Discussione:Italiani di Croazia

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Venezia Giulia e Dalmazia
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Monitoraggio effettuato nel febbraio 2010


Parte della voce proviene dalla voce Croazia--AnjaManix (msg) 20:52, 23 mar 2009 (CET)Rispondi

Pero' di sfuggita comprende anche la Slovenia. --Bramfab Discorriamo 18:01, 23 set 2013 (CEST)Rispondi

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Aggiornamenti sulle scuole italiane a Zara modifica

Segnalo che a partire dal 2013 è stato ufficialmente aperto l'asilo in lingua italiana a Zara come confermato qui. Inoltre a partire dal 2017 è disponibile anche nelle scuole di Zara una sezione di ore (da due a cinque e dalle elementari alle superiori) dedicate all'insegnamento della lingua italiana come si legge qua. In quest'ultimo caso si tratta di una scuola italiana con modello minoritario C, ovvero solo la materia di lingua e cultura italiana è insegnata in lingua italiana e tutte le altre materie sono insegnate nella lingua maggioritaria, in tal caso il croato, il modello minoritario B consiste in alcune sezioni dove tutte le materie sono insegnate tutte in italiano mentre in altre sezioni dello stesso istituto le lezioni sono insegnate nella lingua maggioritaria e infine il modello A consiste in un intero istituto dove si insegnano tutte le materie nella lingua minoritaria. Sarebbe interessante sapere se in altri paesi croati dove è presente una minoranza italiana sono presenti scuole italiane di modello B e C, oltre a quelle di modello A. --Myron Aub (msg) 15:34, 9 apr 2018 (CEST)Rispondi

