittorino.[150]

I rinforzi vennero inviati da numerose province imperiali fino alla frontiera partica.[151] Frattanto Marco si ritirò per quattro giorni ad Alsium, una nota località turistica sulle coste dell'Etruria, ma a causa delle numerose preoccupazioni non riuscì a rilassarsi. Egli allora scrisse all'amico Frontone, dicendogli che avrebbe evitato di descrivergli nei particolari quello che stava facendo ad Alsium, perché sapeva che sarebbe stato rimproverato. Frontone rispose ironicamente e lo incoraggiò a riposare, prendendo l'esempio dei suoi predecessori: Antonino era stato un appassionato di palaestra, pesca e di teatro. Marco trascorreva, invece, gran parte delle sue notti insonni a risolvere questioni giudiziarie. Dallo scambio di corrispondenza tra i due sappiamo che Marco non riuscì a mettere in pratica i consigli di Frontone poiché «ho doveri che incombono su di me che difficilmente possono essere delegati e rimandati», adducendo la sua devozione al dovere. Conclude informandosi della salute dell'amico e salutandolo «addio mio ottimo maestro, uomo dal cuore buono».[152]

Frontone rispose qualche tempo dopo, inviando all'amico una selezione di materiale di lettura, e, per risolvere il suo disagio nel corso della guerra contro i Parti, una lunga lettera, piena di riferimenti storici. Nelle edizioni moderne sulle opere di Frontone, è chiamata De bello Parthico (Sulla guerra partica). Frontone scrive che, anche se nel passato di Roma aveva subito pesanti sconfitte, alla fine, i Romani avevano sempre prevalso sui loro nemici: «Sempre e ovunque [Marte] ha cambiato le nostre difficoltà in successi e i nostri terrori in trionfi».[153]

Intanto Lucio, partito dall'Italia e giunto dopo un lungo viaggio in Siria, fece di Antiochia il suo "quartier generale", trascorrendo gli inverni a Laodicea e le estati a Daphne.[154]

Durante la guerra, nel periodo autunnale/invernale del 163 o del 164, Lucio andò a Efeso per sposarsi con Lucilla, secondo quanto stabilito da Marco, nonostante circolassero voci sulle sue amanti, in particolare riguardo ad una certa Panthea, donna di umili origini. Lucilla aveva circa quindici anni e venne accompagnata da Faustina, insieme ad uno zio di Lucio, Marco Vettuleno Civica Barbaro, nominato per l'occasione comes Augusti. Marco che avrebbe voluto accompagnare la figlia fino a Smirne, in realtà non andò oltre Brindisi. Una volta tornato a Roma, inviò particolari istruzioni ai governatori provinciali affinché non preparassero alcun ricevimento ufficiale.[155][156]

La capitale armena Artaxata, venne presa nel 163 ed alla fine di quello stesso anno, Lucio assunse il titolo di Armeniacus, pur non avendo mai partecipato direttamente alle operazioni militari, mentre Marco si rifiutò di accettare il titolo vittorioso fino all'anno successivo. Al contrario, quando Lucio venne salutato imperator, anche Marco accettò la sua seconda salutatio imperatoria.[157][158]

Nel 164 le armate romane si attestarono stabilmente in Armenia e l'ex console romano di origine emesana, Gaio Giulio Soemo, deposto da Vologese, venne incoronato nuovamente re tributario d'Armenia,[159] con l'assenso di Marco.[158][160][161]

Il 165 vide le vittoriose armate romane entrare in Mesopotamia, dove posero sul trono il re vassallo Manno, appena deposto. Avidio Cassio, avanzando verso il basso corso dell'Eufrate, raggiunse le metropoli gemelle della Mesopotamia di Seleucia, sulla riva destra del Tigri, e Ctesifonte su quella sinistra. Entrambe le città vennero occupate e date alle fiamme.[162] Cassio, nonostante la carenza di rifornimenti e i primi effetti della peste contratta a Seleucia, riuscì a riportare indietro ed in buon ordine la sua armata vittoriosa. Lucio venne così acclamato Parthicus Maximus, mentre insieme a Marco venne salutato nuovamente imperator, ottenendo la sua seconda acclamazione imperiale.[162] Nel 166 ancora Avidio Cassio diede prova della forza di Roma, invadendo il paese dei Medi al di là del Tigri, permettendo a Lucio di fregiarsi del titolo vittorioso di Medicus, mentre Marco otteneva la IV salutatio imperatoria ed il titolo il Parthicus Maximus.[163][164]

E proprio durante la guerra partica, Marco potrebbe aver favorito l'apertura di nuove vie commerciali con l'Estremo Oriente. Si ricorda, infatti, negli annali del "Celeste impero", un'ambasceria inviata presso l'Imperatore cinese della dinastia Han, Huandi (nel 166), nella quale i Cinesi chiamarono l'imperatore romano col nome di Ngan-touen o Antoun. Ciò sembra confermare che tale ambasceria (forse composta da soli mercanti), sia giunta in Estremo Oriente proprio durante il regno di Marco Aurelio o del suo predecessore, Antonino Pio, in quanto Antoun equivarrebbe in lingua cinese al nome latino della famiglia imperiale degli "Anto[u]n-ini".[165]

La vittoria e gli eventi successivi modifica

I Parti si ritirarono nei loro territori, ad oriente della Mesopotamia. Marco sapeva di dover ascrivere il maggior merito della vittoria finale allo staff militare del fratello Lucio. Tra i comandanti romani spiccava per capacità Gaio Avidio Cassio, legatus legionis della III Gallica, una delle legioni siriane.[156][164][166]

Frattanto a Roma, Marco era occupato in questioni familiari. La prozia Vibia Matidia era morta e sul suo testamento pendeva una disputa legale, poiché essendo una donna molto ricca, aveva attirato su di sé l'attenzione di molte persone attratte dal suo patrimonio. Alcuni dei suoi clientes erano riusciti a farsi includere nel suo testamento attraverso tutta una serie di codicilli. Tuttavia, la sue volontà non potevano essere riconosciute come valide, poiché in contrasto con la lex Falcidia: Matidia aveva infatti assegnato più di tre quarti del suo patrimonio a gente estranea alla propria familia, tra i quali figuravano numerosi clienti. Marco si trovò così in una posizione imbarazzante, anche perché Matidia non aveva mai confermato come validi questi documenti, anche se sul letto di morte, alcuni dei suoi futuri eredi aveva colto l'opportunità di farli convalidare. Frontone esortò Marco a portare avanti le pretese della famiglia anche se quest'ultimo, pur avendo studiato attentamente il caso, preferì che fosse il fratello a prendere la decisione finale.[167]

 
Statua di Marco Aurelio in uniforme militare (Museo del Louvre)
Il trionfo a Roma e la diffusione della peste antonina modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Peste antonina.

Al ritorno dalla campagna, Lucio venne premiato con un trionfo (12 ottobre del 166). La parata risultò insolita perché comprendeva i due imperatori, i loro figli e le figlie nubili come una grande festa di famiglia. Marco elevò i due figli, Commodo di cinque anni e Marco Annio Vero di tre (mentre il gemello di Commodo, Fulvio Antonino, era morto l'anno precedente), al rango di Cesari per l'occasione.[168]

L'esercito portò con sé una terribile pestilenza, in seguito conosciuta come la "peste antonina" o "peste di Galeno", che si diffuse a partire dalle fine del 165 per quasi un ventennio, mietendo milioni di vittime e riducendo drasticamente la popolazione dell'Impero romano. La malattia, una pandemia che oggi si ritiene potesse invece essere vaiolo o morbillo, avrebbe finito per reclamare la vita dei due imperatori stessi, qualche anno dopo. La malattia scoppiò di nuovo, nove anni più tardi, secondo Dione, e causò fino a 2.000 morti al giorno a Roma, infettando fino a un quarto dell'intera popolazione. I decessi totali sono stati stimati a cinque milioni.[12][169]

La grande crisi germano-sarmatica (166/7-169) e la morte di Lucio Vero (169) modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre marcomanniche.

