Discussione:Esperimento di Michelson-Morley

Ultimo commento: 5 anni fa, lasciato da 130.192.193.197 in merito all'argomento Ultimo periodo
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Fisica
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Leggo che l'esperimento è stato eseguito nel 1887. L'ultima frase è "La conclusione, come aveva previsto Einstein, fu che il vento d'etere non esisteva." Einstein nasce nel 1879. All'epoca dell'esperimento egli aveva dunque 8 anni. Sappiamo tutti che è stato un genio, ma non fino a questo punto... :) ! Io sapevo che Einstein prese il risultato del suddetto esperimento (ciò che voi chiamate "assenza del vento d'etere"), ossia il fatto che la luce ha la stessa velocità -c- in ogni sistema di riferimento, come postulato e quindi *presupposto* per la teoria della relatività ristretta.. Atti 22:03, Ott 9, 2004 (UTC)

Hai ragione, Einstein conosceva l'esperimento di Michelson-Morley solo indirettamente (cioe' giusto perche' citato da Lorentz). Un buon articolo riguardo al rapporto tra questo esperimento e la nascita della teoria di Einstein e' : 'Special relativity and the Michelson-Morley experiment', B. R. Chapman, Phys. Educ., Vol 14, 1979 (lo sto' leggendo giusto ora).

Ciao, beb0s 00:56, Lug 28, 2005 (CEST)

Voce inesatta o premesse sperimentali errate? modifica

Non ho capito dove i sostenitori dell'esistenza dell'etere avrebbero concepito questo elemento sottile come un "vento"....

il periodo seguente infatti è senza fonte:

ogni corpo in movimento nell'universo producesse un vento d'etere che doveva muoversi alla stessa velocità del corpo in movimento e con direzione opposta. Per esempio la Terra, a causa del suo movimento all'interno della galassia, avrebbe dovuto incontrare un "vento" d'etere a 30 km/s.[senza fonte]

Non saprei ma pare che Einstein non negasse l'esistenza dell'etere. Verificare. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 82.61.177.237 (discussioni · contributi).

Varie forme di etere sono state introdotte fin dai primi passi della meccanica classica in quanto era difficile immaginare come una forza, elettrica, magnetica o gravitazionale che sia, possa agire a distanza senza un mezzo che la trasporti per diretto contatto. Ovviamente il dibattito sull'esistenza dell'etere fu vivo fin dal principio. Quando Maxwell scoprì le onde elettromagnetiche, allo stesso modo era difficile immaginare un'onda che si propagasse nel vuoto, non associabile alla vibrazione di alcuna entità materiale fondamentale (si legga a riguardo lo stesso Maxwell). Il vento d'etere altro non è che il moto relativo dei corpi nell'universo rispetto all'etere, in modo analogo al vento percepito da ogni corpo che si muova nell'atmosfera terrestre. Einstein invece nel 1918 scrisse: ... there is no Aether in the old sense. The general theory of relativity also does not know a privileged state of motion in a point, that one could vaguely interpret as velocity of an Aether. However, while according to the special theory of relativity a part of space without matter and without electromagnetic field seems to be characterized as absolutely empty, e. g. not characterized by any physical quantities, empty space in this sense has according to the general theory of relativity physical qualities which are mathematically characterized by the components of the gravitational potential, that determine the metrical behavior of this part of space as well as its gravitational field. One can quite well construe this circumstance in such a way that one speaks of an Aether, whose state of being is different from point to point. Only one must take care not to attribute to this Aether properties similar to properties of matter (for example every point a certain velocity). Discorso condivisibile ancora oggi, ma Einstein non lascia alcun sostegno all'esistenza dell'etere classico. X-Dark (msg) 22:21, 30 mag 2016 (CEST)Rispondi

Ultimo periodo modifica

Il periodo conclusivo della voce mi pare fuorviante: potrebbe far intendere che lo spunto ad Einstein per la sua teoria venne dall'interpretazione dell'esperimento di Michelson, quando sappiamo che egli partì da considerazioni diverse e che cita genericamente nel suo articolo d'esordio sulla relatività ristretta gli esperimenti falliti alla ricerca delle prove dell'etere come dato "accessorio". Addirittura in letteratura si afferma non esservi prove certe che Einstein nel 1905 conoscesse l'esperimento di Michelson. Avevo tentato una modifica in questa direzione, ma è stata cassata senza che l'annullamento venisse considerato degno neppure di motivazione. Il problema di un'ambiguità però esiste. (Non trovo la striscia dei comandi per la firma).