Ce ne sono diverse. Per la Croazia, vedi qua: schema riassuntivo a pag. 160.--Presbite (msg) 18:02, 9 apr 2018 (CEST)Rispondi
Da quello che ho compreso però, la tabella alle pagg. 154-160 non si riferisce agli insegnamenti di tutti i tipi delle lingue straniere nelle scuole europee ma elenca solo gli insegnamenti con il "metodo CLIL" che prevede l’insegnamento di discipline non linguistiche (ad esempio storia o matematica) in una lingua straniera. Inoltre mi è venuta in mente un'altra questione: nel Template "croati italiani" è messo il dato ricavato dal censimento del 2001 (ma forse ci sono censimenti più recenti), in base a quali criteri è conveniente usare questo dato invece che quello dato dall'Unione Italiana (oppure metterli tutti e due)? Chiedo questo perché se l'iscrizione all'Unione Italiana fosse volontaria mentre nel censimento lo stato obbligasse i cittadini a dichiararsi appartenenti a una etnia e una soltanto allora sarebbe più significativo il dato del numero di iscritti all'Unione Italiana. Questo perché l'appartenenza culturale e nazionale, a differenza del possesso di una cittadinanza e di quali lingue si è capaci di parlare (e non sempre la madrelingua, ovvero la prima lingua imparata in famiglia, è la lingua che si usa di più o che si è più capaci di parlare!) è un sentimento in buona parte soggettivo (e magari poco significativo, potrebbe essere che alcuni croati nipoti o pronipoti di italiani riscoprono una "italianità istriana" al solo scopo di avere vantaggi economici e di autonomia e che lo stesso facciano alcuni carsolini triestini che si sentono all'improvviso paladini della nazionalità slovena anche se conoscono a malapena il dialetto sloveno della zona). Il problema di usare i numeri di un censimento per quantificare i sentimenti di nazionalità (oltre ad altri sentimenti come il simpatizzare per certi partiti o essere legati a certe fedi) è non solo legato al fatto che riveli questo sentimento allo stato (e dunque sei consapevole delle possibili implicazioni delle tue risposte) ma anche che non fa sapere quanti anche praticano nei fatti (essere "praticanti" e non solo "battezzati" in religione oppure, nel caso delle nazionalità, promuovere attivamente la lingua e la cultura di essa). Senza contare poi il problema dell'arbitrarietà delle risposte (mi risulta che tra le opzioni di nazionalità in Croazia ci siano anche quella "istriana" e "dalmata", un ipotetico censimento delle nazionalità italiane ammetterebbe nazionalità "sarde", "friulane", "sudtirolesi", "ladine", "resiane" e simili?). Questione complessa, che non so se sia già stata discussa qui.--Myron Aub (msg) 14:38, 10 apr 2018 (CEST)Rispondi
Adesso ho capito meglio quel che chiedi. Non esiste un elenco di tutte le scuole croate che prevedono l'insegnamento dell'italiano come seconda o terza o quarta lingua. Sono diverse decine in tutto il paese, sia nella scuola primaria che secondaria. Quasi tutte le università croate presentano cattedre di italianistica. Ma questo però direi che non c'entra con gli italiani di Croazia, se non molto relativamente. Sarebbe come se all'interno della voce sulle Minoranze di lingua tedesca ci mettessimo a fare una statistica su quante scuole insegnano il tedesco come lingua straniera. In un paese può non esistere minimamente una minoranza tedesca e contemporaneamente possono esserci delle scuole nelle quali il tedesco si insegna. Veniamo adesso ai dati dei censimenti e all'Unione Italiana. Premetto che nei censimenti croati non c'è nessun obbligo di dichiararsi come appartenenti ad una etnia. Uno può autoidentificarsi nazionalmente, dopo di che può anche autodichiararsi regionalmente ("Sono istriano"), infine può rifiutare la domanda. Tanto per capirci sui numeri, nel censimento del 2011 hanno dichiarato la propria "appartenenza regionale" in 27.225 in tutto, pari allo 0,64%. Di questi, gli istriani sono la grande maggioranza: 25.203. Nella Regione Istriana ben il 12,11% dei cittadini ha dichiarato di sentirsi - appunto - "istriano". Non a caso, l'Istria è l'unica regione di tutta la Croazia dove il potere locale è praticamente da sempre un monopolio di un partito regionalista, che poi è la IDS-DDI. Un cittadino croato non può invece dichiararsi come appartenente a due nazionalità. Oltre a questa domanda, nei censimenti croati uno può dichiarare (se vuole) la propria lingua materna. Quindi in questo caso "spariscono" le affiliazioni regionali, giacché - per esempio - non esiste una "lingua istriana". Il numero dei madrelingua italiana è regolarmente superiore al numero di quelli che si definiscono etnicamente italiani: da ciò ne consegue che esistono alcune centinaia di persone che parlano italiano ma non si sentono italiani, o per lo meno non dichiarano di sentirsi italiani. L'iscrizione all'Unione Italiana è libera. Chiunque può iscriversi. Conosco personalmente decine di persone iscritte all'UI che poi si dichiarano "croati". Diciamo che sono "simpatizzanti". Quindi di sicuro il dato del censimento è più probante rispetto al numero degli iscritti all'UI. Non vedo alternative che presentino un margine di "prova" più alto.--Presbite (msg) 18:18, 10 apr 2018 (CEST)Rispondi
Quasi dimenticavo: nella voce ho inserito i dati del censimento del 2011. L'ultimo che si è svolto, quindi sono i più recenti disponibili. Ho anche i dati del primo censimento croato (intendo dire: della Croazia indipendente), quello del 1991. Appena ho un po' di tempo e voglia inserirò anche quei dati.--Presbite (msg) 18:28, 10 apr 2018 (CEST)Rispondi
Grazie delle informazioni. Fermo restando che, come già detto, è ben noto che la nazionalità di un individuo è tutt'altro che un dato oggettivo ma contiene sempre una parte di sentimento soggettivo, io non sarei così d'accordo nell'affermare che "di sicuro il dato del censimento è più probante rispetto al numero degli iscritti all'UI", anche se non c'è un obbligo nel censimento di dichiarare la propria nazionalità, manca comunque la possibilità di dichiarare una doppia nazionalità (e poi, da quello che ho capito, ma correggetemi se sbaglio, uno non può scegliere di identificarsi solo regionalmente, come "istriano", senza precisare poi una nazionalità "non regionale" come quella italiana e croata). Poi mi pare un po' strano che persone che dentro di sé si sentono "croate" si iscrivano all'Unione Italiana, in quanto presumo che già l'atto di iscriversi presupponga adempire doveri (anche solo il semplice pagare una quota d'iscrizione) che promuovono la lingua e cultura italiana in Croazia e Slovenia (sarebbero un po' come degli "atei praticanti", insomma, e non si capirebbe per quale tornaconto personale lo farebbero). Troverei più probabile che alcuni cittadini croati che si sentono italiani abbiano timore a dichiararlo davanti allo stato al momento del censimento, ma sono solo mie supposizioni. La cosa migliore per me in quest'articolo è precisare come si svolge l'autodichiarazione di nazionalità nel censimento mettendo in chiaro la difficoltà di quantificare questi dati relativi ai sentimenti personali di autoidentificazione. --Myron Aub (msg) 11:56, 11 apr 2018 (CEST)Rispondi
Io non ho mica detto che i censimenti sono veritieri al 100%: ho scritto che "di sicuro il dato del censimento è il più probante". E confermo quanto ho scritto. Confermo anche un'altra cosa che ho già scritta, e cioè che uno può dichiararsi nazionalmente (croato, italiano, tedesco, serbo ecc.), OPPURE può dichiararsi "regionalmente", OPPURE può rifiutare di dichiararsi. Quindi non c'è né nessun obbligo di dichiararsi, né d'altro canto c'è nessun obbligo di dichiararsi regionalmente E ANCHE qualcosa d'altro. Tu dici che ti pare un po' strano che persone che si sentano croate si iscrivano all'UI. Invece ti dico che è una cosa abbastanza tipica delle zone di confine. E' una sorta di "autoidentificazione liquida". Ti faccio un esempio. L'ex sindaco di Lussinpiccolo si chiama Gary Cappelli. E' figlio del rifondatore della Comunità degli Italiani di Lussinpiccolo, ovviamente italiano, e di madre croata. E' iscritto all'UI come simpatizzante. Si dichiara croato. Casi come questo ce ne sono letteralmente centinaia, soprattutto in Istria. Prima di iniziare a scrivere su queste cose, ti inviterei a leggere alcuni testi di storia, demografia e linguistica relativa a quelle terre. Non sono cose facilissime da comprendere. Ma tutti gli argomenti che adesso io e te stiamo discutendo sono già stati ampiamente affrontati da diversi autori. Tanto per avere un'idea, ecco qua un link. Ho letto svariati libri del CRSRV. Meritano.--Presbite (msg) 12:34, 11 apr 2018 (CEST)Rispondi

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