La guerra contro i Parti si era rivelata vittoriosa: Lucio aveva sconfitto il nemico ed era rimasto fedele all'idea di diarchia impostagli dal fratello Marco. La morte giunse per lui poco dopo la fine delle ostilità, agli inizi del 169, secondo alcune fonti in seguito ad un attacco apoplettico non molto distante da Aquileia. Autori moderni sostengono che il decesso fu forse causato dalla stessa peste, mentre era impegnato in nuove manovre militari lungo fronte settentrionale.[170] Secondo la Historia Augusta mentre la guerra partica volgeva al termine, scoppiò quella contro i Marcomanni, a lungo rinviata dalla diplomazia dei governatori romani delle province di frontiera.[171] Si trattava di una coalizione di natura militare, composta da una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche (dai Marcomanni della Moravia, ai Quadi della Slovacchia, alle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del Tibisco, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato). Era la naturale conseguenza di una serie di forti agitazioni interne e dei continui movimenti migratori che avevano ormai modificato gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli erano alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi, sia come conseguenza della forte spinta che subivano da altre popolazioni confinanti con loro a nord, sia per il crescente aumento demografico dell'antica Germania. Erano, inoltre, attratti dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[172]

La frontiera danubiana non poteva, in quel periodo, contare su buona parte dei suoi effettivi, sia perché molte delle sue legioni avevano dovuto prestare importanti loro distaccamenti (vexillationes) alla guerra partica, sia perché la grave epidemia di peste ne aveva falcidiato numerosi reparti. Tale epidemia, come detto, avrebbe causato una catastrofe demografica per oltre un ventennio, paragonabile a quella che colpì l'Europa nel XIV secolo.[173] Nel 166/167, avvenne il primo scontro lungo le frontiere della Pannonia ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii, che, grazie al pronto intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio furono gestite direttamente dagli stessi imperatori, Marco e Lucio Vero, ormai diffidenti nei confronti dei barbari aggressori e recatisi per questi motivi fino nella lontana fortezza legionariadi Carnuntum (nel 168). La già ricordata morte prematura di Lucio, e il venir meno ai patti da parte dei barbari, portò una massa mai vista prima d'ora, a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia, il cuore della Venetia, provocando un'enorme impressione:[174] era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava dei centri del nord Italia.[175]

Marco Aurelio unico imperatore (169-180) modifica

Le frontiere settentrionali (169-179) modifica
 
La colonna di Marco Aurelio o colonna antonina, fatta costruire dal figlio Commodo

Marco combatté una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche del Nord, prima respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia Cisalpina, del Norico e della Rezia (170-171), poi contrattaccando con una massiccia offensiva in territorio germanico, impiegando diversi anni di scontri, fino al 175. Questi accadimenti costrinsero lo stesso imperatore a risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai poter far ritorno a Roma. L'apparente tregua sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi durò però solo un paio d'anni, fino al 177. Alla fine del 178 Marco sarebbe stato costretto a fare ritorno nella fortezza legionaria di Brigetio da dove, fu condotta l'ultima campagna nella primavera successiva del 179, che aveva come obbiettivo quello di occupare stabilmente parte della Germania Magna (Marcomannia) e della Sarmatia.[176] Si racconta infatti che:

«I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio [...] tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori, decise di chiudere loro tutte le via di fuga, impedendone la loro partenza.»

Il figlio adottivo di Marco Cornelio Frontone, Gaio Aufidio Vittorino, venne inviato a governare la provincia della Germania superiore (dal 162 al 166). Si era trasferito con l'intera famiglia (a parte un figlio che era rimasto con Frontone e sua moglie, a Roma). La condizione sulla frontiera settentrionale si presentava estremamente difficile. Una postazione di frontiera lungo il limes germanico-retico era stata distrutta e sembra che molte delle popolazioni dell'Europa centrale e settentrionale fossero in fermento. Regnava, inoltre, molta corruzione tra gli ufficiali romani: Vittorino fu costretto, infatti, a chiedere le dimissioni di un legatus legionis che aveva preso tangenti.[9][177][178]

Numerosi governatori esperti vennero sostituiti da amici e parenti della famiglia imperiale.[178][179]

 
Il miracolo della pioggia rappresentato nella scena XVI della Colonna di Marco Aurelio, episodio databile alle guerre marcomanniche. I Romani, circondati dai Quadi in territorio nemico, si salvarono a stento da un possibile nuovo disastro.

A partire dal 160, le tribù germaniche e altre popoli nomadi iniziarono le prime incursioni lungo i confini settentrionali romani, in particolare in Gallia e sul Danubio. Questo nuovo slancio verso occidente era causato dalle pressioni che subivano a loro volta dalle tribù germaniche più orientali e settentrionali. Una prima invasione di Catti nella Germania superiore venne respinta nel 162.[178] Molto più pericolosa fu l'invasione del 166, quando i Marcomanni della Boemia, clienti dell'impero romano dal 19 (ma ribelli sotto Domiziano, che vi scatenò contro un'offensiva), attraversarono il Danubio, insieme a Longobardi e altre tribù germaniche. Contemporaneamente, i Sarmati Iazigi attaccarono i territori compresi tra il Danubio e il fiume Tibisco.[180]

A causa della situazione ancora precaria in Oriente, una spedizione punitiva poté essere condotta solo nel 167. I due imperatori insieme, mossero l'armata romana contro le popolazioni germaniche e sarmatiche dei confini settentrionali. Più tardi questo compito spettò al solo Marco, dopo la morte del fratello Lucio (inizi del 169). I Romani sembra avessero sofferto inizialmente un paio di pesanti sconfitte contro Quadi e Marcomanni che, una volta penetrati lungo la via dell'ambra, avevano attraversato le Alpi, devastato Opitergium (Oderzo) e assediato Aquileia, la principale città romana del nord-est dell'Italia.[9][181]

Contemporaneamente la popolazione dei Costoboci, proveniente dalla zona dei Carpazi orientali, aveva invaso la Mesia, la Macedonia, spingendosi fino in Grecia, dove riuscirono a saccheggiare il santuario di Eleusi. Dopo una lunga lotta, Marco riuscì a respingere gli invasori. Numerosi barbari germanici vennero allora stabiliti nelle regioni di frontiera come Dacia, Pannonie, Germanie e nella stessa Italia. E sebbene ciò non costituisse una novità, Marco si adoperò per creare due nuove province di frontiera sulla riva sinistra del Danubio, chiamate Sarmazia e Marcomannia, tra l'odierna Repubblica Ceca e Ungheria. Quelli che erano stati insediati a Ravenna si ribellarono e riuscirono a impadronirsi della città. Per questo motivo, Marco "non portò mai più nessun altro barbaro in Italia, e mise al bando quelli che qui si erano stabiliti in precedenza".[182]

Dione e gli altri biografi raccontano anche alcuni episodi particolari della guerra, come il cosiddetto "miracolo della pioggia", più tardi illustrato anche sulla colonna Antonina[183] e che fu utilizzato dagli apologeti cristiani per sostenere non fossero state le preghiere dell'imperatore ad ottenere la pioggia in favore dei soldati romani assetati, ma quelle di alcuni legionari di fede cristiana.[184]

La ribellione di Cassio (175) modifica
 
L'impero romano alla fine del regno di Marco Aurelio, nel 180

Una rivolta scoppiata nell'Oriente romano impedì, però, a Marco di portare a termine i suoi piani strategici. Avidio Cassio, uno dei migliori comandanti militari romani, distintosi nella guerra contro i Parti, spinto dalla falsa notizia della morte di Marco a seguito di una grave malattia, si era proclamato imperatore. Secondo quanto ci tramanda sia Cassio Dione sia la Historia Augusta, Avidio Cassio accettò la porpora imperiale per volere di Faustina, poiché la stessa credeva che Marco stesse per morire e temeva che l'impero potesse cadere nelle mani di qualcun altro, visto che Commodo era ancora troppo giovane.[185] Nel 175, alla falsa notizia della morte di Marco, Cassio venne acclamato imperator dalla Legio III Gallica e appoggiato nella sua elezione sia da Flavio Calusio, governatore d'Egitto, sia dagli ebrei. Delle province orientali, solo Cappadocia e Bitinia non si schierararono a fianco dei ribelli. All'inizio Marco cercò di tenere segreta la notizia dell'usurpazione, ma quando fu costretto a renderla pubblica, di fronte all'agitazione dei soldati si rivolse loro con un discorso (adlocutio). Marco rivelò di voler evitare inutili spargimenti di sangue tra Romani. Egli disse - secondo quanto riferisce Cassio Dione - che avrebbe ceduto volentieri ad Avidio l'impero senza combattere per il bene comune, se fosse stata solo una questione personale; che avrebbe acconsentito che questa decisione fosse presa dall'esercito e dal senato di Roma. L'imperatore, quindi, chiamò a sé Commodo, e cercò di placare gli animi dei senatori, scrivendo loro di non aver mai "insultato Cassio in alcun modo, se non riferendosi a lui come ad un ingrato. Né Cassio disse o scrisse nulla di insultante nei confronti di Marco".[186] Alla fine, Marco auspicò che Cassio non si uccidesse o fosse ucciso non appena avesse saputo che Marco stava muovendogli contro, poiché Marco aveva intenzione di riconcigliarsi con lui, dando così un nuovo esempio della sua grande clemenza.[187]