Dato che però si è scritto di tutto e di più su cosa avesse in mente Einstein, servirebbe capire sulla base di quali ragionamenti e su quali scritti sappiamo che egli partì da considerazioni diverse. I fallimenti sperimentali di rilevare l'etere sono ben citati fin dal 1905, d'altra parte se si fosse stati in grado di osservare l'esistenza del vento d'etere, il problema di formulare una nuova teoria non si sarebbe nemmeno posto. X-Dark (msg) 20:35, 12 lug 2018 (CEST) PS: Per firmare basta mettere le quattro tilde alla fine, così: ~~~~Rispondi
Le "considerazioni diverse" sono quelle di apertura del famoso primo articolo del 1905:

«E' noto che l’elettrodinamica di Maxwell, come la si interpreta attualmente nella sua applicazione ai corpi in movimento, porta a delle asimmetrie che non paiono essere inerenti ai fenomeni. Si pensi per esempio all’interazione elettromagnetica tra un magnete e un conduttore. I fenomeni osservabili in questo caso dipendono soltanto dal moto relativo del conduttore e del magnete, mentre secondo l’interpretazione consueta i due casi, a seconda che l’uno o l’altro di questi corpi sia quello in moto, vanno tenuti rigorosamente distinti. Se infatti il magnete `e in moto e il conduttore `e a riposo, nei dintorni del magnete esiste un campo elettrico con un certo valore dell’energia, che genera una corrente nei posti dove si trovano parti del conduttore. Ma se il magnete `e in quiete e si muove il conduttore, nei dintorni del magnete non esiste alcun campo elettrico, e si ha invece nel conduttore una forza elettromotrice, alla quale non corrisponde nessuna energia, ma che - a parit`a di moto relativo nei due casi considerati - d`a luogo a correnti elettriche della stessa intensit`a e dello stesso andamento di quelle alle quali da luogo nel primo caso la forza elettrica. Esempi di tipo analogo, come pure i tentativi andati a vuoto di constatare un moto della terra relativamente al “mezzo luminoso” portano alla supposizione che il concetto di quiete assoluta non solo in meccanica, ma anche in elettrodinamica non corrisponda ad alcuna propriet`a dell’esperienza, e che inoltre per tutti i sistemi di coordinate per i quali valgono le equazioni meccaniche debbano valere anche le stesse leggi elettrodinamiche e ottiche, come gi`a `e dimostrato per le quantit`a del prim’ordine."»

I risultati sperimentali negativi sulla ricerca dell'etere (che comprendessero o meno l'esperienza di Michelson) sembrano quindi essere "venuti dopo" concettualmente nel ragionamento di Einstein. E' per questo che la parte finale del testo della voce mi è parso fare impropriamente un collegamento diretto fra Michelson e l'imput ad Einstein.--93.36.192.165 (msg) 21:26, 12 lug 2018 (CEST)Rispondi

