Le Lais («Il lascito») è un'opera giovanile di François Villon (1457) composta di quaranta ottave di ottonari, in cui l'autore, gioioso studente, elargisce una serie di «doni» o di «lasciti» più o meno strambi, ma sempre crudeli e spesso divertenti, destinati ai suoi nemici. I suoi bersagli favoriti sono le autorità, la polizia, gli ecclesiastici troppo ben pasciuti, i borghesi, gli usurai, insomma i bersagli eterni della contestazione studentesca e popolare. Egli riprende in questo testo vari generi letterari conosciuti: viste le circostanze (la partenza per Angers a causa di una donna) e l'utilizzo dei motivi dell'amore cortese dei trovieri, potrebbe essere un congé, sulla scia della tradizione di Arras[2], nel quale il poeta galante lascia la sua dama che l'ha fatto troppo soffrire[3]. Tuttavia, qui è questione di «lasciti» (lais deriva dal francese «laisser»), di doni che fanno pensare ai testamenti letterari, come quello di Eustache Deschamps che parodiava alla fine del XIV secolo ogni sorta di documento legale[4]. Infine, nelle ultime strofe, Villon riprende a suo modo il tema molto usato del songe, nel quale l'autore racconta un'avventura che gli è capitata in sogno. Parodia del congé, testamento satirico e songe ironico: Le Lais è tutte queste cose insieme[5].

Le Lais
Titolo originaleLe Lais
AutoreFrançois Villon
1ª ed. originale1457
Generepoesia
Lingua originalefrancese medio

«Pour obvier à ces dangers
Mon mieulx est, ce croy, departir.
Adieu ! Je m'en vois à Angers»

Le Grant Testament Maistre Françoys Villon et le Petit. Son Codicille avec le Jargon et ses Ballades (1500 circa).
La stampa diffonde l'opera di François Villon.

Le Lais è innanzi tutto destinato ai suoi amici e compagni di dissolutezza; esso pullula di allusioni e di sottintesi, oggi indecifrabili, ma che di sicuro dovevano far ridere molto i suoi compagni. Sembra tuttavia che abbiano avuto successo, poiché Villon vi fa molte volte riferimento nel successivo Le Testament, lamentandosi scherzosamente che l'opera circoli sotto il titolo errato di «testament»:

«Sy me souvient, ad mon advis,
Que je feiz à mon partement
Certains laiz, l'an cinquante six,
Qu'aucuns, sans mon consentement,
Voulurent nommer « testament » ;
Leur plaisir fut, non pas le myen.
Mais quoy! on dit communément:
« Ung chascun n'est maistre du scien. »»

Note modifica

  1. ^ Le Lais, ottava VI, versi 41-43.
  2. ^ Si vedano le opere di Jean Bodel, Baude Fastoul, Adam de la Halle.
  3. ^ Si veda anche La Confession et Testament de l'Amant trespassé de deuil, di Pierre de Hauteville.
  4. ^ Eustache Deschamps, Testament par esbatement.
  5. ^ Introduzione di Claude Thiry alle Poésies complètes di Villon, 1991, Le Livre de Poche, collana «Lettres gothiques», ISBN 2253057029, p. 13-17.

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