Tre mesi dopo, quando la notizia della morte di Marco si rivelò ufficialmente falsa, il Senato romano proclamò Cassio hostis publicus, nemico dello stato e del popolo romano. Il princeps deplorava la necessità di dover muovere contro il suo fidato subordinato, dichiarando pubblicamente di sperare ancora in un possibile perdono, ma non appena la notizia dell'arrivo di Marco Aurelio giunse ad Avidio, quest'ultimo fu ucciso dai suoi stessi soldati, dopo soli 100 giorni di potere. Giunto in Oriente, l'imperatore fece bruciare la compromettente corrispondenza dell'usurpatore per evitare che questa potesse mettere in luce un coinvolgimento di altri cittadini nella rivolta e lo ponesse nella situazione di doverli punire.[188] I soldati portarono la testa di Avidio a Marco, come testimonianza dell'uccisione, ma egli preferì non vedere neppure coloro che l'avevano ucciso, facendoli allontanare e disponendo che Avidio fosse seppellito con tutti gli onori.[189] Alcuni studiosi hanno creduto vi sia stato un qualche reale appoggio alla congiura da parte della stessa Faustina, che Marco avrebbe però volutamente ignorato.[190]

Cassio Dione e la Historia Augusta spiegano bene quale fosse l'atteggiamento di Marco Aurelio nei confronti della ribellione e del presunto ruolo dell'Augusta. Faustina appoggiò il tentativo di Avidio, poiché temeva per i figli piccoli. Ella infatti, non avendo più fiducia nella salute del marito, non poteva proteggere i figli da sola. E quando Cassio fu ucciso e la sua testa portata a Marco, l'imperatore che avrebbe voluto dimostrargli il suo perdono e salvarlo, non esultò, al contrario esclamò: "Mi è stata tolta un’occasione di clemenza: la clemenza, infatti, dà soprattutto prestigio all'imperatore romano agli occhi dei popoli. Io però risparmierò i suoi figli, il genero e la moglie". E così lasciò metà del patrimonio paterno ai figli di Avidio Cassio, a sua figlia dette in dono una grande quantità di oro, di argento e di gemme.[191]

Gli ultimi anni di Marco Aurelio (175-180) modifica
Marco Aurelio: aureo[192]
 
M ANTONINVS AVG GERM SARM, testa laureata verso destra di Marco Aurelio con corazza e paludamentum; TR P XXX IMP VIII COS III, la Felicitas in piedi verso sinistra, tiene in mano un caduceo ed uno scettro.
20 mm, 7,33 g, 12h, coniato nel 176, potrebbe celebrare la fine delle ostilità della prima fase (prima expeditio germanica) lungo il limes danubiano.

Nell'ultimo decennio di regno, mentre si trovava lungo i confini settentrionali imperiali, Marco scrisse i Colloqui con se stesso, tornando di rado a Roma. Insieme a sua moglie Faustina, al figlio Commodo, al seguito composto dai comites del consilium principis e a un ingente esercito, Marco visitò le province orientali nel 175-176.[193] Partito da Sirmio nel luglio del 175, dopo essere passato per Bisanzio, Nicomedia, Prusia ad Hypium e per Ancyra, giunse a Tarso, sostando in Cilicia, dove Avidio aveva avuto parte dei suoi sostenitori, come riporta Dione.[193] Poco dopo aver passato la località di Tanya, in Cappadocia, in un villaggio di nome Halala, Faustina morì in circostanze poco chiare. Cassio Dione riporta alcune versioni sulla morte dell'Augusta: una prima ipotizza potrebbe essersi trattato di suicidio, motivato dalla scelta di aver stretto accordi con Avidio Cassio; una seconda tira in causa la gotta; una terza vedrebbe Faustina morire di parto dopo un'ennesima gravidanza all'età di quarantacinque anni.[194]

Dopo questa ennesima disgrazia famigliare, il princeps ripartì per la Siria, forse fermandosi a visitare la città di Antiochia (che si era schierata con Cassio), perdonandone i suoi abitanti, e qui potrebbe avervi svernato, incontrando alcuni importanti personaggi locali come il patriarca Giuda I. Riprese, quindi, il suo viaggio per giungere nell'estate nel 176 in Egitto, dove ricevette una delegazioni dei Parti.[193][195]

Nel viaggio di ritorno dall'Oriente, dopo essersi imbarcato per l'Asia Minore, passò per Efeso, poi Smirne (dove incontrò Elio Aristide) e, da ultimo, Atene, dove il filosofo cinico Zenone aveva fondato la scuola stoica, sotto il famoso portico dipinto (Stoà Pecile), dichiarandosi "protettore della filosofia".[196][197] Istituì quattro cattedre permanenti di studio, finanziandole, una per ogni principale scuola filosofica: platonici, aristotelici, epicurei e stoici.[198] In Grecia prese parte anche ai riti dei misteri eleusini.[199][200] Durante il tragitto lungo l'Asia Minore e la tappa ad Atene si rivolsero a Marco Aurelio e a Commodo anche alcuni padri apologisti cristiani.[193]

Come si è già accennato, poco dopo la ribellione di Cassio, nel 176, Faustina morì, mentre era assieme all'imperatore in Cilicia.[201] In seguito venne divinizzata ufficialmente con degne cerimonie a Roma, per volere del Senato. L'Augusta, che aveva spesso accompagnato il marito in guerra, era stata la prima delle imperatrici romane ad essere insignita del titolo di mater castrorum.[201] Il villaggio della Cappadocia, Halala, nei pressi del Monte Tauro, dove era morta, venne rinominato Faustinopolis. In suo onore furono istituiti collegi di sacerdotesse e create le puellae Faustinianae, in ricordo dell'istituzione benefica sorta in memoria della madre, la moglie di Antonino Pio, istituzione che si occupava di fanciulle orfane della penisola italica.[201] Le fonti antiche, in contrasto coi Ricordi di Marco Aurelio, spesso accusarono Faustina di dissolutezza e di aver ripetutamente tradito il marito, con marinai e gladiatori, tanto che da una di queste relazioni sarebbe nato Commodo, secondo una diceria riportata dal biografo della Historia Augusta.[202]

Nel corso poi di tutti questi eventi, Marco aveva dato alla figlia Lucilla, rimasta vedova di Vero, un nuovo marito, il fedele Tiberio Claudio Pompeiano (nel 169). Quest'ultimo era un militare esperto e affidabile, premiato in seguito con il consolato, nel 173. Marco avrebbe voluto associarlo al trono, al posto dello scomparso Lucio Vero, conferendogli perlomeno il titolo di Cesare, ma egli rifiutò sempre la porpora imperiale.[203]

Commodo associato al governo (177-180) modifica

Nel 177, Marco, a seguito della rivolta di Avidio Cassio, decise di associare al trono imperiale il figlio Commodo, l'unico maschio superstite tra i suoi figli (dopo la morte del giovane Marco Vero Cesare e quella di alcuni nipoti), nominandolo Augusto e concedendogli la tribunicia potestas e l'imperium[204], benché avesse nei confronti del figlio alcune perplessità.[205] Marco celebrò, quindi, il matrimonio di Commodo con Bruzia Crispina.[206]

A Roma, si dedicò ad amministrare la giustizia, cercando di riparare a torti e abusi del passato; dispose la celebrazione di giochi circensi, mettendo però un limite di spesa a quelli gladiatorii.[207] Dopo aver celebrato il trionfo sulle tribù germaniche e sarmatiche dei confini settentrionali (27 novembre del 176),[208] nel 178 Marco fu costretto a marciare ancora una volta verso la frontiera danubiana, a causa di una nuova sollevazione dei Marcomanni. Non sarebbe mai più tornato a Roma.[9]

La morte e la successione (180) modifica
 
Eugène Delacroix, Ultime parole dell'imperatore Marco Aurelio, una rappresentazione moderna della morte di Marco: l'imperatore, al centro, siede a letto, circondato da amici e dignitari, e stringe il braccio di Commodo (a destra), vestito di rosso, sbarbato e abbigliato in maniera orientaleggiante, con orecchini e una corona, e che appare distante e poco interessato.

«Uomo, sei stato cittadino in questa grande città: che ti importa se per cinque anni o per cento? Quel che è secondo le leggi ha per ognuno pari valore. Che c'è di grave allora se dalla città ti espelle non un tiranno o un giudice ingiusto, ma la natura che ti ci aveva introdotto? (...) A stabilire che il dramma è completo infatti è chi allora fu responsabile della composizione, ora del dissolvimento; tu invece non sei responsabile né dell'una né dell'altro. Quindi parti sereno: chi ti congeda è sereno.»

