Come le foglie (poesia)

frammento di Mimnermo

Come le foglie [1] è una poesia del poeta greco Mimnermo, in distici elegiaci, giuntaci, probabilmente integra, tramite l'Antologia di Stobeo[2]. In questo testo il poeta si sofferma nuovamente sul discorso di antitesi tra i divertimenti della giovinezza e l'incombenza triste della vecchiaia. La poesia è scritta in distici elegiaci.

Rappresentazione (circa 470–450 a.C.) di Eros
(GRC)

«ἡμεῖς δ’[3], οἷά τε φύλλα φύει πολυάνθεμος ὥρη
ἔαρος, ὅτ’ αἶψ’ αὐγῇς αὔξεται ἠελίου,
τοῖς ἴκελοι πήχυιον ἐπὶ χρόνον ἄνθεσιν ἥβης
τερπόμεθα, πρὸς θεῶν εἰδότες οὔτε κακόν
οὔτ’ ἀγαθόν· Κῆρες δὲ παρεστήκασι μέλαιναι,
ἡ μὲν ἔχουσα τέλος γήραος ἀργαλέου,
ἡ δ’ ἑτέρη θανάτοιο· μίνυνθα δὲ γίγνεται ἥβης
καρπός, ὅσον τ’ ἐπὶ γῆν κίδναται ἠέλιος[4].
αὐτὰρ ἐπὴν δὴ τοῦτο τέλος παραμείψεται ὥρης,
αὐτίκα δὴ τεθνάναι[5] βέλτιον ἢ βίοτος·
πολλὰ γὰρ ἐν θυμῷ κακὰ γίγνεται· ἄλλοτε οἶκος
τρυχοῦται, πενίης δ’ ἔργ’ ὀδυνηρὰ πέλει·
ἄλλος δ’ αὖ παίδων ἐπιδεύεται, ὧν τε μάλιστα
ἱμείρων κατὰ γῆς ἔρχεται εἰς Ἀΐδην·
ἄλλος νοῦσον ἔχει θυμοφθόρον· οὐδέ τίς ἐστιν
ἀνθρώπων ᾧ Ζεὺς μὴ κακὰ πολλὰ διδοῖ»

(IT)

«Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell’età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco,
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.»

Il testo inizia con il paragone senza tempo tra uomini e foglie, ricorrente nella letteratura ed è di stampo omerico.

Omero, infatti, nel VI libro dell'Iliade, durante l'incontro tra Diomede e Glauco, paragona le generazioni degli uomini alle foglie:

(GRC)

«οἵη περ φύλλων γενεὴ τοίη δὲ καὶ ἀνδρῶν
φύλλα τὰ μέν τ' ἄνεμος χαμάδις χέει, ἄλλα δέ θ' ὕλη
τηλεθόωσα φύει, ἔαρος δ' ἐπιγίγνεται ὥρη·
ὣς ἀνδρῶν γενεὴ ἣ μὲν φύει ἣ δ' ἀπολήγει»

(IT)

«"Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;
le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva
fiorente le nutre al tempo di primavera;
così le stirpe degli uomini: nasce una, l'altra dilegua"»

Tuttavia sono evidenti anche le differenze: nel discorso di Glauco la precarietà dell'uomo si applicava alle stirpi e al significato della loro presenza sulla terra, in Mimnermo, invece, al ciclo breve della vita individuale[6]. Inoltre, se nell'Iliade le generazioni sono paragonate al cadere delle foglie con una immagine dinamica in cui nuove foglie nascono e che si conclude con la visione della primavera, nel frammento 2 West il dato pittoresco viene appena ricordato, dopo il poeta si abbandona in una triste riflessione che termina con le figure delle nere Parche, quindi un'immagine di morte[7]. A partire da reminiscenze omeriche il poeta affronta le tematiche che più gli stanno a cuore: la fugacità della giovinezza e l'incombere della vecchiaia. Dal punto di vista formale si nota che le parole-chiave sono poste in rilievo grazie alla loro collocazione nel testo, alla fine (come ὢρη, ἠελίου, ἣβης, rispettivamente alla fine dei vv. 1-3) o all'inizio, come il pronome ἡμείς al v. 1, che afferma l'universalità delle tematiche trattate, da cui nessun uomo può sentirsi escluso: noi tutti siamo come foglie, e tanto caduca è la nostra esistenza.

I termini scelti, attinti dal mondo naturale, suggeriscono un'identificazione tra la vita umana e il ciclo della natura. Nel componimento è evidente l'angoscia del poeta: a differenza di Pohlez[8] altri studiosi, quali Jaeger, sostengono che non possa intendersi come l'analogo invito oraziano al carpe diem: per l'uomo "morte, vecchiaia, malattia, sfortuna, e quant'altro lo insidia, si fanno minacce gigantesche, e chi cerca di sottrarsi loro col godimento momentaneo, ne porta tuttavia la spina sempre confitta nel cuore[9]".

