Marmo rosso di Levanto

varietà rossa di marmo estratta nel comune di Levanto

Il marmo rosso di Levanto o, più semplicemente, rosso Levanto è una varietà rossa di marmo estratta nel comune di Levanto, da cui prende il nome, e nei vicini comuni della Riviera spezzina. Era già utilizzato dai Romani[1] e anche in epoca più recente è stato impiegato per rivestimenti, colonne e pavimenti.

Marmo rosso di Levanto
Dettaglio di una lastra di marmo rosso di Levanto
Caratteristiche generali
Stato di aggregazione (in c.s.)solido
Proprietà chimico-fisiche
Densità (g/cm3, in c.s.)2,680-2,720
Coefficiente di imbibizione0,21-0,23 %
Coefficiente di dilatazione termica lineare (K-1)0,0044-0,0048
Proprietà meccaniche
Resistenza a compressione (kgf/m2)1480-1510
Resistenza a flessione (kgf/m2)106-108

Origine geologica modifica

Geologicamente si tratta di un'oficalce a fondo rosso che presenta venature bianche di calcite, rari ammassi di quarzo e, a volte, zone verdi di serpentino. La colorazione rossa prevalente è dovuta all'ematite. Il peculiare aspetto cromatico e le caratteristiche di lucidabilità e durabilità del materiale ne hanno determinato la fortuna merceologica.

Storia modifica

L'estrazione del marmo rosso nelle ampie cave a cielo aperto diffuse lungo la riviera spezzina, è molto antica, come attesta il ritrovamento di alcuni manufatti funerari etruschi realizzati con questo materiale. La massima produzione era concentrata tra i comuni di Framura, Bonassola e Levanto.

L'attività estrattiva, che ha avuto il suo picco tra la fine del XIX secolo e i primi anni trenta, è attualmente molto limitata e concentrata in poche cave, sia a causa delle delicate condizioni ambientali dei siti di provenienza, che a causa dell'introduzione di litotipi simili nel mercato (come il "rosso Lepanto").

Utilizzo modifica

Il marmo rosso di Levanto è stato utilizzato, tra le altre, per le seguenti opere:

Note modifica

  1. ^ L. Lazzarini e C. Sangati, I più importanti marmi e pietre colorati usati dagli antichi in Pietre e marmi antichi, a cura di L. Lazzarini (pp. 73-100), Cedam, 2004.