Dopo una vittoria decisiva nel 178, il piano per annettere la Moravia e la Slovacchia occidentale (Marcomannia), per porre fine una volta per tutte alle incursioni germaniche, sembrava avviato al successo, ma venne abbandonato dopo che Marco Aurelio si ammalò gravemente nel 180, forse anch'egli colpito dalla peste che affliggeva l'impero da anni. La sua salute, da sempre fragile e in costante declino, sembra lo costringesse anche a fare uso anche di oppio per alleviare il dolore persistente che lo affliggeva da anni allo stomaco, rimedio prescritto dallo stesso Galeno.[209]

Marco Aurelio morì il 17 marzo 180, a circa cinquantanove anni, secondo Aurelio Vittore nella citta-accampamento di Vindobona (Vienna).[3] Secondo invece quanto riferisce Tertulliano, uno storico e apologeta cristiano suo contemporaneo, sarebbe invece deceduto sul fronte sarmatico, non molto distante da Sirmio (odierna Sremska Mitrovica, nell'attuale Serbia),[4] che fungeva da quartier generale invernale delle sue truppe, in vista dell'ultimo assalto. Il Birley ritiene infatti che Marco potrebbe essere morto a Bononia sul Danubio (che per assonanza ricorda la località di Vindobona), venti miglia a nord di Sirmio.[210]

Iniziando a stare male, chiamò Commodo al capezzale e gli chiese per prima cosa di concludere onorevolmente la guerra, affinché non sembrasse che lui avesse "tradito" la Res publica. Il figlio promise che se ne sarebbe fatto carico, ma che gli interessava prima di tutto la salute del padre. Chiesere pertanto di poter aspettare pochi giorni prima di partire. Marco, sentendo che i suoi giorni erano alla fine e il dovere compiuto, accettò da stoico una morte onorevole, astenendosi dal mangiare e bere, e aggravando così la malattia per permettergli di morire il più rapidamente possibile. Il sesto giorno, chiamati gli amici e "deridendo le cose umane" disse a loro: "perché piangete per me e non pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte comune? Se vi allontanerete da me, vi dico, precedendovi, statemi bene". Mentre anche i soldati si disperavano per lui, alla domanda su "a chi affidasse il figlio", rispose ai subordinati: "a voi, se ne sarà degno, e agli dèi immortali". Nel settimo giorno si aggravò e ammise brevemente solo il figlio alla sua presenza, ma quasi subito lo mandò via, per non contagiarlo. Uscito Commodo, coprì il capo come se volesse dormire, come il padre Antonino Pio, e quella notte morì.[211] Cassio Dione Cocceiano aggiunge che vi furono delle negligenze da parte dei medici, che avrebbero voluto accelerare la successione per compiacere Commodo, ma potrebbero essere solo dicerie.[212]

Officiato il funerale, venne cremato, e fu immediatamente divinizzato, mentre le sue ceneri furono portate a Roma e deposte nel mausoleo di Adriano (l'attuale Castel Sant'Angelo, ristrutturazione medievale del medesimo monumento) - che divenne così il sepolcro di famiglia da Adriano a Commodo, e forse anche per alcuni imperatori successivi - fino a quando il sacco visigoto della città nel 410 lo danneggiò gravemente. Le sue campagne vittoriose contro Germani e Sarmati furono commemorate con la costruzione della colonna antonina e di un tempio.[213]

 
Commodo, figlio e successore di Marco Aurelio, raffigurato come Ercole

Marco Aurelio aveva stabilito che a succedergli fosse il figlio Commodo, che già aveva nominato Cesare nel 166 e poi Augusto (co-imperatore) nel 177. Questa decisione, che mise di fatto fine alla serie dei cosiddetti "imperatori adottivi", venne fortemente criticata dagli storici successivi, poiché Commodo non solo era estraneo alla politica e all'ambiente militare, ma fu inoltre descritto, già in giovane età, come estremamente egoista e con gravi problemi psichici. Da giovane egocentrico, con gravi squilibri caratteriali si rivelò non solo un pessimo politico, ma anche, se non un cattivo militare come molti autori latini sostenevano, un sovrano esageratamente dedito ai soli interessi personali. Riuscì a cogliere alcuni successi militari (merito più dei suoi comandanti), prima di tornare a Roma per celebrare il padre (forse con la costruzione della famosa Colonna) e darsi, come già Lucio Vero, a divertimenti dissoluti e giochi gladiatori a cui lo stesso prendeva parte, passione ereditata dalla madre.

Marco Aurelio riteneva, a torto, che il figlio avrebbe abbandonato quel genere di vita così poco adatto da un princeps, assumendosi le necessarie responsabilità nel governare un Impero come quello romano. E poiché Commodo non era pazzo, come molti sostennero, anche se amava esibirsi come gladiatore e in prove di forza, egli intelligentemente si assicurò subito la fedeltà dell'esercito e del popolo romano con ampie elargizioni (donativa e congiaria), governando così da vero e proprio monarca assoluto, al riparo dalle continue congiure del Senato e mantenendo il potere per dodici lunghi anni. In una di queste congiure venne coinvolta anche la sorella, Lucilla (oltre ad altri membri della famiglia, come il cognato e un nipote, figlio di Cornificia), che Commodo fece prima esiliare e poi uccidere (non invece il marito, Pompeiano, che preferì autoesiliarsi, e Cornificia). Un'altra sorella, Fadilla, fu invece, insieme al marito, una delle più fedeli consigliere del fratello.[214]

A conclusione del principato di Marco Aurelio, Cassio Dione scrisse un elogio all'imperatore, seppure descrivendo il passaggio a Commodo con dolore e rammarico:

«[Marco] non ebbe la fortuna che meritava, perché non era forte nel corpo ed era stato coinvolto in una moltitudine di problemi durante tutto il suo regno. Ma da parte mia, lo ho ammiro tanto, più per questo motivo, che tra difficoltà insolite e straordinarie, sopravvisse e conservò l'impero. Solo una cosa gli impedì di essere completamente felice, cioè, dopo aver dato l'educazione migliore possibile al figlio, rimase enormemente deluso da lui. Questa materia deve essere il nostro prossimo argomento, per cui la nostra storia ormai discende da un regno d'oro a uno di ferro e ruggine, come fu per i Romani quel giorno.»

Giudizi storici modifica

 
L'originale statua equestre di Marco Aurelio, Roma, Musei capitolini (particolare)

Marco Aurelio nella storiografia antica modifica

Cassio Dione modifica

Lo storico contemporaneo Cassio Dione Cocceiano elogiò Marco Aurelio, descrivendone il carattere:

«Oltre a possedere tutte le virtù, governò meglio di tutti gli altri che mai si erano trovati in una posizione di potere. Per essere precisi, non riuscì a prodursi in prodezze che richiedevano prestanza fisica, eppure aveva sviluppato il suo corpo, da uno molto debole a uno capace di grande resistenza. La maggior parte della sua vita la dedicò alla beneficenza, che fu forse la ragione per l'edificazione di un tempio alla Beneficenza sul Campidoglio, che mai era stato eretto prima d'ora. Egli stesso, poi, si astenne da tutti i delitti e non fece mai nulla di male, sia volontariamente sia involontariamente, al contrario tollerò le offese degli altri, in particolare quelle della moglie, non indagò su di esse e non punì alcuno. [...] E tutta la sua condotta era dovuta chiaramente a nessuna pretesa, al contrario ad una vera e propria eccellenza, poiché anche se visse cinquantotto anni, dieci mesi e ventidue giorni, tempo che aveva trascorso in una parte considerevole come cesare del primo Antonino, era poi diventato egli stesso imperatore per diciannove anni e undici giorni, dal primo all'ultimo giorni egli rimase lo stesso e non cambiò affatto. Così egli fu veramente, un uomo buono e privo di ogni falsità.»

Historia Augusta modifica

 
Marco Aurelio Pontefice Massimo

Nella tarda Historia Augusta, probabilmente rielaborazione, per quanto riguarda Marco, della biografia scritta da Mario Massimo, si parla in questi termini:[99]

«Aveva l'abitudine di leggere, dare udienza e firmare durante gli spettacoli circensi. Per questo spesso il popolo, si dice, lo prendeva in giro. [...] Tanta era la bontà di Marco che nascondeva e giustificava i difetti di Vero, benché li disapprovasse fortemente; dopo la sua morte lo fece divinizzare, concesse sovvenzioni alle zie e alle sorelle di lui, facendo decretare loro titoli onorifici e aiuti, e onorò la sua memoria con moltissimi sacrifici. Gli dedicò un flamine e un collegio di sacerdoti Antoniniani e tutti gli onori che spettano agli dei. Ma non c'è alcun principe che possa dirsi al riparo da dicerie calunniose, e così neppure Marco fece eccezione. Si disse che Marco aveva fatto uccidere Vero o con il veleno [...] o servendosi del medico Posidippo, che avrebbe praticato a Vero un salasso non necessario.»

