Grande madre acqua

romanzo scritto da Živko Čingo

Grande madre acqua (Γолемата Вода Golemata voda) è un romanzo scritto da Živko Čingo (Velgošti, 1936 – Ocrida, 1987) e ambientato nella Repubblica Socialista di Macedonia negli anni seguenti alla Seconda guerra mondiale. Da questo romanzo è stato tratto il film Golemata voda.

Grande madre acqua
Titolo originaleΓолемата Вода Golemata voda
AutoreŽivko Čingo
1ª ed. originale1971
Genereromanzo
Lingua originalemacedone
AmbientazioneMacedonia, secondo dopoguerra

Trama modifica

Nel 1946 il piccolo Lem, rimasto orfano, entra all'orfanotrofio "Chiarezza". Qui gli viene assegnato Keïten come compagno di fila: la regola vuole che vengano appaiati un ragazzo calmo e uno irrequieto. Keïten è fuori dagli schemi, ride spensierato in un contesto drammatico e ha la forza di sognare, tanto da coinvolgere Lem nel sogno della Madre Acqua e del Monte Senterlev da cui nasce il sole.

«Presto avrei visto anch'io la Madre Acqua: grandiosa, splendida, l'immagine più bella e misteriosa della mia vita. Mio Dio, presto lei ci avrebbe accolti col suo sguardo dolce e limpido, con i suoi occhi materni.»

La narrazione prosegue con la descrizione dell'orfanotrofio, circondato da un muro invalicabile che riporta ancora le scritte lasciate dagli internati quando la struttura ospitava un manicomio. Nell'orfanotrofio è essenziale possedere un dossier, testimonianza del proprio passato, della propria condotta e della propria identità. Chi ne è sprovvisto, come Keïten, viene considerato una nullità. I bambini vivono in un contesto durissimo, preda dei pidocchi, dell'inclemenza del clima e della violenza degli educatori. Il direttore è Ariton Iakovleski, detto Piccolo Padre; un uomo che ha conosciuto la guerra e che è avvezzo alla crudeltà e alla violenza come tutti gli educatori dell'orfanotrofio. Lo stesso Keïten subisce la brutalità dell'educatrice Olivera Srezoska che lo sospetta responsabile di aver imbrattato il ritratto di Stalin. Keïten viene ridotto in fin di vita e rinchiuso in cantina.

«Come potevo crederci? Non credevo a una parola di quei bugiardi. È impossibile che Keïten sia morto, mi dicevo. Non riuscivo a immaginarmelo ricoperto di terra, steso e immobile, la vitalità e la risata svanite nel nulla. Allora cosa ne sarebbe stato del giorno, della notte, del sole, delle stelle, del vento, dell'acqua? L'universo intero si sarebbe ammutolito. Come sopportare un simile silenzio? Non poter più volare, inventare, viaggiare…»

Keïten sopravvive ma cambia atteggiamento: nell'animo conserva la sua libertà e la propensione al sogno, tuttavia inizia ad assimilare gli insegnamenti degli educatori e a volere un dossier. All'interno dell'orfanotrofio le piccole spie che fanno rapporto agli educatori vengono lodate e premiate. Succede quindi che il piccolo compagno Metodia Grischkoski presenta un rapporto su un'infrazione di Keïten, documentando dettagliatamente il lavoro di intaglio di un bastoncino rubato. Quando il Piccolo Padre lo interroga sulle sue intenzioni, Keïten risponde sconsolato che voleva fare una madre.

«Che io sia maledetto, disse proprio così: una madre. Il silenzio calò su di noi, e in un attimo gli occhi di tutti si voltarono verso il pezzo di legno che Ariton Iakovleski teneva tra le mani. Mio Dio, non era più un pezzo di legno, era una madre! Per la prima volta il Piccolo Padre sembrava confuso, commosso, senza parole.»

Quel momento segna un cambiamento radicale nel Piccolo Padre e in tutti i bambini, portando reciproca comprensione e perdono.

Edizioni modifica

  • Živko Čingo, Grande Madre Acqua, Roma, CasaSirio Editore, 2018.

Voci correlate modifica

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