Īṣa Upaniṣad
La Īṣa Upaniṣad (Īśopaniṣad; devanāgarī: ईशोपनिषद्; anche Išāvāsya Upaniṣad) è il quarantesimo e ultimo kaṇḍa ("sezione") dello Vājasaneyisaṃhitā inserito nello Śukla Yajurveda (Yajurveda bianco), ovvero attiene a quel testo che la tradizione attribuisce al ṛṣi Yājñavalkya. Quindi, a differenza delle altre Upaniṣad, la Īśopaniṣad è parte integrate della rispettiva saṃhitā del Veda.
La Īṣa Upaniṣad si compone di 18 versi (mantra) e, sia per i suoi contenuti sia per la presunta antichità, essa è in grandissima considerazione presso gli ambienti tradizionali hindū dove è solitamente inserita all'apertura di ogni antologia delle Upaniṣad [1].
Esistono due recensioni di questa Upaniṣad quella, forse più antica, detta dei Kāṇva e quella detta dei Mādhyandina.
Risalente probabilmente al VI-V secolo a.C., o successivo, comunque prima dell'era volgare[2], deve il suo nome, come quello di Išāvāsya Upaniṣad, alle sue prime parole: īśā vāsyam.
(SA)
«īśā vāsyam idaṃ sarvaṃ yat kiñca jagatyāṃ jagat |
(IT)
«Il Signore abita tutto ciò che nel mondo si muove. |
(Īṣa Upaniṣad, I,1; trad. Carlo Della Casa in Upaniṣad. Torino, UTET, 1976, p. 347) |
" Īṣa" ("Il Signore", la "Persona suprema"[3]), vāsyam ("abita", "pervade", "veste"; vāsyam è il gerundio della radice verbale vas, ma ci sono diverse radici vas, da qui la sfumatura di significato che il termine può assumere a seconda della scelta del traduttore o del lettore[4]), idaṃ sarvaṃ ("tutto ciò"), yat kiñca ("qualsiasi cosa", "il mondo"), jagatyāṃ jagat ("che si muove").
NoteModifica
- ^ Cfr. Antonio Rigopoulos in Hinduismo antico vol.1 (a cura di Francesco Sferra; Milano, Mondadori, 2010, p. XCLV
- ^ Probabilmente è la più antica Upaniṣad i versi, cfr. Carlo Della Casa, Op.cit., p. 346.
- ^ Īṣa come aggettivo intende "che domina completamente qualcosa", "potente", "supremo", "signore", in qualità di sostantivo è il nome di Śiva nel Mahābhārata (compreso lo Harivaṃśa).
- ^ Ad esempio Pio Filippani Ronconi lo legge come "vestire":
«Per il Supremo Spirito tutto ciò che esiste è una veste ed ogni cosa è un universo che si muove nell'universale movimento. Di tutto ciò fruisci, essendotene distaccato: non bramare alcun bene che sia di qualcun altro»
(Upaniṣad antiche e medie (a cura di Pio Filippani Ronconi). Torino, Boringhieri, 2007, p.363)
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