Il risultato negativo riguardo il vento d'etere dell'esperimento di Michelson e Morley è venuto cronologicamente prima dei lavori di Einstein sulla relatività ristretta. Questa è una certezza. Certo, la formulazione della teoria della relatività ristretta fu ispirata probabilmente da ragionamenti legati alla simmetria delle equazioni di Maxwell, ma questo non implica il fatto che Einstein fosse ignorante, in senso lato, circa l'esperimento di Michelson e Morley (sarei curioso di sapere quale letteratura sostenga il contrario). Visto soprattutto che, in assenza di risultati sperimentali negativi, il problema di formulare una nuova teoria che superasse la meccanica classica non si sarebbe nemmeno posto. Il collegamento diretto fra l'esperimento di Michelson e Morley e lo sviluppo relatività ristretta è quindi indubbio. X-Dark (msg) 14:56, 13 lug 2018 (CEST)Rispondi
Se "la formulazione della teoria della relatività ristretta fu ispirata probabilmente da ragionamenti legati alla simmetria delle equazioni di Maxwell", come dici, questo problema esisteva, ed Einstein se lo sarebbe posto, anche in assenza degli esperimenti, e dal suo scritto continuo comunque a ricavare l'impressione che il fallimento dei tentativi di dimostrare sperimentalmente l'etere avesse per lui un ruolo solo rafforzativo (ho notato, tra l'altro, che nella prima discussione qualcuno aveva avuto la mia stessa perplessità). Comunque la mia (seconda) modifica forse è stata prematura rispetto alla discussione e si può benissimo tornare indietro. Per quanto riguarda la conoscenza o meno da parte di Einstein specificamente dell'esperimento di Michelson, ho affermato, desumendola da letture un po' lontane che dovrei ricostruire, non che vi sono prove che la negano, ma che non ve ne sono che la dimostrano, che è leggermente diverso. Si tratta, ad ogni modo, di un aspetto secondario rispetto al discorso generale.--93.37.210.116 (msg) 21:13, 13 lug 2018 (CEST)Rispondi
Il problema che esisteva nella fisica della seconda metà del XIX secolo era determinare le proprietà dell'etere. L'effetto Doppler di un'onda sonora dipende sia dalla velocità della sorgente che dalla velocità dell'osservatore, e non dalla velocità relativa come imporrebbe il principio di relatività galileiana. Questo non comporta un crollo della fisica classica, semplicemente la propagazione di un'onda sonora avviene nell'aria ed è ovvio che lo stato di moto sia della sorgente che dell'osservatore rispetto all'aria siano importanti nel determinare i fenomeni acustici. La forma delle equazioni di Maxwell nel vuoto è quella delle onde, le simmetrie di cui stiamo parlando (riportate anche nel 1905 da Einstein) sono quelle dell'equazione di d'Alembert. Ora, la storia come la scienza, non si fanno con i se. Tuttavia, se non ci fosse stato alcun esperimento, o peggio ancora se l'esperimento di Michelson e Morley avesse dimostrato che la velocità della luce dipende dallo stato di moto della Terra rispetto all'etere, non ci sarebbe stato alcun bisogno della relatività ristretta ed non ci sarebbe stato alcun discorso sulla simmetria delle equazioni di Maxwell che avrebbe avuto senso, allo stesso modo in cui non ha senso postulare il fatto che la velocità del suono sia la stessa per tutti gli osservatori sulla base della sola simmetria dell'equazione delle onde. Certo, un esperimento che falsifica una teoria non è da solo in grado di dire quale sia la teoria esatta, per questo dopo i tentativi di Lorentz (e altri), Einstein ha dovuto fare un passo avanti sulla base di ragionamenti che vanno al di là del semplice esperimento di Michelson e Morley - e notare che comunque le trasformazioni di coordinate della relatività ristretta si chiamano trasformazioni di Lorentz e non transformazioni di Einstein. La questione è secondaria, ma è importante per capire come si sia sviluppata la relatività ristretta. La seconda modifica mi sembra comunque che non sia in disaccordo con quanto stiamo discutendo. X-Dark (msg) 21:05, 15 lug 2018 (CEST)Rispondi
Non ribatto direttamente sulla questione tecnica, anche perché forse non ho la capacità, ma noto che a contraddire la tua tesi è lo stesso Einstein quando dice (voglio sperare che la traduzione di cui sopra sia corretta, se no tutto il discorso cade): "Esempi di tipo analogo (la parte relativa alle equazioni ndr) come pure i tentativi andati a vuoto di constatare un moto della terra relativamente al “mezzo luminoso..". E' quel come pure che appare determinante, vale a dire: ci sono da un lato anomalie che hanno significato in sé, e in aggiunta ci sono pure gli esperimenti che non riescono a dimostrare l'etere. E' vero, la storia non si fa con i se, ma non mi sembra azzardato affermare che anche in assenza degli esperimenti (certo, se ce ne fossero stati con esito positivo il discorso sarebbe stato diverso, ma oggi sappiamo che ciò era impossibile) Einstein avrebbe sviluppato ugualmente la sua teoria, anche perché, da fisico teorico, quale fu sempre, quello che lo "disturbava" maggiormente erano per l'appunto quelle asimmetrie che mise come primo argomento nell'introdurre la relatività ristretta.--93.36.194.167 (msg) 01:16, 16 lug 2018 (CEST)Rispondi
Non vedo una contraddizione fra quanto scritto qui e quanto sostenuto da Einstein. Indipendentemente dagli esperimenti si possono cercare nuove teorie ricorrendo a principi di massima simmetria (come in tempi recenti le teorie della grande unificazione, la supersimmetria e la teoria delle stringhe). Resta fermo il punto che la fisica non è come la matematica, alla fine solo la realtà sperimentale determina quale sia la teoria adatta a descrivere il comportamento dei corpi nel nostro universo. Perciò in questo senso mi sembra azzardato discutere di fisica in assenza di esperimenti. X-Dark (msg) 14:08, 16 lug 2018 (CEST)Rispondi