Sul rapporto con la famiglia e con il figlio Commodo:

«Era così generoso coi suoi che concesse a tutti i parenti le insegne di tutti quanti i titoli onorifici; al figlio, anche se si trattava di uno come Commodo, scellerato e depravato, diede subito l'appellativo di Cesare, successivamente la dignità sacerdotale e il titolo di imperator, la partecipazione al trionfo e il consolato. In quell'occasione l'imperatore corse a piedi nel Circo, spogliatosi della porpora, in onore ed al seguito del carro trionfale del figlio.»

Viene descritto anche come l'Optimius princeps (come in passato era accaduto a Traiano) e come l'esempio dell'uomo dotato di ogni virtù:

«Dopo la morte di Vero, governò da solo lo stato potendo mettere meglio in mostra le sue virtù in modo più efficace e fecondo, perché non era più condizionato dai difetti di Vero, né da quelli legati alla sua astuta e simulata apparenza di serietà – un vizio in lui congenito – né da quelli che più spiacevano a Marco fin da quando Vero era giovane, costituiti dalla vita e dai costumi dissoluti. Aveva tale serenità che non mutava mai l'espressione del suo volto né alle gioie, né alle tristezze, seguace com'era della filosofia stoica che aveva appreso da ottimi maestri e raccolto lui stesso da ogni possibile fonte. Lo stesso Adriano l'aveva scelto come suo successore, se non ci fosse stato l'ostacolo della sua troppo giovane età. Ciò appare chiaramente dal fatto che lo scelse come genero di Pio, in modo che in qualche modo l'impero romano potesse essere affidato a lui, ad un uomo che ne fosse veramente degno.»

Erodiano modifica

Erodiano, anch'egli contemporaneo, anche se vissuto soprattutto in epoca severiana, sottolinea la devozione alla sua famiglia, per mettere in contrasto le virtù di Marco e i difetti di Commodo, non generati da colpe del padre:[215]

«All'imperatore Marco nacquero in numero maggiore figlie femmine, e due maschi. Di questi figli maschi, uno perse la vita assai giovane (il suo nome era Verissimo[216]), mentre l'altro, chiamato Commodo, fu allevato dal padre con ogni cura, chiamando da ogni parte i più illustri letterati nelle province dietro compensi non certamente disprezzabili, affinché assistendolo continuamente educassero il figlio. Diede in matrimonio le figlie arrivate ad età da matrimonio ai migliori uomini del senato, desiderando che gli diventassero generi non tanto i patrizi da numerose generazioni, nè quelli in vista per grande ammontare di ricchezza, ma quelli onesti nel carattere e saggi nella loro vita: solo queste infatti considerava le qualità identificative e inamovibili dell'animo.»

Storiografia successiva modifica

 
Joseph-Marie Vien, Marco Aurelio distribuisce il pane al popolo

La figura di Marco Aurelio ricevette apprezzamenti per molti secoli a venire. Niccolò Machiavelli cita Marco Aurelio[217] come un uomo straordinario, dotato di infinite virtù, fra cui l'amore per la pace e per la giustizia. Machiavelli a questo punto spiega che, anche se gli imperatori romani con queste qualità non godevano di grande stima presso i soldati (che preferivano gli imperatori-militari), Marco Aurelio non fu mai vittima di una congiura perché aveva ottenuto l'imperium per diritto ereditario (anche se adottivo), non dovendo pertanto essere riconosciuto da nessuno. Fu dunque funesto per Pertinace e Alessandro Severo (che non furono "imperatori ereditari"; Pertinace fu un generale vittorioso, Alessandro Severo un lontano parente dell'imperatore Settimio Severo, ma non un erede diretto o da questi adottato) volerlo imitare e cercare di perseguire politiche pacifiche.

Voltaire considera Marco Aurelio come uno dei massimi filosofi e politici di tutti i tempi: nel Dizionario filosofico, elogiando l'imperatore Giuliano, lo paragonò a Marco stesso, che egli definì "il primo degli uomini". E alla voce "Filosofo" aggiunse: "I Romani poi ebbero Cicerone, che da solo vale forse quanto tutti i filosofi della Grecia. Dopo di lui vennero uomini ancor più degni di rispetto, tanto che imitarli fu impresa pressoché disperata: sono lo schiavo Epitteto e gli imperatori Marco Aurelio e Giuliano".[218] Voltaire difende Marco Aurelio dalle accuse di persecuzioni ai cristiani: "Ancor meno darò il nome di persecutori a Traiano o agli Antonini: mi sembrerebbe di bestemmiare".[219]

Riferito poi ad Antonino Pio o forse proprio allo stoico Marco Aurelio Antonino scrive anche:

«Certi teologi dicono che il divino imperatore Antonino non era virtuoso; che era uno stoico testardo, il quale, non contento di comandare agli uomini, voleva anche essere stimato da loro; che attribuiva a se stesso il bene che faceva al genere umano; che in tutta la sua vita fu giusto, laborioso, benefico per vanità, e che non fece nient'altro che ingannare gli uomini con le sue virtù; e a questo punto esclamo: «Mio Dio, mandaci spesso di queste canaglie!»»

Edward Gibbon, nel XVIII secolo, sulla scia della ricerca storica illuminista di Voltaire, lo incluse tra i "buoni imperatori", emuli di Augusto e Tito, assieme a Nerva, Traiano, Adriano e Antonino Pio.[221]

Michael Grant, scrive di Commodo e della successione a Marco Aurelio:

«I giovani si rivelano spesso essere molto sregolati, o almeno così anti-tradizionali, che il disastro fu inevitabile, ma anche se Marco avesse saputo ciò, rifiutare le rivendicazioni di suo figlio a favore di qualcun altro, avrebbe di certo coinvolto la sua epoca in una delle guerre civili che avrebbero proliferato in modo disastroso contro tutti i successori.»

C'è, tra i molti elogi, anche chi ha criticato alcuni aspetti del suo governo, come la successione voluta a tutti i costi per il figlio, il silenzio sulle persecuzioni contro i cristiani (rilevato soprattutto da parte di alcuni autori cattolici) e talune indecisioni su questioni importanti.[222]

Eredità e reputazione postuma modifica

 
50 centesimi di Euro per l'Italia, la statua equestre di Marco Aurelio in Campidoglio
  Lo stesso argomento in dettaglio: Marco Aurelio nella cultura popolare.

Marco Aurelio venne identificato come un "re filosofo" nel corso della sua vita, e il titolo gli sarebbe rimasto anche dopo la morte: sia Dione sia il biografo della Historia Augusta lo chiamano "il filosofo", così come alcuni autori cristiani, come Giustino Martire, Atenagora, Melito e Tertulliano.[223] Alcuni definirono Marco, più filantropo che filosofo, paragonandolo ad Antonino Pio e Adriano, ed in contrasto con gli imperatori persecutori dei filosofi come Domiziano e Nerone, per rendere la differenza più audace, sottolineando il suo carattere e il suo esempio di retta condotta.[197][224][225] Come Traiano, venne indicato come un esempio di ottimo governante (optimus princeps), e successivamente venne anche descritto quasi come una sorta di "santo pagano", un uomo completo sotto ogni punto di vista.[226]

Marco Aurelio è tuttora reputato un grande governante e un personaggio di fondamentale importanza per la storia d'Europa, e la sua statua (copia dell'originale, conservata ai Musei capitolini) campeggia ancora in piazza del Campidoglio, davanti alla sede del comune di Roma; la stessa immagine è riprodotta sulle monete da 50 centesimi di Euro per l'Italia, sul diritto.

