Discussione:Campodimele

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Comuni italiani
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BLievi problemi relativi all'accuratezza dei contenuti. Informazioni esaustive nella gran parte dei casi, ma alcuni aspetti non sono del tutto approfonditi o altri non sono direttamente attinenti. Il tema non è stabile e potrebbe in breve necessitare di aggiornamenti. (che significa?)
CSeri problemi di scrittura. Linguaggio comprensibile, ma con stile poco scorrevole. Strutturazione in paragrafi carente. (che significa?)
DGravi problemi relativi alla verificabilità della voce. Molti aspetti del tema sono completamente privi di fonti attendibili a supporto. Presenza o necessità del template {{F}}. (che significa?)
DGravi problemi relativi alla dotazione di immagini e altri supporti grafici nella voce. Mancano molti file importanti per la comprensione del tema, alcuni essenziali. (che significa?)
Monitoraggio effettuato nel febbraio 2013


Spostate qui (sto modificando la voce) alcune parti della sezione dedicata al brigantaggio, che si riferiscono al fenomeno in generale e non al comune (dovrebbero essere inserite in altra voce, forse quella sul brigantaggio).


Nei primi decenni dell’Unità d’Italia le popolazioni dei Monti Ausoni, Aurunci e Lepini vissero un triste rigurgito del brigantaggio, soprattutto per la lunga guerriglia antiunitaria ispirata dai Borboni nella speranza di poter riconquistare il regno perduto.


Antonio Gasparone di Sonnino, ammirato e cantato da molti poeti e dai celebri scrittori Stendhal e Dumas; Alessandro Massaroni di Vallecorsa, dominatore della Marittima; Gaetano Mammone di Sora, il sanguinano capo dei cinquecento “fuorbanditi”, cioè banditi fuori classe, Angelo Ferro di Sant’Oliva il quale, dopo aver scorazzato per le campagne tra Campodimele, Lenola e Pico, abbandonò la malavita e passò al servizio di Filippo Il impegnato nelle guerre delle Fiandre; soprattutto Michele Pezza di Itri, più noto come “Fra’ Diavolo”, che ispirò scrittori, poeti e produttori cinematografici e tutt’ora suscita vasti interessi per l’interpretazione della sua complessa e contraddittoria personalità. Sulla sua figura il giudizio dei contemporanei mutò, a secondo che parteggiassero per l’ordine vetusto del trono e dell’altare, impersonato dai Borboni di Napoli, o che inseguissero i lumi della rivoluzione giacobina importati dalle armate francesi. Agli ordini di Fra’ Diavolo si posero cinque-seimila uomini armati, inquadrati, in buona parte, in strutture militaresche rudimentali ma efficienti, dotate persino di medici e cappellani ed articolate in formazioni mobili secondo competenze territoriali, tra le quali appunto Campodimele ove lo stesso Fra’ Diavolo era di casa.


Il fenomeno del brigantaggio, organizzato sui monti Ausoni, Aurunci e Lepini, assunse dimensioni talmente gravi che l’esercito italiano non andò tanto per il sottile nella sua azione repressiva: basti considerare che in un solo semestre del 1861 furono catturati, uccisi in scontri a fuoco o fucilati, 278 briganti. Molti di questi, comunque, erano in perfetta buona fede, molti altri, invece, si vestivano dei panni legittimisti per fini strettamente personali. Anche qualche campomelano si trovò coinvolto nel brigantaggio, come dimostra l’arresto avvenuto ad Isoletta di certo “Falora Michele fu Giuseppe di Campo di Mele, di anni 37”, che nel telegramma inviato al Prefetto di Sora in data 27 ottobre 1863 risulta consegnato dalla “truppa francese al nostro Comando Militare della zona, per l’immediata traduzione al Tribunale di Gaeta”. La crescente vigilanza da parte del nuovo Stato, la caduta di fattori nostalgici e la determinazione con cui venne combattuta finì con l’annientare il fenomeno del brigantaggio. Per capire l’impegno del nuovo Stato italiano in questa lotta alla “malavita del meridione”, può essere interessante un confronto tra un contingente impiegato nella lotta al cosiddetto brigantaggio e le forze schierate in campo nella seconda guerra d’indipendenza. Nel 1856 l’esercito sardo aveva affrontato gli austriaci con 63mila uomini, compresi i volontari; nel 1863 il sesto corpo d’armata contava oltre 80 mila uomini. Ciò significa che i Savoia avevano utilizzato, per sconfiggere il più potente esercito del mondo, 22mila uomini in meno di quanti, cinque anni dopo, ne avrebbe messo in campo il Regno d’ Italia contro i briganti.



Spostato anche pezzo riguardante il santo e non il monastero di Sant'Onofrio. --MM (msg) 16:07, 12 ago 2006 (CEST)Rispondi


Sant’Onofrio, infatti, è il protettore delle “zitelle” e favorisce il matrimonio. Una nota giaculatoria in siciliano recita così:

  Santu Onofriu pilusu pilusu                                     Sant’Onofrio peloso peloso
  Iè vi taliu di ccà ghiusu                                           Io vi guardo da qui giù     
  E sta ‘razia m’haviti  a fari                                     E questa grazia mi dovete fare
  Entru st’annu m’haviti a fari maritari.                   Entro quest’anno mi dovete fare sposare

Pronuncia Campodimele modifica

È vero che la pronuncia corretta non è la più intuitiva, Campodiméle, ma Campodimèle, perché Melis -> "-mèle"? Nei dialetti locali il miele è chiamato, appunto, mèle. Se fosse così, per maggior chiarezza, modificherei la prima riga della voce nel seguente modo: Campodimele (pronuncia Campodimèle) è un comune di 673 abitanti della provincia di Latina... Qualcuno può togliermi questo dubbio?--Carlirio (msg) 15:18, 3 feb 2009 (CET)Rispondi

La cicerchia di campodimele NON è DOP riconosciuta. modifica

La cicerchia di campodimele NON è DOP riconosciuta. Un sacco d persone stanno prendendo le testuali parole di wiki. Secondo ultima rev del 09/11/2013 il prodotto NON è considerato all'interno del panel di prodotti DOP e/o IGP.

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