Sergio VII di Napoli

duca di Napoli dal 1123 al 1137

Sergio VII (... – 1137) fu l'ultimo Duca di Napoli, che resse il Ducato di Napoli tra il 1123 ed il 1137[1].

Biografia

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Origini e famiglia

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Sergio nacque dal duca di Napoli Giovanni VI e da Anna o Eva di Gaeta; succedette al padre nel 1132, governando in un'epoca di costanti disturbi politici nell'Italia meridionale.[1]

Nel 1130 Sergio, forse per attirare a sé i boni homines, promulgò un editto che può essere assimilato ad un proto-statuto costituzionale.[1]

Assedio di Ruggero II di Sicilia e fine del ducato

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Se la storia del ducato, sin dalla sua nascita, fu marcata da una interminabile serie di battaglie difensive, esse crebbero al suo apice (proprio durante il regno di Sergio VII): difatti il suo regno vide tre assedi alla città di Napoli, l'ultimo dei quali dal 1135 al 1137, ad opera del re normanno Ruggero II di Sicilia.[1]

Il ducato di fatto finì con la resa di Napoli e, di conseguenza, Sergio assunse la condizione di vassallo del Re normanno.[1]

È in questa situazione di vassallaggio che Sergio VII dovette comandare le truppe napoletane insieme a quelle di Ruggero in Rignano Garganico, partecipando alla battaglia che vide l'importante sconfitta di Ruggero contro Rainulfo di Alife, che aveva assunto il titolo di duca della Puglia, titolo rivendicato da Ruggero come suo.[1]

Nella grande sconfitta del 29 ottobre 1137 Sergio VII muore difendendo il suo antico nemico Ruggero II.[1] Paradossalmente, questa sconfitta aprì per Ruggero l'opportunità di assicurarsi la signoria di Napoli senza vassalli di sorta, perché nei due anni successivi i nobiles napoletani non giunsero ad un accordo sulla successione di Sergio VII, morto senza eredi.[1]

Il Ducato di Napoli venne quindi assorbito dalla corona siciliana nel 1139, come era già accaduto con tutti gli altri ducati di origine bizantina nel meridione d'Italia.[1]

  1. ^ a b c d e f g h i Jean-Marie Martin, Sergio VII di Napoli, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 92, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2018. URL consultato il 20 luglio 2020.

Collegamenti esterni

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