Il premio principale del Festival internazionale del film di Roma raffigura la statua equestre dell'imperatore filosofo, ed è chiamato "Marc'Aurelio" (d'oro, d'argento e premio speciale).[227]

Politica religiosa e atteggiamento nei confronti dei cristiani modifica

Anche se, prima di diventare imperatore, Marco Aurelio seguì la linea indulgente degli imperatori Adriano e Antonino Pio (e la continuò nei confronti dei culti ammessi), è elencato tra gli imperatori persecutori dei cristiani. Molti disordini si verificarono sotto il regno di Marco Aurelio, segnato da epidemie, carestie e invasioni e più volte le folle diedero la caccia ai cristiani, ritenuti responsabili di tutto (per aver causato, secondo il popolo, la collera degli dèi avendoli negati), e i martiri furono numerosi; Eusebio ricorda tra gli altri l'apologeta e filosofo Giustino, condannato in un processo presieduto da Quinto Giunio Rustico, maestro di Marco, in qualità di Prefetto dell'Urbe.[228] I processi contro i cristiani si svolgevano inoltre in base alla normativa vigente dal tempo di Traiano (rescritto di Traiano del 112), a partire da denunce individuali e senza ricerca d'ufficio.[229] L'unica eccezione all'applicazione delle norme traianee si ebbe in occasione del processo lionese del 177 quando non ci si attenenne al divieto della ricerca d'ufficio e ad altre norme.[229] Marco Aurelio, personalmente, non mostrò esplicito disprezzo per i cristiani, né li considerò un vero pericolo, ma non ne condivideva le idee e li considerava dei fanatici[230], in particolare avendo forse in mente la setta dei montanisti.[229]

Carattere e pensiero filosofico modifica

L'imperatore Marco Aurelio fu l'ultimo grande esponente della dottrina stoica. La celebrazione dell'interiorità si evidenzia chiaramente fin dal titolo della sua opera, i Colloqui con sé stesso, noti anche come Pensieri, Meditazioni, Ricordi o A sé stesso.[231] Tra il 170 e il 180, durante le pause dei numerosi viaggi intrapresi, Marco Aurelio scrisse i Colloqui con sé stesso, in greco, come esercizio per il proprio orientamento e auto-miglioramento.[231] Il titolo di questo lavoro è stata un'aggiunta postuma, originariamente Marco intitolò l'opera A sé stesso, ma non si sa se avesse intenzione di renderla pubblica. I Pensieri dimostrano una mente logica, e le sue note sono rappresentative della filosofia stoica e della sua spiritualità, offrendo anche un ritratto psicologico fine e particolareggiato. Il libro è considerato uno dei capolavori letterari e filosofici di tutti i tempi.[231]

«Sii come il promontorio contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque. «Me sventurato, mi è capitato questo». Niente affatto! Semmai: «Me fortunato, perché anche se mi è capitato questo resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro». Infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?»

Famiglia modifica

Marco Aurelio sposò Faustina minore nel 145. Durante i trent'anni di matrimonio Faustina mise al mondo tredici o forse quattordici figli dei quali solo un maschio (Commodo) e quattro femmine vissero più a lungo del padre.

Titolatura imperiale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione degli Antonini.
Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento
Tribunicia potestas 23 anni (da solo) e 11 con Antonino Pio per un totale di 34 volte: la prima volta (I) dal 1º dicembre del 146, rinnovata annualmente al 10 dicembre di ogni anno.
Consolato 3 volte: nel 140, 145 e 161.
Titoli vittoriosi Armeniacus nel 164,[232][233][234] Medicus e Parthicus Maximus nel 166,[232][233][235] Germanicus nel 172,[233][236][237][238][239] Sarmaticus nel 175[233][238][240] (Sarmaticus maximus[241]) e Germanicus maximus nel 179[242]
Salutatio imperatoria 10 volte: I (al momento della assunzione del potere imperiale) nel 161, (II) nel 163,[243] (III) 165,[244] (IV) 166, (V) 167,[245] (VI) 171,[246] (VII) 174,[247] (VIII) 175,[248] (IX) 177[249] e (X) 179.
Altri titoli Pater Patriae nel 166; Pontifex Maximus nel 161.

Opere modifica

  • Colloqui con se stesso.   I-XII.
    • testi in inglese:
      • Meditations, Testo elettronico dei Colloqui con se stesso.
      • Meditations, Colloqui con se stesso, con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza.
    • testi in italiano:
      • Franco Scalenghe (a cura di), Ricordi, La più recente traduzione italiana, con note e commenti di ogni frammento.
      • Franco Scalenghe (a cura di), Ricordi, La proairesi a sé stessa, la recente traduzione commentata.
      • Enrico V. Maltese (a cura di), Ricordi, Garzanti (e-book).

Note modifica

  1. ^ cfr. Titolatura imperiale
  2. ^ Birley 1990, p. 60.
  3. ^ a b c Aurelio VittoreDe Caesaribus, 16
  4. ^ a b c Tertulliano, 25
  5. ^ Il luogo della morte è incerto tra Sirmio o Vindobona:
    Tertulliano, 25:
    (LA)

    «[...] cum M. Aurelio apud Sirmium rei publicae exempto die sexto decimo Kalendarum Aprilium [...]»

    (IT)

    «essendo stato Marco Aurelio strappato allo Stato a Sirmio il 17 marzo.»

    Aurelio VittoreDe Caesaribus, 16.14:
    (LA)

    «Ita anno imperii octavo decimoque aevi validior Vendobonae interiit, maximo gemitu mortalium omnium»

    (IT)

    «Il diciottesimo anno del suo governo, tra grandi lamenti, il più forte e più grande di tutti gli uomini morì a Vindobona»

    Riportato invece così in Aurelio VittoreEpitome de Caesaribus, 16.12 (compendio, più tardo, della stessa opera di Vittore, attribuita a lui stesso, ma con molta incertezza):
    (LA)

    «Ipse vitae anno quinquagesimo nono apud "Bendobonam" morbo consumptus est»

    (IT)

    «Egli stesso, nel cinquantanovesimo anno della sua vita, venne consumato da una malattia a Vindobona»

