Giovanni Curcuas (IX secolo)

Giovanni Curcuas (in greco bizantino: Ἰωάννης Κουρκούας, Ioannes Kourkouas; fl. IX secolo) era un alto comandante militare bizantino che guidò una congiura contro l'imperatore Basilio I il Macedone.

Biografia

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Giovanni Curcuas (o Κροκόας, Krokoas negli scritti di Simeone Logoteca, Giorgio il Monaco e altri) è il primo membro noto della famiglia Curcuas[1]. Il nome della famiglia è armeno, essendo un'ellenizzazione del nome "Gurgen", e provenivano da Dokeia (odierna Tokat) nel Tema Armeno[1][2].

Giovanni Curcuas era il comandante (domestikos) del reggimento d'élite degli Hikanatoi e guidò una cospirazione contro l'imperatore Basilio I il Macedone (867-886). Furono coinvolti non meno di 66 membri del Senato e dell'aristocrazia, tra cui il comandante della guardia del corpo imperiale, l'Hetaireia, e nobili di spicco[1][3]. I cospiratori intendevano colpire il giorno dell'Annunciazione, ma la congiura fu denunciata dal ciambellano di Curcuas[1]. L'imperatore fece un processo pubblico ai cospiratori nell'Ippodromo di Costantinopoli, condannandoli alle percosse e alla tonsura forzata; i capelli rimasti furono bruciati. Poi l'imperatore guidò la processione festiva per la festa dell'Annunciazione, costringendo i cospiratori a marciare nudi dietro di lui. Furono quindi banditi e i loro beni confiscati[1].

Le fonti differiscono sulla datazione esatta della vicenda: il Teofane Continuato e Giovanni Scilitze (che segue Continuato) la collocano intorno all'877/78, ma gli studiosi moderni la collocano nell'886. Scilitze dà addirittura al capo della congiura il nome di Romano invece che di Giovanni, ma le altre cronache sono chiare nell'attribuire questi eventi a Giovanni. Il racconto di Scilitze potrebbe essere una confusione dovuta al nome del figlio di Giovanni (forse anche al nome del padre)[1][3].

Giovanni era il nonno omonimo dell'illustre generale del X secolo Giovanni Curcuas[1][4][5].

  1. ^ a b c d e f g PmbZ, Ioannes Kurkuas (#22824).
  2. ^ Andriollo (2012), p. 58.
  3. ^ a b Andriollo (2012), p. 59.
  4. ^ Kazhdan (1991), pp. 1156–1157.
  5. ^ Andriollo (2012), pp. 59, 61–62.

Bibliografia

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