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La lingua napoletana (napulitano), è una lingua romanza. Nonostante molti linguisti lo considerino un dialetto, altri, tra cui l'UNESCO, considerano il napoletano letterario standardizzato una vera e propria lingua, anche considerando le numerose varianti che ne possono essere considerate dialetti. Secondo altri tuttavia non si può considerare lingua una varietà che non abbia un riconoscimento ufficiale da parte di uno Stato e che non sia usata per tutte le funzioni comunicative. Si hanno testimonianze scritte di napoletano già nel 960 con il famoso Placito di Capua (considerato il primo documento in lingua italiana, ma di fatto si tratta della lingua utilizzata in Campania dalla quale deriva il napoletano) e poi all'inizio del '300, con una volgarizzazione dal latino della Storia della distruzione di Troia di Guido Giudice delle Colonne. La letteratura napoletana parte con Giulio Cesare Cortese e Giambattista Basile, vissuti nella prima metà del Seicento. Basile è autore di un'opera famosa come Lo Cunto de li Cunti, ovvero lo trattenimiento de le piccerille, tradotta in italiano da Benedetto Croce, che ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa delle fiabe, inaugurando una tradizione ben ripresa da Perrault e dai fratelli Grimm. Negli ultimi tre secoli è sorta una fiorente letteratura in napoletano, in settori anche diversissimi tra loro, che in alcuni casi è giunta anche a punte di grandissimo livello, come ad esempio nelle opere di Salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani, Ferdinando Russo, Eduardo Scarpetta, Eduardo De Filippo, Antonio De Curtis.
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