    .
  6. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 1.9; McLynn 2009, p. 24.
  7. ^ a b Cassio Dione, 69, 21.1.
  8. ^   Asse della zecca di Roma antica (del 151-152), RIC III, 1308a (Antoninus Pius); BMCRE 1917 (Antoninus Pius); Cohen 653.
  9. ^ a b c d Cassio Dione, 72, 11.3-5.
  10. ^ La definizione è ricavata da Machiavelli 1531, I.10.
  11. ^ Gibbon 1776-1789, capitolo I: Estensione e forza militare dell'Impero nel secolo degli Antonini; in particolare I.78, in cui l'autore descrive il buon governo degli imperatori adottivi; inoltre, p. 273 nota 4 del testo disponibile su Google libri, in cui usa l'espressione "good emperors".
  12. ^ a b Cassio Dione, 72, 14.3-4. Il libro completo, che parla dell'epidemia avvenuta sotto Marco Aurelio, è andato perduto; questa nuova epidemia fu la più grave che lo storico avesse mai visto, a quanto narra nella "vita di Marco Aurelio".
  13. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 12.13, 17.1-2 e 22.1-8.
  14. ^ Renan 1937.
  15. ^ Tra questi vi furono: Marco Aurelio Probo (CIL XI, 1178), Marco Aurelio Mario (usurpatore nelle Gallie), Marco Aurelio Caro e Marco Aurelio Carino (CIL VIII, 10956), oltre a due imperatori suoi omonimi, Caracalla (AE 1911, 56) ed Eliogabalo (il cui nome imperiale ufficiale era "Marco Aurelio Antonino"; CIL VI, 40677 e AE 1990, 469) e che furono i primi, pur non appartenendo alla dinastia antonina, ad usare il suo nome. Questi ultimi due, in particolare, come già il padre di Caracalla, Settimio Severo, che aveva riabilitato la memoria di Commodo, divinizzandolo e rimuovendo la damnatio memoriae imposta dal Senato, e dato al figlio il nome di Marco Aurelio, cercavano un collegamento diretto con gli Antonini al fine di nobilitare le loro origini africane e asiatiche, quindi provinciali. Inoltre, una delle mogli di Eliogabalo era una nipote di Marco Aurelio stesso, Annia Faustina. Il nome Marco Aurelio divenne, quindi, un nome di famiglia dei Severi e, come "Cesare", "Augusto" e, più tardi, "Flavio", venne utilizzato come prenome imperiale da molti altri.
  16. ^ Ovvero gli storici Aelius Spartianus, Iulius Capitolinus, Vulcacius Gallicanus, Aelius Lampridius, Trebellius Pollio e Flavius Vopiscus.
  17. ^ a b Birley 1990, pp. 317-318.
  18. ^ Birley 1990, pp. 269 ss..
  19. ^ Birley 1990, pp. 316.
  20. ^ Birley 1990, pp. 313-319.
  21. ^ CIL II, 656 (p 696).
  22. ^ Birley 1990, p. 31.
  23. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 1.2-1.4.
  24. ^ Birley 1990, pp. 32-34.
  25. ^ McLynn 2009, p. 14.
  26. ^ a b Birley 1990, p. 34.
  27. ^ a b Historia AugustaMarcus Aurelius, 1.5.
  28. ^ Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.
  29. ^ Poiché suo fratello Marco Annio Libone è stato console nel 128 e difficilmente potrebbe essere stato pretore più tardi del 126, Annio Vero deve essere stato a sua volta pretore prima di questa data, verosimilmente, appunto, nel 124.
  30. ^ Birley 1990, pp. 34-35; Marco Aurelio, 1.2
  31. ^ Birley 1990, pp. 36-37; TacitoDialogus de oratoribus, 28-29; Marco Aurelio, 5.4.
  32. ^ Marco Aurelio, 1.3.
  33. ^ Birley 1990, p. 40; Marco Aurelio, 1.17.7.
  34. ^ Birley 1990, p. 35; Historia AugustaMarcus Aurelius, 2.1; Marco Aurelio, 1.14.
  35. ^ Birley 1990, p. 39; Marco Aurelio, 1.1.
  36. ^ Marco Aurelio, 1.17; Birley 1990, p. 39.
  37. ^ Marco Aurelio, 1.4.
  38. ^ Marco Aurelio, 1.6.
  39. ^ Norelli, p. 75 nota 1
  40. ^ Marco Aurelio, 1.6; Birley 1990, p. 43.
  41. ^ Marco Aurelio, 1.10 e 1.12; Birley 1990, p. 46.
  42. ^ Birley 1990, pp. 51-52.
  43. ^ Birley 1990, pp. 55 ss..
  44. ^ Birley 1987, pp. 38-42.
  45. ^ Birley 1990, pp. 50-51; Cassio Dione, 69, 22.4; Historia AugustaHadrianus, 25.5-6. Sul tentativo di suicidio di Adriano cfr. Cassio Dione, 69, 22.1-4; Historia AugustaHadrianus, 24.8-13.
  46. ^ Birley 1990, pp. 63-66.
  47. ^ Birley 1990, p. 63.
  48. ^ a b Mazzarino 1973, p. 328.
  49. ^ Marco Aurelio, 6.30: "Bada di non cesarizzarti, di non impregnarti con la porpora: succede infatti".
  50. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 6.5; Birley 1990, pp. 67-68.
  51. ^ Marco Aurelio, 1.16.
  52. ^ Marco Aurelio, 5.16.
  53. ^ a b Birley 1990, p. 68.
  54. ^ Marco Aurelio, 8.9.
  55. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 2.4 e 3.6.
  56. ^ a b Birley 1990, p. 69.
  57. ^ Birley 1990, p. 108.
  58. ^ Cassio Dione, 71, 36.3
  59. ^ Birley 1990, pp. 110-111.
  60. ^ Marco Aurelio, 1.11.
  61. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 2.4; Cameron 1967, p. 347.
  62. ^ Aulo Gellio, 9, 2.1–7 e 19.12; Birley 1990, pp. 76-78.
  63. ^ Birley 1990, pp. 65-67; molti critici moderni hanno avuto dubbi su questa ammirazione dei contemporanei. Filologi di fama espressero numerose critiche: Barthold Georg Niebuhr, lo descrisse come "frivolo", Samuel Adrian Naber lo trovò "disprezzabile", cfr. Champlin 1980, capp. 1-2; altri lo hanno definito come "pedante e noioso", scrivendo che le sue lettere non offrono né l'analisi politica di un Cicerone o l'introspezione di un Plinio, cfr. Mellor 1982, commentando Champlin 1980; una ricerca prosopografica degli anni '80 ha riabilitato la sua reputazione, anche se non in maniera considerevole, cfr., ad esempio, sempre Mellor 1982 su Champlin 1980.
  64. ^ a b Birley 1990, pp. 78 ss., il quale cita Champlin 1980, capp. 3 e 4.
  65. ^ Birley 1990, pp. 83 ss.
  66. ^ FrontoneAd Marcum Caesarem 4.6 = Haines 1.80 ss e FrontoneAd Marcum Caesarem 4.6 = Haines 1.80 ss nella traduzione di Birley 1990, pp. 88 ss..
  67. ^ Birley 1990, pp. 96-98 e.
  68. ^ Birley 1990, pp. 102-103
  69. ^ FrontoneAd Marcum Caesarem 4.13 = Haines 1.214 ss, tradotta da Birley 1990, p. 113.
  70. ^ Birley 1990, pp. 114 ss.
  71. ^ Birley 1990, pp. 83 ss; Marco Aurelio, 1.8.
  72. ^ Claudio Massimo, console nel 144, poi governatore della Pannonia superiore (CIL XVI, 104 attorno al 150-154) e proconsole in Africa.
  73. ^ Marco Aurelio, 1.15.
  74. ^ Marco ricorda Epitteto come una guida spirituale, facendo spesso riferimento alle sue Diatribe e al Manuale come ad esempio in Marco Aurelio, 11.34, citando e commentando alcune sue massime.
  75. ^ Birley 1990, pp. 126 ss..
  76. ^ Champlin 1980, p. 174 n. 12.
  77. ^ FrontoneAd Marcum Caesarem 4.11 = Haines 1.202 ss.
  78. ^ a b Birley 1990, pp. 130-131.
  79. ^ Birley 1990, p. 336.
  80. ^ Antoninus and Aelius, su livius.org. URL consultato il 13 dicembre 2013.
  81. ^ Marco Aurelio, 9.40.
  82. ^ Marco Aurelio, 10.34.
  83. ^ a b RIC III 682 (Aurelius); MIR 18, 13-2a; Calicó 2055 (this coin illustrated); BMCRE p. 399 note.
  84. ^ Birley 1990, pp. 131-132.
  85. ^ Inscriptiones Graecae ad Res Romanas pertinentes, 4.1399, tradotta da Birley 1990, p. 140.
  86. ^ Birley 1990, p. 205.
  87. ^ Historia AugustaLucius Verus, 2.9-11 e 3.4-7; Birley 1990, pp. 132-133.
  88. ^ Forse in omaggio ai filosofi greci o a causa di una cicatrice (cfr. Melani, Fontanella e Cecconi, p. 58)
  89. ^ Bianchi 1976, scheda 131 (ritratti di Adriano).
  90. ^ Birley 1990, pp. 137-138.
  91. ^ a b Birley 1990, p. 140.
  92. ^ Cassio Dione, 71, 33.4-5
  93. ^ Historia AugustaAntoninus Pius, 12.4-8.
  94. ^ Birley 1990, p. 142; Historia AugustaPertinax, 13.1 e 15.8
  95. ^ a b c d e Birley 1990, pp. 142-143.
  96. ^ Augusto aveva nominato suoi eredi Gaio Cesare e Lucio Cesare, suoi nipoti, ma dopo la loro prematura morte ripiegò su Agrippa Postumo e sul figliastro Tiberio; Agrippa venne poi esiliato, mentre Tiberio ascese al principato come unico imperatore (SvetonioAugustus, 65). Claudio aveva designato co-eredi il figlio Britannico e il figliastro Nerone, che, complice la madre Agrippina minore, si appropriò invece del potere, dopo l'avvelenamento di Claudio, prima cambiando il testamento, e poi avvelenando il già malato Britannico (SvetonioNero, 6-7 e 33)
  97. ^ SvetonioCaligula, 14; Cassio Dione, 59, 1
  98. ^ Historia AugustaLucius Verus, 4.2.
  99. ^ a b Historia AugustaMarcus Aurelius, 15-16.
  100. ^ LivioAb Urbe condita libri, II, 1-4; PlutarcoVita di Romolo, 14.3.
  101. ^ Le Bohec 2008, p. 33; già in passato comandanti militari molto popolari come Giulio Cesare e Vespasiano avevano utilizzato l'esercito per insediarsi al potere, eliminando gli avversari politici.
  102. ^ Scarre 1995, pp. 197-198.
  103. ^ Historia AugustaLucius Verus, 3.8; Birley 2000, p. 156