(rientro) Discussione interessante e argomento affascinante, però quello che non dovremmo fare, qui, è precisamente fare l'esegesi delle fonti primarie (nella fattispecie l'articolo di Einstein del 1905). Le fonti secondarie (aggiornate) ci dicono che Einstein conosceva l'esperimento di Michelson e Morley: [1]. È vero, d'altra parte, che lo stesso Einstein ha dichiarato di non essere stato influenzato in modo rilevante dal risultato di Michelson e Morley. In tutto questo, però, ci stiamo dimenticando che quando si associa l'esperimento di M.M. alla nascita della relatività ristretta non ci si riferisce affatto all'influenza diretta che l'esperimento stesso può avere avuto su Einstein, ma a una concatenazione ben precisa di eventi nella storia della Fisica. Lorentz e FitzGerald, nei loro lavori, fanno esplicitamente riferimento all'esperimento di M.M. (cfr. ad esempio [2]). Einstein cita Lorentz nel suo lavoro del 1905, ma non in relazione alle leggi di trasformazione delle coordinate che oggi sono universalmente associate al nome di Lorentz, bensì alla sua teoria dell'elettrodinamica. Siccome nel lavoro di Einstein non c'è una bibliografia, la vera questione riguarda piuttosto l'influenza su Einstein del lavoro di Lorentz del 1892 (e dei lavori di Poincaré degli stessi anni). È evidente che Einstein deriva le trasformazioni di Lorentz sulla base di considerazioni del tutto diverse (e questo è, dal suo punto di vista, un elemento molto importante), ma a meno che non si voglia affermare che Einstein derivò le trasformazioni di coordinate indipendentemente da Lorentz e Poincaré, e senza essere a conoscenza dei lavori di questi ultimi (tesi che non mi pare sostenuta da nessuna fonte), la concatenazione che porta dall'esperimento di M.M. alla formulazione della relatività ristretta, concatenazione che si trova indicata in tutti i libri di Fisica, è un dato di fatto. Che, ripeto, non deve essere confuso con il fatto, altrettanto evidente, che Einstein nel suo lavoro del 1905 non deriva le trasformazioni di coordinate dal risultato dell'esperimento di M.M. , bensì dal postulato che la velocità delle luce sia la stessa per tutti gli osservatori inerziali. --130.192.193.197 (msg) 18:11, 16 lug 2018 (CEST)Rispondi

Considerazioni oltremodo interessanti e apprezzabili, ma la discussione era nata proprio dal fatto che un passo finale della voce relativa all'esperimento di Michelson-Morley sembrava avvalorare quella influenza diretta dell'esperimento sulla formulazione della teoria che anche tu mi pare non ritieni esistere. Il discorso rientra nella valutazione dell'influenza su Einstein dei risultati sperimentali negativi sulla ricerca dell'etere in generale (risultati citati genericamente nei lavori di Lorentz e Poincarè che Einstein sicuramente conosceva). Ora una certa influenza ovviamente c'è stata anche perché è lo stesso Einstein a dirlo chiaramente, ma, non vorrei ripetermi, la semplice lettura dello scritto d'esordio sulla relatività mi pare lasci intendere altrettanto chiaramente che il primun movens per la formulazione dei postulati non sia stata la constatazione che non si riusciva a trovare l'etere, ma altro. Se si parla invece d'influenza indiretta, attraverso quella sui lavori degli altri studiosi, il discorso sarà sicuramente diverso--93.36.198.27 (msg) 21:40, 17 lug 2018 (CEST)Rispondi
Non so quanto possa essere utile, ma Einstein cita di questo esperimento nel suo testo Relatività esposizione divulgativa. pp 84-85 ed. Zanichelli, 1974.--Bramfab Discorriamo 23:44, 17 lug 2018 (CEST)Rispondi
Se ci stiamo riferendo a questa modifica, nella versione originale della voce non vedo però scritto qualcosa del tipo "Einstein lesse e rilesse giorno e notte i risultati di Michelson e Morley e, dopo essersi appeso in camera da letto un gigantografia dello schema dell'esperimento, una mattina ebbe un lampo di genio e formulò la teoria della relatività ristretta". X-Dark (msg) 10:50, 18 lug 2018 (CEST)Rispondi
Il testo modificato "Einstein accettò la terza soluzione, che va considerata come prova dell'isotropia dello spazio per tutti gli osservatori e la cui spiegazione è che non esiste alcun etere, o meglio non è necessario ipotizzarne l'esistenza", periodo che veniva subito dopo l'elencazione delle tre teoriche spiegazioni dell'esito negativo dell'esperimento, poteva generare proprio l'idea, in particolare nel lettore digiuno dell'argomento, che egli formulò in secondo postulato scegliendo direttamente fra le tre opzioni. La modifica da me apportata, anche alla luce della discussione intervenuta successivamente, mi sembra giustamente più neutra.--195.120.122.178 (msg) 11:41, 18 lug 2018 (CEST)Rispondi

La versione attuale a me sembra soddisfacente. --130.192.193.197 (msg) 13:44, 19 lug 2018 (CEST)Rispondi

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