Nel v. 10 ricorre un tema molto diffuso nel pessimismo greco, che si ritrova in Bacchilide:"per l'uomo/ molto meglio non esser nato,/ non avere mai visto la luce/ del sole[10]; in Erodoto:" meglio è per l'uomo morire piuttosto che vivere[11]; in Sofocle:"Non essere nati è condizione/ che tutto supera; ma poi, una volta apparsi,/ tornare al più presto colà donde si venne,/ è certo il secondo bene[12]". Tuttavia in Mimnermo esso assume una connotazione differente: egli ritiene preferibile la morte, ma solo quando la giovinezza è ormai trascorsa.

Riprese letterarie modifica

La similitudine con le foglie, di derivazione omerica, ha avuto grande successo nella letteratura di tutti i tempi. Nel mondo greco il paragone viene ripreso da Semonide di Amorgo[13]nel frammento 10 D.,in cui il poeta, nel riferimento alla precarietà umana, sottolinea l'inconsapevolezza degli uomini, che sono così sciocchi da ritenersi eterni[14]. Ma la più famosa riscrittura è quella di Virgilio che nel VI libro nell'Eneide utilizza questa immagine per descrivere la moltitudine delle anime accalcate sulla spiagge dell'Acheronte, aspettando di essere traghettate da Caronte[15]; la similitudine virgiliana ritorna nel III canto dell'Inferno di Dante[16]. Il tema dello scorrere del tempo ricorre poi in un sonetto di Shakespeare, che presenta l'immagine di un albero privo di foglie[17]. Altrettanto celebre è la lirica di Giuseppe Ungaretti Soldati (1918), in cui con estrema incisività il poeta esprime la precarietà della condizione umana, ancora più fragile in tempi di guerra. Anche il poeta di Recanati riprende poi l'immagine delle foglie quali simbolo della caducità umana nel Frammento XLI dei Canti[18].

Note modifica

  1. ^ Fr. 8 Gent-Prato e 2 West.
  2. ^ Stobeo, IV, 34, 12.
  3. ^ La particella δἐ potrebbe avere valore incentivo, dunque il componimento potrebbe trovarsi all'inizio
  4. ^ Questi versi potrebbero aver influenzato Quasimodo nella composizione della famosa poesia "Ed è subito sera
  5. ^ Alcuni studiosi propongono αὐτίκα τεθνάμεναι
  6. ^ G.Paduano, Antologia della letteratura greca, vol.I, p. 25
  7. ^ I lirici greci tradotti da Ettore Romagnoli
  8. ^ M. Pohlez, L'uomo greco, pp. 144-145
  9. ^ W. Jaeger, Paideia, p. 246
  10. ^ Epinicio V, vv. 159-162, trad. Paduano
  11. ^ Storie I, 31, 3, trad. Izzo D'Accini
  12. ^ Edipo a Colono vv. 1224-1227, trad. Cantarella
  13. ^ West, sulla scia di Stobeo, lo attribuisce a Simonide di Ceo
  14. ^

    «Finché si gode
    l'amabile fiore della giovinezza, si ha il cuore
    leggero e si pensano molte cose impossibili.
    Non ci si aspetta di invecchiare o morire.
    Quando si è sani, non ci si prende pensiero
    della malattia; ma stolti quelli che così pensano,
    e non sanno che è breve il tempo della giovinezza
    e della vita per gli uomini»

  15. ^

    «huc omnis turba ad ripas effusa ruebat [...]:
    quam multa in silvis autumni frigore primo
    lapsa cadunt folia»

  16. ^

    «come d'autunno si levanle foglie
    l'una appresso dell'altra, infin che il ramo
    vede alla terra tutte le sue spoglie;
    similemente il mal seme d'Adamo»

  17. ^

    «Quando spogli rivedo quegli alberi immensi
    che al gregge un tempo furon schermo alla calura,[...]
    io penso allora al destino della tua bellezza,
    chè tu pure ne andrai tra i rifiuti del tempo,
    poi che le cose più dolci e belle tradiscono se stesse,
    e muoiono a misura che altre ne sbocciano intorno:
    e niente potrà far difesa contro la falce del Tempo,
    fuor da una prole, che io lo sfidi quand'ei venga a rapirti»

  18. ^

    «umama cosa picciol tempo dura,
    e certissimo detto
    disse il veglio di Chio,
    conforme ebber natura
    le foglie e l'uman seme.»

Voci correlate modifica