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  Due Sicilie   Regno di Sicilia   Regno di Napoli  

Due Sicilie (le Due Sicilie, in latino Utriusque Siciliae, Dù Sicilî in siciliano, Dòje Sicìlie in napoletano) è il nome con cui è conosciuto il territorio del Mezzogiorno e della Sicilia appartenuto dapprima al Regno di Napoli e di Sicilia, e quindi al Regno delle Due Sicilie.

Il nome deriva dal titolo che assunse Alfonso I di Napoli allorché riunificò sotto il suo controllo le corone del Regno di Sicilia (titolo che allora spettava ai re di Napoli) e del Regno di Trinacria: rex Utriusque Siciliae. L'unità politica delle Due Sicilie restò effettiva solo finché rimase in vita il figlio di Alfonso I, Don Ferrante, perché presto i sovrani francesi tornarono a rivendicare il diritto d'annessione del Mezzogiorno italiano e, per la loro dinastia, il titolo di rex Siciliae. Dalla Francia allora tentò inutilmente di occupare Napoli Carlo VIII di Francia, e quindi il suo successore, Luigi XII, che infine riuscì a stipulare un accordo con il papa Alessandro VI e Ferdinando II d'Aragona, per cui il pontefice dichiarava decaduto il titolo di rex Siciliae, e al suo posto istaurò la corona di rex Neapolis, di cui fu investito Luigi XII di Francia. Il titolo di Re delle Due Sicilie fu ripreso quindi da Gioacchino Murat e poi, dopo il trattato di Vienna, riadottato da Ferdinando di Borbone, il 9 giugno 1815, e definitivamente assunto da quest'ultimo l'8 dicembre dell'anno seguente dal sovrano borbonico col potere restaurato restaurato.

Casa dei Borbone

La dinastia dei Borbone di Napoli, quindi delle Due Sicilie, fu un ramo dei Borbone, casa reale del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia (poi unificato come Regno delle Due Sicilie) dal 1734 al 1860.

Il fondatore della dinastia fu Carlo di Borbone, re di Napoli tra il 1734 e il 1759, figlio di Filippo V di Spagna (re di Napoli e di Sicilia tra il 1700 e il 1713, oltre che re di Spagna tra il 1700 e il 1746, e fondatore a sua volta della dinastia dei Borbone di Spagna) e della italiana Elisabetta Farnese. Carlo ebbe otto figli. Nel 1759 ascese al trono di Spagna con il nome di Carlo III, dopo la morte senza eredi del fratellastro Ferdinando VI di Spagna e quindi dovette rinunciare al trono di Napoli, che spettò al figlio terzogenito Ferdinando che regnò inizialmente con il titolo di Ferdinando IV, re di Napoli e di Sicilia e quindi, dal 1816 fino alla morte, come Ferdinando I, re delle Due Sicilie.

Alfonso il Magnanimo, «rex Utriusque Siciliae»

Alfonso di Trastamare detto Alfonso il magnanimo (in catalano: Alfons el Magnànim, in castigliano: Alfonso V de Trastámara, llamado el Magnánimo; Medina del Campo, 1396 – Napoli, 27 giugno 1458) è stato un sovrano spagnolo, Re Alfonso V di Aragona, Alfonso III di Valencia, Alfonso II di Sardegna, Alfonso I di Maiorca e di Sicilia, re titolare di Corsica, Conte Alfonso IV di Barcellona e delle contee catalane dal 1416 al 1458 e re Alfonso I di Napoli dal 1442 al 1458.

La corte di Alfonso il magnanimo a Napoli fu una delle più raffinate e aperte alle novità culturali del rinascimento: erano ospiti del re Lorenzo Valla che proprio durante il soggiorno partenopeo denunciò il falso storico della donazione di Costantino, l'umanista Antonio Beccadelli e il greco Emanuele Crisolora. Ad Alfonso si deve anche la ricostruzione di Castel Nuovo. L'assetto amministrativo del regno rimase grossomodo quello dell'età angioina: furono ridimensionati però i poteri degli antichi giustizierati (Abruzzo Ultra e Citra, Contado di Molise, Terra di Lavoro, Capitanata, Principato Ultra e Citra, Basilicata, Terra di Bari, Terra d'Otranto, Calabria Ultra e Citra), che conservarono funzioni prevalentemente politiche e militari. L'amministrazione della giustizia fu invece devoluta nel 1443 alle corti baronali, nel tentativo di ricondurre le antiche gerarchie feudali nell'apparato burocratico dello stato centrale


Nàpoli (IPA: [ˈnaːpoli], in napoletano Napule, IPA: [ˈnaːpələ] oppure [ˈnaːpulə]) è una città italiana capoluogo dell'omonima città metropolitana e della regione Campania.