  104. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 7.9.
  105. ^ Savio 2001, p. 331.
  106. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 7.10-11; Historia AugustaAntoninus Pius, 12.8; Birley 1990, pp. 144-145.
  107. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 19.1-2; Birley 1990, p. 145.
  108. ^ Historia AugustaCommodus, 1.2.
  109. ^ a b c d e Birley 1990, pp. 145-147.
  110. ^ Birley 1990, pp. 145-146 cita Mattingly 1940Marcus Aurelius and Lucius Verus, nos. 155 ss.; 949 ss.
  111. ^ Cassio Dione, 71.1, 3; 73.4.4–5.
  112. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 8.1.
  113. ^ a b Birley 1990, p. 150.
  114. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 8.8; Birley 1990, p. 151 cita Eck 1995, pp. 65 ss.
  115. ^ Vittorino minore fu console assieme al nipote di Marco Aurelio, Tiberio Claudio Severo Proculo nel 200 (AE 1996, 1163 e CIL III, 8237).
  116. ^ Birley 1990, p. 151 cita FrontoneAd Verum Imperator 1.3.2 = Haines 1.298 ss.
  117. ^ FrontoneAd Antoninum Imperator 4.2.3 = Haines 1.302 ss.
  118. ^ FrontoneAd Antoninum Imperator 4.1 = Haines 1.300 ss; Historia AugustaMarcus Aurelius, 8.3-4.
  119. ^ Aldrete 2006, pp. 30-31; Historia AugustaMarcus Aurelius, 8.4-5.
  120. ^ a b Birley 1990, pp. 148 ss..
  121. ^ Birley 1987, pp. 278.
  122. ^ a b Birley 1990, pp. 158 ss.
  123. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 8-10 e 12
  124. ^ a b Historia AugustaMarcus Aurelius, 10.
  125. ^ Pulleyblank 1999.
  126. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 9.
  127. ^ a b Historia AugustaMarcus Aurelius, 11.
  128. ^ La grandiosa colonna di Marco Aurelio di fronte a Palazzo Chigi (alta 42 m) fu eretta per ricordare proprio le vittorie sul fronte germanico-sarmatico del Danubio. La colonna era sormontata da una statua dell'Imperatore, dove ora vi è posta quella di san Paolo, così come accadde per quella di Traiano, dove venne posizionata una statua di san Pietro in sostituzione di quella dell'Optimus princeps); cfr. Coarelli 2008, pp. 42-43.
  129. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 17 e 23
  130. ^ Renan 1937, pp. 21-23.
  131. ^ Eusebio, 5.1.77
  132. ^ Codice GiustinianeoDigesto, 1, 18, 13
  133. ^ Codice GiustinianeoDigesto, XVIII, 1,42.
  134. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 24.1-3.
  135. ^ Codice GiustinianeoDigesto, XLVIII, 9, 9, 2.
  136. ^ Birley 1990, pp. 165 ss.; Millar 1993, pp. 6 e ss. Vedi anche Millar 1967, pp. 9-19
  137. ^ Historia Augusta, 24.1-3
  138. ^ SvetonioTitus, 8 e 9
  139. ^ Casadei e Mattarelli 2009, pp. 107-108
  140. ^ Bloch 1947.
  141. ^ Renan 1937, pp. 336-337.
  142. ^ Birley 1990, pp. 170-172.
  143. ^ Historia AugustaAntoninus Pius, 12.7; Birley 1990, p. 148.
  144. ^ a b c d Birley 1990, p. 149.
  145. ^ FrontoneDe Feriis Alsiensibus 4 = Haines 2.19; FrontoneDe bello Parthico 1-2 = Haines 2.21-23; e 10 = Haines 2.31)
  146. ^ Luciano di SamosataAlessandro, 27
  147. ^ Cassio Dione, 71, 2.1; Luciano di Samosata, 21; 24-25
  148. ^ Cassio Dione, 71, 2.1.
  149. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 8.9.
  150. ^ Birley 1990, pp. 151-154.
  151. ^ Birley 1990, pp. 154-155.
  152. ^ Champlin 1980, p. 134; FrontoneDe Feriis Alsiensibus 4 = Haines 2.19; Birley 1990, pp. 156-157.
  153. ^ FrontoneDe bello Parthico 10 = Haines 2.31; Birley 2000, pp. 150-164; Birley 1990, p. 157.
  154. ^ Historia AugustaLucius Verus, 9; Historia AugustaMarcus Aurelius, 9.4; Birley 1990, p. 159.
  155. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 9.4-6; Historia AugustaLucius Verus, 7.7; Birley 1990, p. 162.
  156. ^ a b Birley 2000, p. 163.
  157. ^ Historia AugustaMarcus Aurelius, 9.1; Historia AugustaLucius Verus, 7.1-2; FrontoneAd Verum Imperator 2.3 = Haines 2.133; Birley 1990, p. 159; Mattingly 1940Marcus Aurelius and Lucius Verus, 233 e ss..
  158. ^ a b Birley 2000, p. 162.
  159. ^ Farrokh 2007, p. 165; RIC III, Antoninus Pius to Commodus, n. 511-513 p. 255 e n. 1370-1375 p. 322
     .
  160. ^ Birley 1990, p. 163.
  161. ^ Mattingly 1940Marcus Aurelius and Lucius Verus, nos. 261ff.; 300 ff.
  162. ^ a b Birley 1990, p. 174.
  163. ^ ILS 1098; Birley 1990, pp. 179-180; Mattingly 1940Marcus Aurelius and Lucius Verus, pp. 401 ss..
  164. ^ a b Birley 2000, p. 164.
  165. ^ Birley 1990, p. 180; Pulleyblank 1999.
  166. ^ Cassio era un giovane senatore di nobili natali della città siriana di Cyrrhus. Suo padre, Eliodoro, non era stato senatore, ma era comunque un uomo di una certa condizione sociale: era stato segretario ab epistulis (probabilmente ab espistulis Graecis) dell'imperatore Adriano dopo Suetonio e C. Valerio Eudemone; aveva seguito l'imperatore nei suoi viaggi e fu prefetto d'Egitto alla fine del regno di Adriano. Alcuni studiosi hanno ipotizzato, una discendenza di Avidio Cassio da Antioco IV di Commagene, per parte di Avidio Antioco, suo nonno (cfr. Astarita 1983, p. 18-20). Cassio e il suo collega, Publio Marzio Vero, entrambi trentenni all'epoca, ottennero il consolato nel 166 grazie ai loro successi conseguiti nella guerra di quegli anni contro i Parti. Dopo il consolato divennero governatori: Cassio della Siria, Marzio Vero della Cappadocia (cfr: Alföldy 1977, 24, p. 221; Luciano di Samosata, 15, 19).
  167. ^ FrontoneAd Antoninum Imperator 2.1-2 = Haines 2.94; Birley 1990, p. 164; Champlin 1980, p. 134.
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  174. ^ Cassio Dione, 72, 3.1.
  175. ^ Questa invasione avvenne secondo Birley 1990, pp. 184-186, 194-196 e 207-208 ed altri studiosi moderni (Brizzi e Sigurani 2010, pp. 393-394 e 398) nel 170.
  176. ^ Birley 1990, pp. 259-261.
  177. ^ FrontoneDe nepote amisso 2 = Haines 2.222; FrontoneAd Verum Imperator 2.9-10 = Haines 2.232 ss
  178. ^ a b c Birley 1990, pp. 164-165.
  179. ^ Lucio Dasumio Tullio Tusco, un lontano parente di Adriano, fi inviato in Pannonia superiore, per sostituire l'esperto Marco Nonio Macrino. La Pannonia inferiore venne affidata al poco conosciuto Tiberio Aterio Saturnino. M. Servilio Fabiano Massimo venne trasferito dalla Mesia inferiore a quella Superiore quando Iallio Basso si era recato ad Antiochia di Siria da Lucio Vero. La Mesia inferiore venne allora affidata al figlio, Marco Ponzio Leliano. La Dacia venne divisa in tre distretti, governati da un senatore pretoriano e da due procuratori. La pace non poteva durare a lungo, la Pannonia inferiore disponeva di una sola legione, ad Aquincum. Cfr. Alföldy 1977Moesia Inferior, p. 232 ss.; Moesia Superior, p. 234 ss.; Pannonia Superior, p. 236 ss.; Dacia, 245 ss.; Pannonia Inferior, p. 251.
  180. ^ Birley 1990, p. 189.
  181. ^ Birley 1990, p. 207; Alföldy 1977, Moesia Inferior, p. 232 ss.; Moesia Superior, p. 234 ss.; Pannonia Superior, p. 236 ss.; Dacia, pp. 245 ss.; Pannonia Inferior, p. 251.
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Bibliografia modifica

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne
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in inglese e tedesco
Marco Aurelio nelle opere letterarie moderne
Romanzi storici
Filmografia

In entrambe le pellicole Marco Aurelio viene assassinato da Commodo, perché vuole come successore un generale valoroso, anziché il proprio figlio naturale (in realtà si tratta di licenze artistiche e inesattezze storiche a tutti gli effetti: Marco morì di malattia, e scelse proprio Commodo come suo successore).

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Collegamenti esterni modifica

Predecessore Imperatore romano Successore  
Antonino Pio 161 - 180 (fino al 169 con Lucio Vero, dal 177 con Commodo) Commodo
Predecessore Console romano Successore  
Gaio Bruttio Presente Lucio Fulvio Rustico II 140 Marco Peduceo Stloga Priscino I
con Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio II con Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio III con Tito Enio Severo
Tito Statilio Massimo 145 Gneo Claudio Severo Arabiano II
con Lucio Edio Rufo Lolliano Avito con Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IV con Sesto Erucio Claro II
Appio Annio Atilio Bradua 161 Quinto Giunio Rustico II III
con Tito Clodio Vibio Varo con Lucio Elio Aurelio Commodo II con Lucio Tizio Plauzio Aquilino

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