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Per paralisi (dal greco paràlysis[1]) si intende la perdita totale o parziale (nel primo caso si parla di paralisi propriamente detta o plegia - sebbene quest'ultima dizione, benché ampiamente utilizzata in clinica, non costituisca un vocabolo della lingua italiana, ma solo una desinenza in termini come tetraplegia, paraplegia, etc. -, mentre nel secondo caso si parla di paresi) non reversibile della funzione motoria di un organo, causata da lesione del nervo motore o da patologia di natura tossica, infiammatoria, o meccanico-traumatica del sistema nervoso o delle fibre muscolari.

Dal punto di vista sintomatologico si distinguono due tipi di paralisi: la paralisi flaccida, nella quale la muscolatura si presenta ipotonica, come nel caso di botulismo e la paralisi spastica, tipica del tetano nella quale, al contrario, i muscoli si presentano ipertonici. La paralisi può decorrere o meno con la perdita della sensibilità, dipendendo questo fatto dalla contemporanea lesione della componente sensitiva nervosa.

Tipologia modifica

In neonatologia ritroviamo:

Note modifica

  1. ^ composto di paralýo (rilascio, allento) e di lýsis (scioglimento, dissoluzione). A sua volta paralýo è composta da parà (oltre) e lýo (sciolgo)

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