Nel suo primo insediamento di Partenope sulla collina di Pizzofalcone, fu fondata nella seconda metà dell'VIII secolo a.C. da coloni greci; successivamente rifondata come Neapolis nella zona bassa tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C. Dopo l'impero romano, nel VII secolo la città formò un ducato autonomo, indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per circa seicento anni fu capitale del più grande stato italiano preunitario, che comprendeva tutta l'Italia meridionale peninsulare e, in alcuni periodi, anche la Sicilia. Da Napoli, Ladislao I di Durazzo, agli inizi del XV secolo tentò di riunificare tutta la penisola italiana mentre, successivamente, la città divenne il centro politico dell'Impero Aragonese. Con l'annessione al Regno d'Italia la città e, in generale, tutto il meridione d'Italia, caddero in un relativo declino socio-economico; la Napoli contemporanea rimane tuttavia tra le più grandi e popolose metropoli italiane e mediterranee, conservando ancora la sua storica vocazione di importante centro culturale, scientifico e universitario di livello internazionale. La città di Napoli si è aggiudicata l'organizzazione del Forum Universale delle Culture 2013. A Napoli si trova Villa Rosebery, una delle tre residenze ufficiali della Presidenza della Repubblica.


Meridionalismo e «questione meridionale»

Il Meridionalismo è una corrente di pensiero e un'attività di ricerca, di analisi e di proposta politica riguardante il Mezzogiorno d'Italia. La visione dei problemi, storicamente basata sulla questione del divario economico fra il sud e il nord dell'Italia, si colloca oggi in un ambito più ampio che interessa l'Europa.

Il movimento naque con l'apporto di numerosi studiosi dopo l'unità d'Italia. Tra i primi meridionalisti si possono considerare Giacinto de' Sivo, Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, i quali studiarono a fondo con l'intento di conoscere la vera situazione del Mezzogiorno prima dell'annessione al regno di Savoia. Secondo alcuni di loro, infatti, il Regno delle due Sicilie non era affatto uno Stato povero, e anzi l'unificazione fu un'operazione di colonialismo militare (la legge Pica e la campagna militare contro il brigantaggio) e successivamente colonialismo economico. I meridionalisti non esitarono a rivelare, sebbene fossero conservatori, le gravi responsabilità della politica governativa e il ruolo delle classi dominanti (soprattutto i proprietari terrieri).

Lo stesso argomento in dettaglio: Questione meridionale.
La costituzione delle Due Sicilie

Con il nome Statuto di Baiona si indica la costituzione concessa dall'imperatore Napoleone Bonaparte al regno di Napoli, il 15 luglio 1808, in cui si nominava re Gioacchino Napoleone.

ART. 1. Il nostro caro ed amatissimo cognato il Principe Gioacchino Napoleone Gran Duca di Berg e di Cleves è re di Napoli e di Sicilia dal 1 agosto 1808. 2. La corona di Napoli e di Sicilia è ereditaria nella discendenza diretta, naturale, e legittima del detto Principe...di maschio in maschio per ordine di primogenitura, ed a perpetua esclusione delle femminie e loro discendenti. 3. Nondimeno nel caso che la nostra cara ed amatissima sorella la Principessa Carolina sopravvivesse al suo consorte, Ella salirà al trono; [...] 5. Il Principe Gioacchino Napoleone, divenuto Re delle due Sicilie conserverà la dignità di Grande Ammiraglio di Francia, la quale resterà attaccata alla Corona fintanto che sussisterà l'ordine di successione stabilito dal presente Statuto.

La carta costituzionale fu varata nel palazzo reale di Bayonne, in Guascogna, città in italiano e il volgare locale conosciuta anche con il nome di Baiona. Allorché Gioacchino Murat conquistò il regno di Spagna annettendolo all'impero napoleonico l'amministrazione delle conquiste iberiche fu affidata al fratello di Napoleone, Giuseppe, fino ad allora re di Napoli. Restato quindi vacante il trono partenopeo, la corte imperiale affidò al Murat i territori del Mezzogiorno d'Italia, nominato con l'occasione re delle Due Sicilie. A tale nomina corrispose la stesura di una costituzione, sostenuta dalla volontà imperiale e dalle politiche riformiste della stessa corte napoletana: gli articoli fondamentali furono infatti redatti da Giuseppe Zurlo, già ministro prima di Ferdinando IV e poi di Giuseppe Bonaparte.


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