Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni

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L{{'}}'''attentato di via Rasella''' fu un'azione della [[Resistenza romana]] condotta il 23 marzo 1944 dai [[Gruppi di Azione Patriottica]] (GAP), unità partigiane del [[Partito Comunista Italiano]], contro un reparto delle forze d'occupazione tedesche, l'11ª Compagnia del III Battaglione del [[Polizeiregiment "Bozen"]], appartenente alla [[Ordnungspolizei]] (polizia d'ordine) e composto da reclute [[Provincia autonoma di Bolzano|altoatesine]]. Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'[[Europa occidentale]]<ref>{{cita|Benzoni 1999|pp. 9 e 113}}.</ref>.
 
L'azione, del cui ordine dopo la guerra si assunse la responsabilità [[Giorgio Amendola]], fu compiuta da una dozzina di gappisti (tra cui [[Carlo Salinari]], [[Franco Calamandrei]], [[Rosario Bentivegna]] e [[Carla Capponi]]) e consistette nella detonazione di un [[ordigno esplosivo improvvisato]] al passaggio di una colonna di soldati in marcia e nel successivo lancio di quattro bombe a mano artigianali sui superstiti. Causò la morte di trentatré soldati del [[Polizeiregiment "Bozen"|"Bozen"]]tedeschi (non si hanno informazioni certe circa eventuali decessi tra i feriti nei giorni seguenti) e di due civili italiani (tra cui il dodicenne [[Piero Zuccheretti]]), mentre altre quattro persone caddero sotto il fuoco di reazione tedesco. Il 24 marzo, senza nessun preavviso, seguì la [[rappresaglia]] tedesca consumata con l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]], in cui furono uccisi 335 prigionieri completamente estranei all'azione gappista, tra cui dieci civili rastrellati nelle vicinanze di via Rasella immediatamente dopo i fatti.
 
==Motivazioni e reazioni==