Chiesa di Santa Maria Assunta (Cella Dati)

chiesa di Cella Dati

La chiesa di Santa Maria Assunta è la parrocchiale di Cella Dati, in provincia e diocesi di Cremona; fa parte della zona pastorale 4.

Chiesa di Santa Maria Assunta
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàCella Dati
Indirizzovia Roma
Coordinate45°05′45.31″N 10°13′17.93″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareMaria Assunta
Diocesi Cremona
Stile architettonicorinascimentale e neoclassico
Inizio costruzioneXV secolo
Completamento1914

La prima citazione di una chiesa a Cella Dati risale al 1187[1].
Nel Codex Sicardi, redatto tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento, si fa menzione dell'ecclesia de Cella ultra padum, che era una chiesa battesimale[1].
Grazie alle Rationes Censum et Decimarum del 1404 si conosce che, a quel tempo, la chiesa era inserita nella pieve foraniale di Gurata[2].
La parrocchiale venne riedificata nel XV secolo e consacrata il 30 settembre del 1487 dall'amministratore apostolico di Cremona, il cardinale Ascanio Maria Sforza Visconti (figlio del Duca di Milano Francesco I Sforza)[1].
Dalla relazione della visita pastorale del 1599 del vescovo Cesare Speciano s'apprende che la chiesa era inserita nel vicariato di Pieve Gurata e che i fedeli erano 400[2].
Tra il 1910 ed il 1914 l'edificio subì un intervento di rifacimento che lo portò ad avere l'attuale conformazione a tre navate[1].

Interno

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Opere di pregio conservate all'interno della chiesa sono una tela seicentesca con soggetto San Gerolamo e una settecentesca con Sant'Antonio Abate, l'altare ligneo dei Corpi Santi, impreziosito da una tela raffigurante Sant'Omobono assieme alle sante Lucia ed Agata, opera di Jacopo Miradori, e la pala che rappresenta la Madonna col Bambino assieme ai Santi Gioacchino, Giuseppe ed Anna, realizzata da Giacomo Guerrini[1].

  1. ^ a b c d e Chiesa Parrocchiale di S. Maria Assunta in Cella Dati, su comune.celladati.cr.it. URL consultato il 22 febbraio 2020.
  2. ^ a b Parrocchia di Santa Maria Assunta, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 22 febbraio 2020.

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