Cyclida

Gruppo di Artropodi
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I ciclidi (Cyclida), precedentemente noti come cicloidi (Cycloidea), sono un gruppo di artropodi estinti, vissuti tra il Carbonifero e il Cretaceo (circa 345 - 70 milioni di anni fa). La loro classificazione è incerta, ma sono generalmente considerati un gruppo di crostacei maxillopodi.

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Cyclida
Fossile di Cyclus americanus, ora noto come Americlus americanus
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Phylum Arthropoda
Subphylum Crustacea
Classe Maxillopoda
Sottoclasse Branchiura
Ordine Cyclida

Descrizione modifica

I cicloidi possedevano una forma del corpo piuttosto simile a quella dei granchi, e si suppone che abbiano occupato una nicchia ecologica simile, e potrebbero essersi estinti a causa della diffusione e della diversificazione dei granchi. I cicloidi più grandi erano larghi oltre 6 centimetri. Le loro branchie sono spesso conservate in tre dimensioni, e non assomigliano a quelle dei crostacei attuali. I vari generi di cicloidi differiscono principalmente per il numero di zampe, la forma delle mandibole e altri caratteri (Dzik, 2008).

Classificazione modifica

Vi è una notevole incertezza riguardo alla classificazione dei cicloidi all'interno degli artropodi. Nonostante siano generalmente considerati crostacei di qualche tipo, sono stati espressi dubbi circa la loro appartenenza a questo taxon, e circa l'omologia delle strutture respiratorie dei cicloidi con quelle di altri crostacei; sono state quindi proposte altre classificazioni, che li vedrebbero imparentati con i chelicerati (Boxshall e Jaume, 2009).

La prima descrizione di un cicloide avvenne nel trattato del 1836 Illustrations of the Geology of Yorkshire di John Phillips; lo studioso descrisse la specie "Agnostus ? radialis" tra i trilobiti. Nel 1938, Hermann von Meyer descrisse una specie di trilobite, anche se all'interno del genere Limulus, e in seguito la spostò in un genere a sé stante, Halicyne, riconoscendo che vi era qualcosa di diverso dalle specie attribuite a Limulus. Nel 1841, Laurent-Guillaume de Koninck spostò la specie di Phillips in un nuovo genere, Cyclus, classificandola non come un trilobite ma come un organismo completamente diverso. I cicloidi vennero poi considerati membri degli xifosuri, dei veri granchi e dei branchiuri (Fraaje, 2003).

Nel 1989, in una tesi non pubblicata, Neil Clark propose che i cicloidi fossero copepodi. Nel 1997, un nuovo studio propose invece i cicloidi come un sister group dei copepodi all'interno dei maxillopodi (Schram et al., 1997), e nel 2008 Jerzy Dzik li considerò un ordine all'interno del gruppo di maxillopodi noti come Branchiura, che precedentemente contenevano solo i cosiddetti "pidocchi dei pesci" (Argulidae).

Tassonomia e stratigrafia modifica

I cicloidi sono noti da depositi che vanno dal Carbonifero al Cretaceo superiore (Maastrichtiano). Sono tra i soli tre gruppi di artropodi "generalmente paleozoici" ad essere sopravvissuti all'evento di estinzione del Permiano-Triassico, oltre agli euticarcinoidi e i tilacocefali.

L'ordine dei ciclidi include 15 generi, qui sotto elencati in ordine di apparizione stratigrafica:

  • Cyclus comprende numerose specie del Carbonifero.
  • Schramine comprende alcune specie precedentemente attribuite a Halicyne, del Carbonifero.
  • Americlus comprende alcune specie del Carbonifero precedentemente attribuite a Cyclus, tra cui la ben nota Cyclus americanus di Mazon Creek.
  • Apionicon apioides è noto dal Carbonifero di Mazon Creek.
  • Hemitrochiscus paradoxus è conosciuto nel Permiano della Germania.
  • Oonocarcinus insignis e Paraprosopon reussi sono noti nel Permiano della valle del Sosio, in Sicilia.
  • Halicyne comprende numerose specie del Triassico.
  • Carcinaspides pustulosus è noto in calcari di probabile età triassica della Germania.
  • Opolanka decorosa è conosciuto nel Triassico della Polonia.
  • Cyclocarcinoides serratus e Mesoprosopon triasinum sono noti nel Norico (Triassico superiore) dell'Austria.
  • Juracyclus posidoniae è conosciuto per fossili degli scisti nei pressi di Tubinga (Giurassico inferiore) in Germania.
  • Alsasuacaris nostradamus è conosciuto per resti del Cenomaniano (inizio del Cretaceo superiore) in Spagna.
  • Maastrichtocaris rostrata è conosciuto per fossili del Maastrichtiano (fine del Cretaceo) nella località tipo di questo piano geologico, nei Paesi Bassi, e rappresenta l'ultimo cicloide noto.

Stagmacaris quenstedti, una specie del Kimmeridgiano (Giurassico superiore) della Germania, è stato reinterpretato come parte dell'addome di un paguro (Barry et al., 2011).

Bibliografia modifica

  • John Phillips (1836). Part 2. The Mountain Limestone District. Illustrations of the Geology of Yorkshire. London: John Murray.
  • Frederick R. Schram, Ronald Vonk & Cees H. J. Hof (1997). "Mazon Creek Cycloidea". Journal of Paleontology 71 (2): 261–284. JSTOR 1306460.
  • René H. B. Fraaije, Frederick R. Schram & Ronald Vonk (2003). "Maastrichtiocaris rostratus new genus and species, the first Cretaceous cycloid". Journal of Paleontology 77 (2): 386–388. doi:10.1666/0022-3360(2003)077<0386:MRNGAS>2.0.CO;2. JSTOR 4094744.
  • Frederick R. Schram, Arjan C. Boere & Natalie Thomas (2006). "Cycloids of the Mississippian Bear Gulch limestone of central Montana" (PDF). Contributions in Science 504: 1–8.
  • Günter Schweigert (2007). "Juracyclus posidoniae n. gen. and sp., the first cycloid arthropod from the Jurassic" (PDF). Journal of Paleontology 81 (1): 213–215. doi:10.1666/0022-3360(2007)81[213:JPNGAS]2.0.CO;2.
  • Jerzy Dzik (2008). "Gill structure and relationships of the Triassic cycloid crustaceans" (PDF). Journal of Morphology 269 (12): 1501–1519. doi:10.1002/jmor.10663. PMID 18690662.
  • Geoff A. Boxshall & Damià Jaume (2009). "Exopodites, epipodites and gills in crustaceans" (PDF). Arthropod Systematics & Phylogeny 67 (2): 229–254.
  • Barry W. M. van Bakel, John W. M. Jagt, René H. B. Fraaije & Pedro Artal (2011). "A new family, genus and species of cyclid (Crustacea, Branchiura, Cyclida) from mid-Cretaceous reefal deposits in northern Spain" (PDF). Bulletin of the Mizunami Fossil Museum 37: 47–49.

Collegamenti esterni modifica